Ilaria Alpi ha solo 33 anni quando viene uccisa a Mogadiscio con il suo operatore Miran Hrovatin. È domenica 20 marzo 1994, esattamente 30 anni fa. I due sono inviati dal Tg3 per documentare la guerra civile somala. Vengono freddati nella zona nord della città mentre lavorano a un’inchiesta sui traffici illeciti di armi e rifiuti tossici tra la Somalia e l’Italia. “Gli assassini e i mandanti sono ancora senza nome e senza volto dopo indagini, depistaggi, ritrattazioni, processi finiti nel nulla. È una ferita che riguarda l’intera società. Le istituzioni sanno che non ci si può mai arrendere nella ricerca della verità”. Lo afferma il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in occasione dell’anniversario della morte di Alpi e Hrovatin. “Erano giornalisti di valore alla ricerca in Somalia di verifiche e riscontri su una pista che avrebbe potuto portare a svelare traffici ignobili”. Il capo dello Stato prosegue nel suo ricordo: “Le Medaglie d’oro al Merito civile, di cui Alpi e Hrovatin sono stati insigniti testimoniano il valore che la Repubblica riconosce alla loro opera. Un prezzo pagato nell’esercizio di un diritto, quello all’informazione, che è un presidio essenziale alla libertà di tutti e un pilastro su cui si regge la vita democratica”.
Anche la presidente del Consiglio Giorgia Meloni si è unita nel ricordo dei giornalisti scomparsi. L’ha fatto in apertura della replica alla Camera dopo il dibattito sulle comunicazioni in vista del Consiglio Ue. “Permettetemi di unirmi al ricordo di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin”, ha detto la premier. “Ricorrono i trent’anni dall’agguato che ha spezzato le loro vite. Ilaria Alpi è una delle donne che ho citato nel mio discorso di insediamento alle Camere, il suo coraggio è il coraggio delle donne italiane e a lei dobbiamo essere tutti grati, in particolare le donne. Sono trascorsi trent’anni dall’omicidio Alpi e Hrovatin e il cammino verso la verità non è concluso – ha aggiunto – conoscere nomi e cognomi dei mandanti e assassini è diritto di tutti. Meloni ha ricordato e ringraziato “tutti i giornalisti caduti nell’esercizio della loro professione e tutti i reporter che rischiamo la vita” in particolare nei territori.
“La battaglia per la verità va avanti”. È il senso dell’iniziativa organizzata ieri alla Camera da Walter Verini, capogruppo del Partito democratico in commissione Antimafia, con Mariangela Graimer, portavoce del cartello Noi non archiviamo; Vittorio Di Trapani, presidente Fnsi; Daniele Macheda, segretario Usigrai; Guido D’Ubaldo, presidente dell’Ordine dei giornalisti del Lazio; Beppe Giulietti e Giulio Vasaturo, presidente e avvocato di Articolo 21. “Abbiamo chiesto e ottenuto la disponibilità a un incontro dal procuratore capo di Roma, Francesco Lo Voi – annuncia Verini – per fornire tutti i tasselli utili, anzi necessari per sostanziare la richiesta di non archiviare la vicenda: ci sono gli elementi per raggiungere la verità e la giustizia. E la coincidenza dell’approvazione, qualche giorno fa, da parte del Parlamento europeo, di un atto che tutela il servizio pubblico e il giornalismo di inchiesta, è un modo per onorare la memoria di Ilaria e di tutti i giornalisti, da Daphne Caruana Galizia ad Anna Politkovskaja, che in questa missione hanno perso la vita”.
Grainer non esita a parlare di “grande depistaggio” e ricorda la vicenda del “capro espiatorio” Hashi Omar Hassan, il cittadino somalo condannato fino in Cassazione per l’omicidio di Alpi e Hrovatin, poi assolto – dopo un successivo ricorso – dopo sedici anni di detenzione e ucciso nel 2022 da una bomba sotto il sedile dell’auto. “Siamo in grado di fornire alla procura i pezzi mancanti, se non ci bloccano anche questa volta”, dice. “Oltre a quella di Hashi, sono diversi gli omicidi e le morti dubbie che hanno scandito questa vicenda. Hanno tentato di cancellare tutte le possibili testimonianze: l’autista di Ilaria, il capo della polizia somala per fare qualche esempio. E immediatamente dopo l’agguato sono spariti tutti i documenti e le foto”. E ancora: “Nella scrivania di Ilaria abbiamo ritrovato dossier sulla tangentopoli della cooperazione, uno dei quali sulla Somalia. Lei aveva individuato alcuni peccati capitali, traffici illeciti di ogni tipo, in cambio di armi per la guerra civile. Lavorava su questo”.
“È un dovere portare sulle spalle la vicenda Alpi-Hrovatin – sottolinea Giulietti – e per questo è fondamentale il coinvolgimento dei ragazzi. Se se ne parla ancora dopo trent’anni, è proprio per la passione di popolo che ha sempre accompagnato questa battaglia. Il nostro slogan deve diventare ‘per amore delle vittime non possiamo tacere’. Non sono affari di famiglia, ma affari della Costituzione”. La Federazione della stampa “c’è e ci sarà anche in sede giudiziaria a sostegno dell’impegno per non archiviare”, assicura Di Trapani. Un obiettivo condiviso anche dall’Usigrai, dall’Ordine dei giornalisti e dalla Rai.
Aggiornato il 20 marzo 2024 alle ore 16:23