Il ruolo costituzionale dell’avvocatura

Fin da quando ero studente in Giurisprudenza mi accorsi subito, nell’affrontare la preparazione dell’esame di diritto costituzionale, quanto esistesse una anomala, se non ingiusta, disparità di tutele e garanzie da parte della Carta costituzionale nei confronti di coloro, ossia gli avvocati, tramite i quali i cittadini possono sia agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi, sia esercitare il diritto inviolabile alla difesa in ogni stato e grado del procedimento (ex articolo 24 della Costituzione), in rapporto a quelle statuite dalla Costituzione a favore dell’Organo della magistratura. Prima di tutto, dalla lettura della parte seconda (Ordinamento della Repubblica), Titolo IV, della Costituzione emerge come l’Organo della magistratura ha ricevuto un riconoscimento diretto da parte del costituente, mentre per quanto riguarda l’avvocatura sussiste solo indirettamente e quindi non in modo esplicito. Ictu oculi, sembra come se per l’amministrazione della giustizia esista una sola priorità costituzionale, ossia quella rappresentata dalla magistratura da un lato e dal diritto alla difesa dall’altro, senza considerare che non esplicitando costituzionalmente il ruolo dell’avvocatura, perché escluso formalmente e quindi anche sostanzialmente, dalla semantica costituzionale, non si fa altro che determinare la non legittimazione dell’unico ordine grazie al quale il cittadino può difendere e rappresentare i propri diritti e interessi legittimi.

Una disparità rimarcata anche in ambito penale, quando, a causa della mancanza della divisione delle carriere dei magistrati, l’avvocato in udienza si misura con un pubblico ministero che appartiene allo stesso ordine del magistrato giudicante, potendo determinare, anche solo ipoteticamente, un conflitto di interessi e una consequenziale disparità fra accusa e difesa. La politica ha sempre cercato di affrontare la succitata disparità cercando di proporre delle riforme costituzionali che non hanno mai visto la luce. Con l’attuale Governo, tramite il ministro della Giustizia Carlo Nordio, è stata affrontata, per la prima volta in assoluto, la questione della costituzionalizzazione dell’avvocatura. Invero, il ministro Nordio, intervenendo all’inaugurazione dell’anno giudiziario del Consiglio nazionale forense, svoltosi lo scorso aprile, ha annunciato il completamento degli organici della magistratura entro il 2026 e, parlando a braccio, ha concluso affermando: “Vorrei auspicare che, se un domani dovessimo arrivare a una riforma costituzionale, nell’ambito della Costituzione fosse inserito il ruolo fondamentale degli avvocati”. Per poi aggiungere: “L’avvocato indossa una toga, esattamente come il giudice, e in questo senso rappresenta quasi una funzione sacerdotale. Come giustamente ha detto il presidente del Cnf Francesco Greco la giustizia non è un servizio, è la forma più nobile, o una delle più nobili, dell’esercizio dello spirito umano. Ma è anche vero che la giustizia se non è assistita da un servizio è una giustizia impotente e sterile”.

A riprova del ruolo costituzionale dell’avvocatura, il ministro ha tenuto ad evidenziare che, per la prima volta, un membro dell’avvocatura è stato assunto nell’ufficio legislativo del Ministero della Giustizia, definendolo a sua volta: “Un fatto epocale”. Aggiungendo: “Per anni si è detto che il Ministero era una sorta di fortezza di una casta privilegiata di magistrati. Posso dirvi che, se il nostro ufficio legislativo è stato fino ad ora carente di avvocati, dipende anche da una ragione economica, perché purtroppo le retribuzioni sono scarse e mentre il magistrato si trascina il proprio stipendio, che è più che decoroso, un bravo avvocato deve rinunciare a degli emolumenti e deve addirittura deve timbrare il cartellino”.

In sostanza, credo che finalmente sia stata formalizzata un’attenzione verso l’Ordine degli avvocati, che anche a causa dell’assenza di un suo riconoscimento all’interno della Carta costituzionale non ha ancora ricevuto quella legittimazione di tutele sia dal punto professionale che economico. L’avvocato, attualmente, già si misura con delle stringenti regole deontologiche che, inquadrandolo come prestatore di opera intellettuale, lo costringono a non poter svolgere liberamente un’attività di promozione della propria professione, pur essendo inquadrato fiscalmente come detentore di Partita Iva e quindi come un imprenditore. La storia dell’umanità insegna che il progresso è irrefrenabile, anche di fronte ad annose resistenze, le quali possono solo ritardare il suo arrivo, ma giammai il suo realizzarsi. Oramai i tempi sono maturi e per quanto riguarda il riconoscimento esplicito del ruolo dell’avvocato nella nostra tanto decantata Costituzione credo che si sia oltrepassato il cosiddetto “Rubicone”, almeno dal punto di vista dell’interesse politico, del Governo e dell’opinione pubblica, tanto da concludere che non sarebbe utopistico poter finalmente affermare: Alea iacta est.

Aggiornato il 12 giugno 2024 alle ore 11:35