La leva obbligatoria: un rigurgito di Stato etico, nemico della libertà

La proposta della Lega di reintrodurre la leva obbligatoria è in contrasto con i principi che sono alla base di una società aperta e libera

Una vecchia proposta della Lega, datata 2018, ha ora varcato la soglia della Camera dei deputati ed è diventata progetto di legge. Si tratta di quella volta all’“Istituzione del servizio militare e civile universale territoriale e delega al Governo per la sua disciplina”, presentata alla Camera dei deputati, con primo firmatario l’onorevole Eugenio Zoffili del Carroccio, membro della commissione Difesa alla Camera, che prevede una leva obbligatoria di sei mesi per ragazzi e ragazze tra i 18 e 26 anni, su base regionale e con la possibilità di scegliere tra il servizio civile o militare.

“I partecipanti al servizio civile si occuperanno della tutela del patrimonio culturale e naturale, di soccorso pubblico e Protezione civile. I nostri ragazzi potranno inoltre optare per un impiego e una formazione nell’ambito militare”, ha spiegato il medesimo parlamentare. “La Lega – ha aggiunto – anche attraverso questa proposta, guarda al futuro e al bene dei giovani e dell’Italia, con semplice e concreto buonsenso”. In pratica, è ipotizzato un programma di vasta portata, che dovrebbe fornire formazione professionale e occupazione, promuovere la solidarietà e lo spirito civico, offrire strumenti educativi, culturali e sociali, affrontare gli onnipresenti “bisogni sociali non soddisfatti”.

Non c’è altro da aggiungere, sembra un’idea fantastica. Nonostante ciò, deve essere tuttavia manifestata convinta e decisa contrarietà all’iniziativa, non solo per le ragioni espresse dagli esponenti dei diversi schieramenti politici, hinc et inde contrari al progetto, ma per motivazioni ancor più profonde. La reintroduzione della leva obbligatoria appare, innanzitutto, concepita con funzione educativa. Ciò è anche confermato dal leader della Lega e vicepremier Matteo Salvini, secondo cui si tratterebbe di “una forma di educazione civica al servizio della comunità, di disciplina, di attenzione al prossimo e rispetto per sé stessi e per gli altri che potrà avere effetti molto positivi”. In tal modo, e demandando all’istituzione statale un compito educativo, si finirebbe per trasformarlo in “Stato etico”, ossia nella fonte unica di regole di comportamento edificanti e di pensieri corretti e riconosciuto allo stesso lo scopo di plasmare le menti dei giovani cittadini secondo i propri fini. Tanto sviluppando e attuando progetti politici apprestati dagli ingegneri sociali statali, che investirebbero le “afflizioni” dei giovani italiani, i quali non si renderebbero ovviamente conto della loro sofferenza. E avrebbero quindi la necessità di essere educati/curati con la forza. Lo Stato etico è una forma tra le più pervasive e pericolose di Stato totalitario. La sua teorizzazione si deve a Thomas Hobbes e Georg Wilhelm Friedrich Hegel, per i quali esso assume in sé e per sé tutte gli atti degli individui ed è il fine ultimo a cui dovrebbero tendere le azioni dei singoli, per la realizzazione di un bene-universale. Nel Novecento, siffatta concezione ha trovato applicazione, venendo posta a fondamento dello Stato fascista e di quello nazista nonché dello Stato socialista, eretto in Unione Sovietica, in opposizione al capitalismo e allo Stato di diritto. Detto Stato si pone agli antipodi della società aperta e libera, fondata sul primato e l’inalienabilità della libertà individuale, sulla proprietà privata e sullo scambio volontario, come del resto ha sottolineato Karl Raimund Popper, nella sua grande opera, La società aperta e i suoi nemici, dove ha mosso una critica demolitoria alla teoria di Hegel, padre dello storicismo e dei totalitarismi moderni, mettendo in evidenza gli aspetti illiberali del suo pensiero. Hegel, ha scritto Popper, ha fatto rivivere “le idee dei primi grandi nemici della società aperta, Eraclito, Platone e Aristotele”, ha riscoperto – ha aggiunto – “le idee platoniche che stanno dietro la perenne rivolta contro la libertà e la ragione. L’hegelismo è la rinascita del tribalismo. L’importanza storica di Hegel può essere vista nel fatto che egli rappresenta è l’“anello mancante”, per così dire, tra Platone e le forme moderne di totalitarismo. La maggior parte dei totalitarismi moderni sono assolutamente ignari del fatto che le loro idee possono essere fatte risalire a Platone. Ma molti sono consapevoli del loro debito verso Hegel, e tutti loro sono cresciuti nella chiusa atmosfera dell’hegelismo. A essi è stato insegnato di venerare lo stato, la storia e la nazione”.

