L’altro giorno Tiziana Panella, alla conduzione di Tagadà su La7, pur di “smarcarsi” da chi osava mettere in discussione la candidatura – con relativa elezione – di Ilaria Salis alle Europee, si è imbarcata in un trattato sul garantismo che faceva acqua da tutte le parti.
Secondo la conduttrice, se si è garantisti, bisogna esserlo sempre e con chiunque: fin qui nulla da eccepire. Poi però Panella esagera, e paragona la vicenda giudiziaria della neo-onorevole con quella del governatore della Regione Liguria Giovanni Toti. Entrambi sono in attesa di giudizio e quindi potenzialmente non colpevoli. L’equiparazione però sembra fuori dal mondo (e dalla ragione garantista), in quanto se per il presidente rivierasco (attualmente sotto inchiesta e ai domiciliari) è valido il principio dell’innocenza fino al terzo grado di giudizio, per Salis la questione è fondamentalmente diversa. È vero che l’insegnante milanese è stata sottoposta ad un’inumana carcerazione preventiva in Ungheria, in attesa di giudizio con l’accusa di aver picchiato, insieme ad altri, due estremisti di destra. Ma in Italia – la cosa è evidentemente “sfuggita” alla conduttrice – la parlamentare europea è stata già definitivamente condannata – e non una volta sola – e in più dovrebbe ancora saldare qualche debito con la giustizia nostrana.
Tiziana Panella, evidentemente colpita positivamente dalle frequenti interviste con l’onnipresente papà-manager della Salis, non poteva non coinvolgere (ma lo ha fatto in maniera piuttosto goffa) qualcuno dello schieramento opposto al suo, pur di attutire il giudizio che invece si sarebbe meritata la sua paladina.
Aggiornato il 14 giugno 2024 alle ore 13:11