Regionali, Europee e la Terza guerra mondiale

È partita la corsa alle elezioni regionali. Tra Sardegna, Abruzzo, Basilicata, Piemonte e Umbria, sono cinque in tutto. La prima è la Sardegna, il 25 febbraio; a seguire l’Abruzzo il 10 marzo, mentre Basilicata, Piemonte e Umbria potrebbero invece votare unitamente alle Europee di giugno. Sembra un paradosso unire le elezioni europee a quelle regionali; infatti, la bagarre politica sulle Regionali è scoppiata in tutti i partiti/coalizioni: tutti, dico tutti, impegnati nella scelta di massima dei candidati a livello “locale”, in ragione del presunto gradimento di cittadini sull’uno o sull’altro candidato. Giustissimo, forse, dal punto di vista delle singole coalizioni o dei singoli partiti. Ma perché non tentare di allargare la visione di tutto ciò che sta avvenendo nel mondo?

In pochissimi parlano dei guerriglieri Houthi yemeniti: quelli, cioè, che sino a qualche anno fa erano classificati come delinquenti allo sbaraglio. E che avevano portato alla carestia dilagante nell’intero Paese! Nel 2005 si contavano non più di 3mila “delinquenti” Houthi di estrazione sciita, oggigiorno siamo di fronte a un esercito ben armato di più di 200mila soldati, pienamente supportati da Teheran. Nello Yemen, grazie all’accordo subentrato tra Arabia Saudita e Iran nel 2022, nella sostanza hanno preso il controllo non solo del Paese, ma addirittura dell’intero Golfo di Aden. Con l’effetto immediato della deviazione di più del 70 per cento dell’intero traffico mercantile proveniente dall’Oceano Indiano e dal Golfo Arabo costretto a doppiare il Sudafrica, anziché sfruttare il tradizionale Stretto di Suez. Tenendo fuori per il momento India e Cina, quali ripercussioni dal punto di vista economico subiranno i Paesi occidentali, primi tra tutti gli Stati Uniti e l’Europa?

Si pensi solamente alle prossime sfide elettorali negli Usa tra democratici e repubblicani per la presidenza nel prossimo mese di novembre! Due pretendenti: l’intramontabile Donald Trump e il sempre più vacillante Joe Biden. Entrambi “insostituibili”! Se da una parte Biden, in questo momento dato per non preferito, dovesse vincere, possiamo forse pensare che continuerà a supportare l’Ucraina nelle sue continue richieste di armamenti e di sostegno militare, a fronte di un celato rifiuto del proprio partito, sia per il blocco tuttora in corso su nuovi finanziamenti a causa delle sempre più prioritarie richieste all’interno dei democratici (in particolare gli afroamericani del Sud) di fermare i flussi migratori ispanici provenienti dal centro-sud dell’America, fortemente osteggiati, per contro, dagli altrettanto numerosi neri americani? Senza contare che, già in precedenza, il Senato statunitense aveva contestato il bilancio federale per il contrasto in atto tra i fondi all’Ucraina e le nuove migrazioni dal Sud.

E se per caso (forse molto più veritiero!) dovesse vincere Trump? Ci siamo forse dimenticati che la politica del tycoon nel primo mandato è stata sempre orientata a tranquillizzare i rapporti sia con la Russia e ancor di più con la Cina? E come si è comportato Bush durante la sua presidenza nei confronti della Nato? Non ha forse ridotto dal 6 al 4 per cento del bilancio nazionale il contributo finanziario Nato, dichiarando apertamente che l’Unione europea avrebbe dovuto intervenire finanziariamente di più per la Difesa del proprio territorio, incluso i possibili prossimi arrivi, tra cui l’Ucraina?

Tralasciando, perché eccessivamente complesso, il superiore problema della guerra tra Israele e Hamas, non si può non allargare lo sconcertante scenario anche a Taiwan con l’ingombrante vicino cinese per cui la riunificazione “è inevitabile”! O ancora meglio all’India, baluardo di una nazione in completa ascesa sia dal punto di vista tecnologico, che sociale, che finanziario. È lo Stato del Pacifico/Indiano con la Marina militare più grande dell’area, ancor più della Cina; ma, ahimè, senza la minima possibilità di operare (per esempio a difesa dei flussi commerciali), perché non ha basi all’esterno del proprio territorio. Cioè un potere marittimo limitato!

