Un caso. Un casino. O un casotto. Mutando l’ordine dei fattori il risultato non cambia: sta tirando un’aria frizzantina in Veneto. E non è dovuta solamente alle colline del prosecco. La consigliera regionale dem Anna Maria Bigon – il cui voto (astensione) in dissenso dal Partito democratico ha pesato non poco per la bocciatura in Consiglio della “legge Zaia” sul fine vita – è stata accompagnata alla porta. In sostanza, è stata destituita da vicesegretaria provinciale dei democrat di Verona. Il bello, secondo quanto è emerso dai commenti che si sono rincorsi, è che la dirigenza nazionale era all’oscuro. Infatti, la decisione d’imperio sarebbe stata presa dal segretario provinciale, Franco Bonfante. “Una scelta politica”, insomma. “Era giusto parlare con tutti, ho ascoltato e espresso la mia opinione. Però io devo rispondere alla mia coscienza. Ed è quello che ho fatto” aveva detto Bigon in un’intervista al Corriera della Sera. Ma, a quanto pare, la libertà di coscienza della protagonista di questa vicenda non è deve essere andata a genio a qualcuno. Che, nella fattispecie, è proprio il Bonfante di cui sopra.
Al senatore di Fratelli d’Italia e vicepresidente vicario del gruppo, Raffaele Speranzon, non è parso vero di sparare ad alzo zero. L’occasione era troppo ghiotta: “Con la revoca dell’incarico politico alla consigliera regionale del Pd in Veneto Anna Maria Bigon, colpevole di aver seguito la propria coscienza sulla complessa questione de fine vita, non allineandosi al pensiero unico del suo partito in Consiglio regionale del Veneto, viene smascherata la presenza di qualche rigurgito di intolleranza all’interno del partito pronipote di quello comunista”. E ancora: “Non vorremmo poi che questa vergognosa decisione fosse figlia della cultura del patriarcato, non rispettando la sensibilità espressa da una donna su un tema importante come quello sulla vita”.
E il Pd? Gettare un secchiello d’acqua per domare l’incendio ha il risultato che ha. Cioè pari a zero. Poi nessuno ne sapeva niente. La nota congiunta del segretario regionale del Veneto, Andrea Martella e il responsabile nazionale dell’organizzazione del Partito democratico, Igor Taruffi, ne ha rappresentato una prova: “Abbiamo appreso della decisione del segretario provinciale del Pd di Verona, Franco Bonfante, di sollevare dal ruolo di vicesegretaria la consigliera regionale Bigon. Scelta che non è frutto di decisioni nazionali e regionali, ma compiuta da Bonfante in totale autonomia”.
Intanto, mentre dall’altoparlante a tutto volume si è sentito Zucchero cantare “oh avanti, o popolo con la chitarra rossa/Che intanto il tempo passa e lei non torna più/Per colpa di chi-chi-chi-chi-chichichirichi”, è scattato subito il convoglio di sostegno a Bigon. Il sindaco di Rimini, Jamil Sadegholvaad, ha detto all’Ansa: “Confesso di non condividere per nulla la decisione del Pd di Verona di punire la consigliera regionale Anna Maria Bigon per la sua astensione sul voto della legge veneta del fine vita. Il caso veneto non riguarda solo il tema dei cattolici, comunque non secondario, ma un metodo che ha molto a che fare con l’identità che di qui in avanti vogliamo darci”. Addirittura, ha parlato di una vicenda che “emana all'esterno un odore rancido”. Anche perché “il Pd nasce come uno spazio comune in cui le idee e le sensibilità anche molto diverse si confrontano, si rispettano, e non si schiacciano”.
Debora Serracchiani, della segreteria dem, su X ha vergato: “Non ho personalmente condiviso la decisione di Anna Maria Bigon ma su un tema come il fine vita nel Partito democratico l’esercizio della libertà di coscienza non può essere punito. Rispetto l’autonomia del livello provinciale, ma chiedo al segretario del Pd veronese di ripensarci”. Il deputato Pd Lorenzo Guerini ha insistito: “La disciplina di partito, sui temi eticamente sensibili, non può sovrastare la libertà di coscienza. Provvedimenti nei confronti della consigliera Bigon negherebbero questo principio che è stato alla base, fin dall’inizio, del nostro partito. Ciò non significa che sul fine vita non si debba lavorare con impegno: non solo per la sentenza della Corte costituzionale ma, soprattutto, per affrontare con umanità e responsabilità la sofferenza di tante persone. Credo, da questo punto di vista, che il ddl Bazoli possa rappresentare, per il Partito democratico, un buon punto da cui partire”.
Dal cinema alla realtà, da Chinatown al Nazareno: è un grosso guaio? Ai posteri l’ardua sentenza. Che potrebbe avere degli strascichi. Il senatore del Pd Graziano Delrio, ad esempio, ha ammesso: “La decisione del segretario provinciale di Verona di revocare l’incarico di vice ad Anna Maria Bigon, motivata come conseguenza politica della sua scelta in Aula, è un brutto segnale. È certamente decisione sua, come rivendica e come chiarito dai vertici regionali e nazionali del partito, ma resta inammissibile che si voglia processare una persona per le sue idee e non può essere accettato. Ad Anna Maria confermo la mia vicinanza e condivisione per le scelte compiute in piena libertà”. Quel Delrio che qualche giorno prima, intervistato da Avvenire, circa l’ipotesi di una sospensione della consigliera regionale disobbediente, ha rivelato: “Mi autosospenderei anch’io dal partito. E ripeto: non solo perché condivido la scelta della nostra consigliera regionale, ma perché agirei allo stesso modo nei confronti di qualsiasi collega di partito che fosse punito per aver esercitato la propria libertà di coscienza su un tema sensibile”. Chi vivrà, vedrà.
Aggiornato il 26 gennaio 2024 alle ore 14:11