La vendetta di Ursula punta al fallimento dell’Italia

“Procedura attesa. Avanti con percorso responsabile!”, ha esclamato Giancarlo Giorgetti (Ministro Mef) alla notizia della procedura d’infrazione azionata contro l’Italia dall’Unione europea. Ma alla gente di strada, che commenta le notizie davanti al televisore del bar di periferia, suona strano che la Commissione Ue apra una procedura per deficit eccessivo contro i sette Paesi dell’Ue che hanno votato contro i governi di centro-sinistra. Del resto, tanti osservatori avevano preannunciato le vendette contro i paesi in disaccordo con l’Agenda europea (e Onu) 2030. La stessa Ursula von der Leyen ha dimostrato di nutrire non pochi rancori verso chi l’ha contestata, soprattutto contro i partiti che non le hanno perdonato il rapporto poco chiaro (forse d’affari) con Albert Bourla (Amministratore delegato di Pfizer), e poi gli interessi mai chiariti di Heiko von der Leyen (marito di Ursula) nel settore farmaceutico, i suoi rapporti con le multinazionali.

Una situazione imbarazzante, anche perché Ursula von der Leyen fa le pulci a tutti e nessuno osa ricordarle che nel 2015 i ricercatori del progetto “VroniPlag Wiki” hanno esaminato la tesi di dottorato redatta dalla von der Leyen nel 1991: l’analisi certificava che “il 43,5 per cento della tesi è plagiata”, e che “ventitré citazioni utilizzate non verificano le corrispondenti affermazioni”. Accademici tedeschi del calibro di Gerhard Dannemann e Voker Rieble hanno pubblicamente accusato Ursula von der Leyen di plagio.

In seguito, la scuola di medicina di Hannover ha aperto una procedura d’indagine, nel marzo 2016 sono state pubblicate le conclusioni: “Sebbene la tesi contenga plagio, non è stato possibile provarne la malafede”. L’università ha quindi deciso di non revocare la laurea in medicina di Ursula von der Leyen, probabilmente per non creare imbarazzo politico nella classe dirigente tedesca che influenza le scelte europee.

Ecco perché in tanti hanno messo in dubbio l’indipendenza della Commissione europea, e ancor prima dei professoroni che ha esaminato le tesi. Corruzione? Complicità tra alte sfere? Resta il fatto che Ursula von der Leyen ha continuato a frequentare sia il direttore d’istituto che l’ha fatta laureare che gli influenti membri dell’associazione di ex alunni, molti dei quali coinvolti sia in politica che in incarichi a Bruxelles. Tanti media europei hanno criticato la poca trasparenza degli standard accademici, soprattutto le tante coincidenze nell’elargire incarichi sotto pandemia a gente troppo contigua alla presidente della Commissione Ue.

Del resto, a partire dal 2018 una commissione investigativa organizzata dalla “Corte dei conti federale tedesca” ha iniziato ad esaminare come sono stati aggiudicati diversi contratti per decine di milioni di euro a società di consulenza esterne: l’ufficio di revisione ha riscontrato diverse irregolarità nelle modalità di aggiudicazione degli appalti; e durante le indagini i due telefoni di Ursula von der Leyen sono stati sequestrati, ma i dati sensibili di entrambi gli apparecchi erano stati cancellati prima di essere consegnati al ministero tedesco della Difesa.

Tobias Linder (deputato d’opposizione al Parlamento Federale) aveva presentato una denuncia penale proprio contro Ursula von der Leyen per “sospetto di deliberata distruzione di prove rilevanti per il caso”. Sui giornali tedeschi d’opposizione appaiono notizie circa gli affari del clan von der Leyen, ed i giornalisti giurano d’essere stati per questo attenzionati dai servizi segreti tedeschi.

Ed arriviamo al gennaio 2022, quando la Commissione europea non ottempera alla richiesta del giornalista Alexander Fanta (netzpolitik.org, sito tedesco specializzato in diritti digitali) di poter leggere lo scambio di messaggi tra von der Leyen ed il Ceo di Pfizer: la commissaria alla trasparenza Vera Jourova sosteneva che “i messaggi sono stati cancellati a causa della loro natura effimera”.

Quella risposta elusiva veniva ritenuta soddisfacente da gran parte della stampa tedesca e francese. Altre testate s’aggregavano alle richieste. Il quotidiano tedesco Bild presentava analoga richiesta di accesso a “documenti e atti”, in merito ai negoziati che avevano portato all’acquisto da parte della Commissione europea delle dosi dei vaccini anti-Covid19 prodotti sia da Pfizer/BioNTech che da AstraZeneca. Ma nei documenti a cui Bild ha avuto accesso erano state rimosse le e-mail tra Ursula von der Leyen ed il Ceo di Pfizer Albert Bourla. A seguito di questa circostanza, nel febbraio 2023, il New York Times portava in tribunale la Commissione europea, e con l’accusa di “non aver reso pubblico lo scambio di messaggi tra Ursula von der Leyen e Albert Bourla in merito al negoziato sull’acquisto dei vaccini”.

Il New York Times sostiene che “la Commissione aveva l’obbligo di rendere pubblici i messaggi in nome della trasparenza, perché potrebbero contenere informazioni utili legate all’acquisizione di dosi di vaccino per un totale quantificabile in miliardi di dollari”.

Ed ecco che oggi i “poteri forti europei” (leggasi “poteri bancari tedeschi”) passano alla vendetta contro gli oppositori di Ursula. E lo fanno colpendo gli Stati dell’Ue che hanno registrato un deficit superiore al 3 per cento nel 2023. Una procedura per deficit eccessivo contro Italia, Francia, Belgio, Ungheria, Malta, Polonia e Slovacchia: tutte nazioni dove sono avanzate in percentuale le opposizioni contro la gestione von der Leyen. Il ricatto si basa sempre sul “patto di stabilità” e sulla conseguente “attenzione sui conti pubblici”. La von der Leyen userà come al solito l’arma dell’Ecofin, chiedendo di intervenire sui conti e, soprattutto, di alzare la tassazione di almeno cinque punti in paesi come l’Italia, la Francia e la Slovacchia.

Una vendetta attesa, probabilmente intendeva dire il ministro Giorgetti. Fortunatamente il premier Giorgia Meloni ha risposto di non condividere le posizioni di Ursula von der Leyen. Questo fa intuire che i prossimi cinque anni d’Europa saranno un vero e proprio braccio di ferro, e perché a paesi come l’Italia verrà chiesto di contribuire all’Europa con 50miliardi annui, più altre spesucce utili a mandare in fallimento il Belpaese.

Aggiornato il 21 giugno 2024 alle ore 12:55