“È legittimo che qualcuno ritenga che la politica del Governo possa non rappresentare le proprie idee, ma ciò che è vergognoso, ignobile e violento è impedire al ministro Eugenia Roccella, non in quanto tale ma come persona, di poter rappresentare le proprie idee e quelle del Governo. Ancora più vergognoso è l’atteggiamento pavido di una certa sinistra che mi ricorda quella che ai tempi del terrorismo diceva di non stare né con lo Stato né con le Brigate rosse. Sia il Presidente della Repubblica che altri rappresentati politici hanno detto che questo atteggiamento è inaccettabile”. Questo il pensiero di Tommaso Foti, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera: ospite a Mattino Cinque è tornato a parlare di quanto accaduto agli Stati generali della Natalità, in programma a Roma all’Auditorium della Conciliazione, dove in pratica un gruppo di studenti ha impedito al ministro della Famiglia di parlare. Sempre Foti: “Chiedo ai docenti dell’antifascismo pratico e teorico, a chi ha fatto le campagne a difesa di Antonio Scurati, e allo stesso Scurati che si è sentito censurato, come definirebbe questi atteggiamenti. Io li definisco illiberali, antidemocratici e propri dei regimi totalitari”.
Roccella, dal canto suo, rispondendo alle domande di Bruno Vespa nel corso di Cinque minuti, torna sulla vicenda: “Quei giovani hanno attuato una forma di censura. Perché non far parlare qualcuno, a casa mia, si chiama censura. La contestazione è un’altra cosa: è argomentata. Io parlo, dico qualcosa su cui qualcuno non è d’accordo e mi contesta. Ma impedire a qualcuno di parlare, come ha detto peraltro il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, mettere a tacere qualcuno: contrasta con i diritti fondamentali e con la Costituzione”. Inoltre, parlando dei contestatori, ha aggiunto: “Sono stati invitati sul palco e non hanno voluto dialogare. La persona che è venuta sul palco si è rifiutata di dialogare e di dire pienamente quello che pensava, ha solo letto il comunicato. Ha parlato contro il mondo occidentale che uccide i bambini a Gaza e poi pretende che si facciano figli in Italia. È un discorso che in realtà riguardava, soprattutto, la volontà di mettere a tacere soprattutto un esponente del Governo. Questo era l’obiettivo, mentre la contestazione è argomentare”.
Gianluigi De Palo, presidente della Fondazione per la Natalità, parlando della contestazione che ha colpito Roccella, ha segnalato che “se ne è andata perché ha detto di non voler togliere spazio con la contestazione agli altri ospiti, tra cui c’era anche una mamma incinta e lavoratrice autonoma che parlava di precarietà. Tema che in teoria doveva essere molto caro a chi protestava. Quello però non era un dissenso ragionato: mi è sembrata una follia controproducente, un fascismo al contrario. Io stesso ho avuto discussioni critiche con la ministra, ma bisogna garantire il dialogo. Roccella poteva intervenire una volta finita la contestazione, ma dopo quello che era successo ha scelto di non farlo”.
Pier Ferdinando Casini, su Facebook, ha notato: “Gli spazi per dissentire ci sono e comunque vanno sempre garantiti. Ma il confine invalicabile è la libertà di parola per tutti. Ciò che è accaduto alla ministra Eugenia Roccella è inammissibile. A lei va non solo la mia totale solidarietà, ma dovrebbe andare senza se e senza ma anche quella di tutte le forze di opposizione. Peraltro, le stesse dovrebbero meditare molto seriamente: questi episodi minano in modo irreversibile la credibilità di chi non se ne dissocia con chiarezza”.
Da segnalare, infine, il ragionamento di Alessandra Ghisleri, direttrice di Euromedia Research, in un colloquio a Tagadà – su La7 – con la conduttrice Tiziana Panella, come ha riportato Il Tempo: “Il tema su cui riflettere, oltre al fatto stesso di impedire a qualcuno di parlare e violare il diritto di parola, una violazione non democratica, è che queste persone rappresentano una piccola parte degli studenti, molti sono gli studenti che invece non si sentono rappresentati. Non penso alle posizioni e alle parole di Roccella, ma nelle modalità con cui è stata limitata la sua libertà di parola. La maggior parte dei ragazzi nel target tra i 18 e i 24 anni sono ovviamente favorevoli alle manifestazioni e al diritto della parola, sono in maggioranza contrari a questa tipologia. Infatti, anche nell’espressione, e in quello che noi vediamo, sono molto pochi, parlano per molti ma non per tutti, quindi anche questo è da tenere ben presente”.
Aggiornato il 10 maggio 2024 alle ore 15:54