Mal di piazza

A differenza della concezione leninista del sindacato come cinghia di trasmissione del partito, la perenne propensione delle sinistre per le manifestazioni di piazza non solo non è stata superata ma, anzi, vive un periodo di grande fulgore. La gente di sinistra “scende in piazza”, per usare un’espressione ampiamente analizzata da Giuseppe Prezzolini, sia quando i partiti di sinistra vincono una tornata elettorale sia quando, avendola persa, protestano contro chi l’ha vinta. Essere democratici e di sinistra non sarebbe difficile se, come avviene in altri Paesi, venisse davvero riconosciuto il diritto costituzionale a governare sulla base dei risultati elettorali, ma diviene decisamente arduo se uno parte, invece, dal presupposto che solo un Governo di sinistra è davvero legittimo e che, se le urne decretano il successo della destra, allora è urgente e doveroso protestare e, come dicono da sempre, “lottare”.

E dunque scendere in piazza. È accaduto in Francia pochi giorni fa e accade oggi in Italia, dove ogni occasione è buona per urlare contro il deprecato Governo di destra. Il fatto è che la piazza genera nei partecipanti un’euforia attraverso la quale le convinzioni si rafforzano vicendevolmente e la stessa quantità dei presenti, sempre vantata e sopravvalutata, produce un’eccitazione che, peraltro, non ha proprio nulla a che fare con qualsiasi argomentazione razionale. La ragione, in effetti, dovrebbe essere adottata nella aule parlamentari e non in una calca fragorosa e comunque inconcludente. Il fatto stesso che scendano in piazza mille o diecimila o centomila francesi o italiani per condannare la destra vincente non significa certo che le urne francesi siano state manomesse e che i milioni di francesi o di italiani che hanno votato a destra improvvisamente debbano sentirsi minoranza rispetto ai cortei e alle piazze.

Per tradizione, le sinistre sembrano guardare alle manifestazioni di piazza come ad una sorta di quarto, o quinto, potere dimenticando che il potere stabilito dalle elezioni democratiche viene prima di tutto. Si tratta di una tradizione malevola e ingannatrice perché, per altrettanta tradizione, si sa che le persone di destra liberale e di ceto borghese non amano le piazzate e si limitano, se così si può dire, a votare. Contestare il Governo se è di destra è certamente legittimo ma, se la maggioranza dei votanti ha preferito la destra alla sinistra, manifestare e opporsi significa manifestare e opporsi all’elettorato e ciò non sembra genuinamente democratico. Cosa pretendono le sinistre una volta in piazza? Credono davvero di creare una specie di “spinta dal basso” nella prospettiva di mettere in minoranza la maggioranza scambiando la piazza con Montecitorio o Palazzo Madama? Pensano davvero che chi prende atto di una pur nutrita manifestazione a Roma riconosca che gli italiani sono contro il Governo, così come quando a manifestare sono gruppi più o meno numerosi di studenti ciò indichi che gli studenti italiani la pensano in quel modo? Per fortuna, lo Stato liberale di diritto, non certo un’invenzione di sinistra, mette a disposizione di tutti, e non solo di chi è di sinistra, uno strumento serio ed efficace che si chiama voto. Lasciando ad altri l’opzione esaltante ma sterile di scendere in piazza. Persino se si abita al pian terreno.

Aggiornato il 20 giugno 2024 alle ore 12:27