L’altro profilo da considerare, che porta ad esprimere netta contrarietà alla proposta leghista, è che essa mira a reintrodurre una servitù involontaria, un atto cioè che si pone in netta opposizione alla libertà individuale di scelta. La coscrizione obbliga, infatti, sotto pena, in caso di rifiuto, di sanzioni afflittive, anche personali, a prestare attività per compiti che lo Stato desidera, senza alcun corrispettivo o per un compenso di pura sussistenza ovvero, in ogni caso, del tutto inferiore a quanto l’assoggettato avrebbe accettato volontariamente. In sostanza, una sorta di lavoro forzato a salario inferiore a quelle del libero mercato. Basti all’uopo ricordare che per anni, includendo anche il valore monetario del cibo gratuito, dell’alloggio e di altri servizi forniti ai soldati, i guadagni dei soldati sono stati qualcosa come la metà dello stipendio che avrebbero potuto guadagnare nella vita civile. L’arruolamento prevede, altresì, una forma di sequestro da parte delle autorità degli individui obbligati e il loro assoggettamento psichico e fisico ai dettami dei primi, che impongono altresì una disciplina rigida e indiscutibile, senza alcuna possibilità di opporre alcun rilievo né verbale e neppure comportamentale.

Tutto ciò non considera però che l’esercito non vuole coscritti o lavoratori a breve termine. È emerso da molti rapporti che gli arruolati forzatamente tendono a sviluppare problemi di disciplina, hanno poco interesse per la formazione e l’istruzione, rifiutano di assumersi maggiori responsabilità e non riescono a riavviare e sviluppare una carriera. Va poi aggiunto che il periodo di servizio militare, come pure dimostrano le esperienze passate è uno spreco spettacolare: non appena l’obbligato viene addestrato, finisce il tempo di ferma e lo stesso va via. Vi è poi da considerare che per i servizi ipotizzati, che sarebbero richiesti ai giovani, sono preziosi ma poco rispondenti alle effettive esigenze statali o regionali. E non sono neppure etici o morali. Infatti, sono imposti e contravvengono di conseguenza al principio che non esiste la compassione obbligatoria. Peraltro, è persino difficile immaginare un abuso peggiore del potere repressivo dello Stato allorché deve perseguire, arrestando o sanzionando qualcuno, per non essersi presentato a svolgere uno dei compiti “sociali”.

Si aggiunga che gli enti preposti possono facilmente assumere lavoratori per i predetti servizi, anziché costringere le persone a svolgerli, e che è pure necessario porsi il problema costi/opportunità, che fa pure inoltre emergere che arruolare persone per l’espletamento di un mix arbitrario di compiti, nessuno dei quali è vitale in alcun senso, è senz’altro un grande spreco di denaro, tempo e talento. In conclusione, le strade che i giovani devono oggi percorrere e le sfide che sono chiamati ad affrontare sono altre. Molte non hanno soluzione politica, la quale deve comunque astenersi dal proporre programmi e soprattutto iniziative eccentriche, che possono solamente ostacolare le scelte e l’intraprendenza dei ragazzi, o sostituirsi a questi ultimi in quello che essi possono fare autonomamente. La stessa deve limitarsi a svolgere una funzione di servizio nei confronti della libera cooperazione sociale volontaria. Ossia: al potere politico deve essere demandata la “produzione di sicurezza”, ma i bisogni devono essere soddisfatti tramite la libera cooperazione sociale.

Aggiornato il 24 maggio 2024 alle ore 10:35