Controllare gli affitti, distruggere l’economia

“L’interventismo non sottrae ai cittadini tutta la libertà. Ma ciascuna delle misure adottate porta via una parte di libertà. E limita il campo d’azione”. (Ludwig von Mises)

Gli scritti raccolti in questo libro, che inaugura la collana “Biblioteca della Proprietà” promossa da Confedilizia, rappresentano una riflessione a più voci sul problema del controllo degli affitti. Si tratta di uno strumento potente dell’interventismo statale utilizzato dal potere politico per rispondere ad asserite esigenze di giustizia sociale e a pretese politiche redistributive.

Esse sono ancorate alla falsa credenza, posta peraltro alla base di tutte le politiche interventiste, che il patrimonio dei più abbienti della popolazione, tra cui vengono annoverati i proprietari di casa, sia un fondo che può essere utilizzato liberamente per il miglioramento delle condizioni dei meno abbienti. Pertanto, l’approvvigionamento degli immobili, case o negozi, non può essere lasciato al mercato, ma deve essere gestito dalla politica attraverso interventi legislativi.

Le misure che sono state adottate, sia per gli affitti abitativi che per quelli ad altro uso, hanno investito la durata dei contratti, il corrispettivo e, persino, l’esecuzione dei provvedimenti di rilascio, con graduazioni o sospensioni degli sfratti. Tale controllo non è mai venuto meno, tant’è che accompagna la storia d’Italia sin dalla Grande Guerra, quando la “necessità bellica” era stata usata come pretesto per sottrarre le locazioni urbane all’autonomia privata con lo scopo di agevolare i militari impegnati nel conflitto e assicurare loro la conservazione della casa. Il prolungarsi della guerra ha poi indotto il governo a estendere il regime vincolistico a tutte le categorie di cittadini e non solo ai militari.

Prima di allora, per un lungo periodo, a partire dall’unificazione della penisola (ma il discorso potrebbe estendersi agli Stati preunitari), le locazioni immobiliari sono state regolamentate unicamente dalle disposizioni del Codice civile del Regno d’Italia del 1865, integrate sovente da norme consuetudinarie.

Nella sostanza esso non divergeva dal regime della locazione apprestato dai codici preunitari, che a loro volta si ispiravano al Codice civile francese, il Code Napoléon. Le regole – racchiuse in pochi articoli posti tra l’articolo 1568, relativo all’oggetto della locazione, distinto in locazione di cose e nell’altra di opere, e l’articolo 1613 – venivano utilizzate da proprietari e inquilini per rispondere alle esigenze poste dal mercato, ed esse non interferivano o condizionavano in alcun modo le sue dinamiche. Non vi era alcuna traccia di regolamentazione autoritaria, vincoli o intervento su durata e canoni, che le parti potevano liberamente concordare.

Gli interventi sugli affitti, al pari di quanto è dato assumere in genere per i controlli sui prezzi di qualsiasi altro prodotto o servizio, oltre ad averli sottratti, in modo più o meno marcato nel corso del tempo, al mercato e alla libertà e autonomia contrattuale delle parti, non hanno mai fornito gli esiti attesi.

Al contrario, essi hanno addirittura prodotto, come esiti inintenzionali, risultati contrari a quelli che si proponevano i fautori, peggiorando le condizioni anziché migliorarle. Gli stessi, inoltre, unitamente a una tassazione penalizzante, hanno condotto a un’espropriazione parziale dei diritti di proprietà, finendo per danneggiare persino gli inquilini, ingenuamente considerati “deboli” e, pertanto, da tutelare con una “protezione” legislativa.

In sostanza, può dirsi senz’altro fallito l’interventismo statale anche nel settore privato delle locazioni immobiliari e, di conseguenza, il tentativo di assorbire detto settore nelle spire di uno Stato socialista, da realizzare mediante un sistema generalizzato di interventi dei pubblici poteri, affermato “passo dopo passo”, che sarebbe arrivato a “un punto in cui sia scomparsa qualsiasi libertà degli individui”.

Da prospettive diverse, gli scritti riuniti in questo volume sottolineano quanto sia immorale, illegittimo e alla fine economicamente dannoso per tutti questo modo di procedere, che penalizza non solo i proprietari di case ma anche, in definitiva, gli stessi inquilini. 

In particolar e, Giorgio Spaziani Testa, nell’introduzione al libro si è soffermato sugli interventi in materia di affitti e sulla loro profonda iniquità, che hanno finito per danneggiare l’economia e mandare in rovina il Paese. Carlo Lottieri ha affrontato il tema del degrado del diritto nel blocco degli sfratti, che priva di senso la proprietà stessa, mentre Sandro Scoppa si è soffermato sull’infinita serie di fallimenti delle misure politiche sulle locazioni, che sin dalla Grande Guerra accompagnano la storia della penisola.

A seguire, gli interventi di Alessandro De Nicola, che ha analizzato l’interventismo dei governi sull’economia e il controllo dei prezzi facendo un excursus da Diocleziano a Conte, di Andrea Giuricin, che ha trattato, da una prospettiva economica, il costo insostenibile per le famiglie italiane del blocco degli sfratti, e quello di Cristian Merlo, sulle nefaste conseguenze dell’interventismo, che determina una allocazione politicizzata delle risorse.

Roberta Adelaide Modugno ha poi affrontato il blocco degli sfratti tra giustizia e stato d’eccezione, non mancando di sottolineare come la decrescita economica non potrà mai essere serena. Guglielmo Piombini ha affrontato il tema della proprietà privata come presidio della libertà e ha messo inoltre in evidenza i pericoli dell’abolizione forzosa della proprietà privata, Carlo Stagnaro quello del blocco degli sfratti come misura che colpisce al cuore la mobilità e l’innovazione sociale e Alessandro Vitale il tema dell’“evaporazione” della proprietà e delle sue funzioni sociali ed economiche e della decivilizzazione.

Daniela Rabia, infine, si è soffermata su affitti e sfratti nella letteratura, che è specchio fedele dei tempi e del mondo, interessante e ineguagliabile spaccato sociale trasposto su carta. Il libro è completato dalla postfazione di Corrado Sforza Fogliani, sull’armamentario demagogico del vincolismo. Il curatore e gli autori ringraziano di cuore Angela Fidone per il notevole contributo dato alla realizzazione della presente opera, oltre che a tutte le iniziative di Confedilizia.

Aggiornato il 15 giugno 2024 alle ore 10:43