Pubblichiamo una sintesi e alcuni stralci della relazione che il professor Roberto de Mattei terrà oggi 8 marzo nella giornata inaugurale del convegno “Memoria e Identità. L’Europa delle Patrie per una Patria europea. Da Charles de Gaulle a Giovanni Paolo II”. Il convegno è organizzato dalla Lega Nazionale e dalla Regione Friuli-Venezia Giulia ed è patrocinato, fra gli altri, dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e dal Ministero della Cultura, e si svolgerà oggi e domani a Trieste presso la sede della Regione FVG.
Prendo le mosse dall’intervista che l’8 febbraio 2024 Vladimir Putin ha rilasciato al giornalista americano Tucker Carlson, in cui il presidente della Federazione russa ha dedicato la prima parte del suo intervento ad un’ampia disamina storica delle cause del conflitto in Ucraina, ripercorrendo mille anni di storia russa a partire da Vladimiro il Grande. Questa geo-filosofia della storia è stata descritta in maniera più ampia e dettagliata nel discorso, dal titolo Sulla storica unità tra Russi e Ucraini, che Putin ha fatto al Valdai Club, il 12 luglio 2021.
Tesi di fondo di Putin è che l’Ucraina non ha diritto all’esistenza statuale, perché fa parte, fin dalle sue origini, dello Stato russo. Russi ed Ucraini sono un unico popolo, legato da una sola lingua, una sola cultura e una sola fede, quella della chiesa ortodossa. Ora, la fallacia della ricostruzione storica di Putin ci fa comprendere meglio il ruolo e la missione dell’Europa, posta realmente al bivio tra Oriente ed Occidente.
Il concetto di Europa non può essere separato da quello di civiltà e in particolare, da quello di civiltà cristiana. Il Cristianesimo è un messaggio di salvezza universale che certamente non può essere ridotto all’Europa e all’Occidente, ma in Europa si è sviluppato e dall’Europa si è diffuso in Occidente e nel mondo. Nel corso dei secoli, la piccola Europa cristiana ha sviluppato la “Grande Europa”, ossia quella sua proiezione nello spazio e nel tempo, che possiamo chiamare “Occidente”, inteso anch’esso, più che nel senso geografico, come una comunità internazionale di fede e di valori.
Il primo falso storico di Vladimir Putin è quello di ignorare deliberatamente, che lo Stato di Kyiv, rimase integrato nella civiltà occidentale, fino alla fine del Medioevo. Il secondo è quello di attribuire allo Stato di Kyiv, una scelta religiosa ortodossa, intendendo con questo termine la religione greco-scismatica che si definì nel 1054, dopo la rottura con la Chiesa di Roma. Lo Scisma d’Oriente, ebbe effetti solo molto posteriori nella Rus’ di Kyiv. Infatti, fu solo dopo il Concilio di Firenze del 1439 che venne formalizzata la separazione di Roma dalle terre russe con centro ormai a Mosca.
Dopo la dominazione dei mongoli, che si protrasse per oltre 250 anni, fino agli inizi del XVI secolo, a differenza dello Stato di Kyiv, che fu integrato alla civiltà cristiana occidentale, la Russia moscovita iniziò la sua esistenza come Stato extra-europeo, cioè fuori dell’ambito della «Repubblica Cristiana». Non c’è una linea di continuità, ma di discontinuità tra lo Stato di Kyiv dell’anno 1000 e il principato di Mosca nel XVI secolo. L’idea che la Russia sia una civiltà distinta dal mondo occidentale risale alla nuova concezione di Mosca come “Terza Roma” euroasiatica, dopo la caduta di Costantinopoli del 1453. La via russa allo sviluppo si inserisce in una tradizione euroasiatica, che dal XVI secolo oppone i valori di Mosca a quelli occidentali. La Russia putiniana, come quella sovietica, ha scelto di compiere una progressiva svolta ad Est, rivolgendo lo sguardo verso l’Asia.
Il racconto di Putin ricorda la formula espressa da George Orwell nel suo celebre romanzo 1984: “Chi controlla il passato controlla il futuro. Chi controlla il presente controlla il passato”. Questa falsificazione storica prevede, accanto alla cancellazione del passato, la costruzione di una narrazione storica alternativa. Il tentativo è quello di ricostruire un’identità nazionale condivisa, che ha come suoi simboli la bandiera rossa comunista e l’aquila bifronte dei Romanov. Come mito fondatore della nuova Russia, il 7 novembre 1917, data della Rivoluzione bolscevica, è stato sostituito dal 9 novembre 1945, giorno della vittoria sui nazisti, che viene celebrata ogni anno nella parata militare sulla Piazza Rossa. Stalin è presentato da Putin, come il patriota che nella seconda guerra mondiale ha restaurato l’unità territoriale e la grandezza morale della Russia. I crimini del dittatore georgiano, come l’Holodomor ucraino o i Gulag, vengono sottaciuti, così come la sua fede ideologica nel comunismo.
Il presidente della Federazione russa, nella sua manipolazione storica riscrive il passato della Russia, ma ignora deliberatamente il passato millenario dell’Occidente, per ridurlo alla cosiddetta “Anglosfera” odierna (Stati Uniti d’America e Regno Unito + Australia, Nuova Zelanda e Canada), che viene descritto come un sistema politico aggressivo e corrotto dominato dagli Stati Uniti e garantito dalla coalizione militare della Nato.
È comprensibile che Putin rappresenti l’Occidente come un mondo corrotto e degenerato e che cerchi di convincere gli europei della necessità di annullare la loro identità storica. Ma è stupefacente constatare come gli intellettuali occidentali, e tra essi anche molti conservatori, accettino l’auto-rappresentazione che Putin suggerisce loro, dimenticando che l’essenza dell’Occidente non va cercata nella sua decadenza, ma nel suo momento genetico, che è l’Europa cristiana, un’Europa che nel Medioevo trovò i suoi naturali confini proprio negli spazi geopolitici che oggi sono sotto attacco: l’Ucraina e la Palestina, l’antica Giudea romana.
Oggi queste due simboliche frontiere storiche dell’Occidente sono sotto l’attacco di nemici antichi e nuovi, decisi a cancellare ogni traccia di quella che fu la civiltà occidentale e cristiana. È il “complesso d’Europa” su cui ha scritto Renato Cristin o “complesso occidentale”, come lo definisce Alexandre Del Valle: una forma patologica di auto-colpevolizzazione collettiva che fa parte di quella “guerra ibrida”, con cui i nemici dell’Occidente, cercano di destrutturare l’identità dell’Europa e dell’Occidente.
Le radici cristiane dell’Europa non sono un mito, ma una realtà storica. Le radici cristiane sono la visione del mondo, il patrimonio di valori che hanno prodotto nel corso dei secoli le istituzioni e i costumi di quella Grande Europa che è l’Occidente. Un patrimonio di valori che, come scrive Giovanni Paolo II nel suo ultimo libro Memoria e identità sono derivati dal Vangelo e si sono sviluppati in coerenza con esso.
Aggiornato il 11 marzo 2024 alle ore 09:19