Dall’accordo con la Lega all’obiettivo “tra tre anni in Parlamento”: intervista a Roberto Sorcinelli

Dice che le riforme sono necessarie. E che bisogna essere “rivoluzionari”. In senso liberale. Perché c’è molto da fare. E da cambiare. Soprattutto nel Vecchio continente, dove “ormai contano solo i socialisti e i burocrati”. Intervistato dall’Opinione, Roberto Sorcinellisegretario nazionale del Partito liberale italiano – parla ad ampio raggio, passando dal recente accordo con la Lega siglato alla vigilia delle Europee – tutelare la sovranità nazionale, promuovere la libertà individuale e rafforzare l’identità italiana – fino ai passi in ottica futura, con l’obiettivo di tornare in Parlamento “tra tre anni”.

Segretario, ecco l’accordo con la Lega. Anche se si vociferava di un’alleanza con Forza Italia…

In realtà, l’accordo con Fi è esistente dal 2022. Abbiamo partecipato con gli Azzurri alle Amministrative. E lo stiamo facendo anche ora, come in Piemonte o in Toscana, per esempio. In vista delle Europee, si è aperto il dialogo con Lega, che ha una visione corrispondente ai principi liberali e libertari più vicini al nostro partito. Ricordo che le battaglie che Lega porta avanti in Europa sono improntate all’opposizione alle follie green. Follie attive da decenni e che sono espressione di una Ue che ha perso il significato originario, ossia essere uniti nelle diversità. Si assiste, adesso, a una totale deviazione da questo principio, perché nell’Ue contano i burocratici e i socialisti. Ciò ha causato delle storture che hanno portato, nel lungo periodo, a una disaffezione dei cittadini nei confronti dell’Ue. A tal proposito, vorrei rammentare un evento drammatico di qualche anno fa, che ha minato le basi dell’Unione europea. Mi riferisco alla Brexit. Per noi ha rappresentato un terremoto. Non possiamo accettare, noi europei, che un Paese, importante finanziariamente e culturalmente, come la Gran Bretagna non faccia più parte dell’Ue. Noi del Pli siamo più europeisti di tutti. Gaetano Martino fu un precursore della Comunità economica europea. A noi piace lo slogan: più Italia, meno Europa. Vogliamo che i popoli contino di più in Europa. Un’Europa che deve essere vicina più ai cittadini e non alle lobby. Come peraltro diciamo più Italia e più autonomie. Ok, quindi, al sistema di sussidiarietà, orizzontale e verticale: più la parte politica è vicina ai cittadini, più ci sarà un maggiore controllo da parte del cittadino nei confronti dei livelli di potere.

Cosa vi aspettate in Europa?

Sicuramente una virata politica meno socialista. In un congresso, a marzo, è stato ribadito dal congresso del Ppe il sostegno a Ursula von der Leyen alla guida della Commissione europea. Una candidatura che non ci trova d’accordo, da qui il nostro appoggio alla Lega. Quella di von der Leyen è stata una gestione non positiva. Dobbiamo uscire dall’asse con i Socialisti e Verdi: loro sono la vera causa del fallimento delle politiche europee. Sono espressione di una visione totalmente illiberale, perché – citando Friedrich von Hayek – il progresso lo decide la società, la conoscenza diffusa tra gli operatori di mercato attraverso gli scambi spontanei. Invece, l’Ue decide anche la curvatura delle banane. Ha una impostazione di base collettivista e socialista, che indica cosa si debba comprare o produrre. Parliamo di una Unione europea che detta una politica agricola dove sono premiate le aziende che non producono. L’intromissione nel mercato è penetrante. E così si mortifica la produzione, pagando chi non produce. Un vero liberale deve ribellarsi a tutto ciò. E sto parlando dei liberali, non dei liberal, ovvero i socialisti travestiti da liberali.

Case green e auto elettriche: che ne pensa?

È evidente che ci sia una élite che decide cosa bisogna produrre. Parliamo di green, ok. Ma dobbiamo stabilire come arrivarci. Perché una pala eolica che deturpa il paesaggio delle coste italiane – io sono sardo, so cosa dico ma è una criticità che vale ovunque – non è la soluzione per l’energia pulita. Se vedete, a causa di limiti intrinseci, le energie alternative, dove non producono, utilizzano sistemi a combustibili fossili. Perciò, abbiamo Italia e Germania che inquinano nonostante la corsa agli incentivi green. Un sistema, questo, che non è supportato dalla competitività sul mercato. Bisogna ripensare la sostenibilità. E vengo al concetto sulle case green: è una imposizione che non può essere fatta dall’alto. Poiché comporta esborsi per i nostri privati, oltre alla espropriazione della proprietà privata. L’Italia è un Paese che conta più proprietari di casa in assoluto. La direttiva sulle case green è un attacco ai piccoli proprietari di casa. In soldoni, se voglio mantenere il valore di un immobile, non posso più affittarlo o venderlo nelle condizioni in cui è. Perché l’Ue stabilisce che deve avere delle caratteristiche altamente energetiche. Eppure, i requisiti non possono essere gli stessi, per esempio, tra Copenaghen e Palermo: ci sono delle differenze. Alla base, c’è una visione di omologazione che non tiene in considerazione le diversità. A seguire, le auto elettriche: necessitiamo di materie prime che non abbiamo. Ciò significa che, in caso di un’attuazione, non potrebbe esistere lo stesso numero di veicoli presente oggi. Determineremmo, altresì, una crisi ambientale: per estrarre materie prime, dovremmo scavare nelle miniere di cobalto in Congo. L’ambiente è unico in tutto il pianeta. Invece, abbiamo una visione parziale. Siamo tutti ambientalisti ma bisogna esserlo con intelligenza e buon senso. L’élite ha la presunzione di imporre la propria visione ai poveri mortali. In tal senso, ciò va a incidere in un mercato che si auto-regolamenta da solo. Il progresso deve essere accompagnato, non imposto. L’Ue è una grande nave: non si può virare all’improvviso. Sono necessari gli aggiustamenti del mercato che accompagnino il progresso. Ovviamente, ribadendo il concetto: frenare la visione socialista e collettivista, che sta trascinando l’Ue nel baratro. Nel 2010, l’Unione europea aveva un Pil superiore a quello americano. Adesso, invece, è decisamente inferiore. I motivi del perché di tutto ciò sono evidenti.

Cosa fare per riportare il Pli a percentuali di sostanza?

Abbiamo avuto successo alle Regionali in Sardegna, con un gradimento superiore al 4 per cento. Questo è il segnale di come la politica liberale trovi consenso nella popolazione, se veicolata in maniera corretta. Come Pli, contiamo che tra tre anni si possa tornare in Parlamento. È l’obiettivo che ci siamo posti all’inizio di questa avventura. Per le Europee, mi aspetto un rafforzamento dell’asse di centrodestra, senza Verdi e Socialisti. Vogliamo salvare l’Europa, eliminando la maggioranza dei Verdi e dei Socialisti. L’ibrido va bene solo per le auto. Scherzi a parte, da parte nostra nessuno sconto sulle idee. O si è liberali e libertari o si è collettivisti. Noi siamo chiari nella proposta politica. La Lega è chiara. Nel nostro Paese, il Carroccio ha presentato le migliori proposte, come la flat tax: dobbiamo porci il problema delle uscite e del taglio delle spese. Sono fiducioso che il Pli possa contaminare le politiche della Lega, marcando la differenza. Abbiamo stipulato un accordo federativo, del quale lo stesso Matteo Salvini si è detto molto orgoglioso, in quanto convinto che le politiche liberali siano la chiave di volta per il futuro dell’Italia. Sia nel Pli che nella Lega molti hanno lavorato con convinzione per raggiungere questo obiettivo. Dal presidente nazionale del Pli, Francesco Pasquali, al presidente della commissione Difesa della Camera, Antonino Minardo fino al vicesegretario federale della Lega, Andrea Crippa. Insieme costruiremo una forza liberale nel centrodestra, per contare ancora di più.

Aggiornato il 27 maggio 2024 alle ore 16:17