E, per finire, dove è l’Unione europea? Possiamo ben dire che l’Italia ha intenzione di inviare una o due navi, prioritariamente a difesa del traffico mercantile, con base a Gibuti. La Francia, forse. Ma al tempo stesso, prioritariamente, preferirebbe maggiore attenzione per l’intero continente africano. E se la Germania, quasi già in recessione acclamata, non ci pensa neanche lontanamente a tali problemi, figuriamoci le altre 24 nazioni europee cosa faranno, o meglio non faranno!

Siamo dunque tornati all’origine del tema trattato: ma che c’entrano le elezioni regionali italiane con quella che io già da tempo ho definito la “Terza guerra mondiale(*)?

Senza dilungarmi oltre:

1) a fine 2022 il vertice Ue-Unione africana definì “due Unioni, una visione comune per un partenariato rinnovato”, con l’obiettivo di conseguire la solidarietà, la sicurezza, la pace e uno sviluppo economico e una prosperità sostenibili e sostenuti per i cittadini dell’Unione africana e dell’Unione europea, riunendo Regioni e organizzazioni, formalizzando un pacchetto di investimenti Africa-Europa da 150 miliardi di euro, per una cooperazione rafforzata per la pace e la sicurezza, un partenariato rafforzato per la migrazione e la mobilità, un impegno a favore del multilateralismo;

2) l’unico personaggio politico che si è mosso in modo molto delicato, ma efficacissimo, è stata senza ombra di dubbio la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, riuscendo financo (primo caso nella storia dell’Ue) a coinvolgere e responsabilizzare la presidente della Commissione Ue, Ursula Gertrud von der Leyen, con risultati importantissimi non solo per i flussi migratori verso l’Europa, ma soprattutto per rigenerare le spinte all’interno stesso della nostra Italia verso una Europa che possa degnamente affrontare le sfide, che vanno sempre più concretizzandosi nel mondo. Sfide che vedranno sempre di più una Europa “solitaria” che potrà farsi valere solo se si vedrà consolidata una maggiore unità d’intenti e di obiettivi da raggiungere congiuntamente da parte della Ue;

3) è previsto il vertice Italia-Africa, che oltre che parlare dei 150 miliardi di euro da investire in quota parte, entrerà nel vivo del tanto acclamato Piano Mattei che, come noto, insiste su attività e investimenti di partenariato al 50 per cento tra imprenditori/Stato/università con l’Africa! Questo è un punto fondamentale per ben comprendere che, in definitiva, gli utenti italiani di tali progetti dovranno prendere consapevole responsabilità a livello locale. Che siano esse Regioni, Province, Comuni ha ben poca importanza. Saranno le varie Confindustria, Confagricoltura, Confartigianato che si dovranno mobilitare per cambiare l’approccio a questa tipologia di cooperazione.

Nel contempo, richiamo all’attenzione che la presidente Giorgia Meloni, da tempo, ha più volte accennato a un’Europa confederata. Le prossime elezioni del Parlamento europeo rappresentano, dunque, una buona, se non unica, occasione per rilanciare meccanismi come il Patto di Stabilità (suggerita anche dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella), in una visione politica condivisa a livello federale. Così, come mi appare sempre più evidente la necessità di unificazione dell’intera politica estera, di difesa e di sicurezza dell’Unione europea. Tutto questo potrà essere fatto solo se l’approccio nazionale a queste problematiche non sarà più focalizzato al solo contesto politico del momento!

Anche per le elezioni regionali è necessario ampliare le tematiche di interesse alle tempestose problematiche dello scenario internazionale, integrando le già difficili condizioni locali a orizzonti ben più promettenti che, al momento, non sono assolutamente sentite a livello locale.

(*) Cambiamenti geostrategici del Nuovo ordine mondiale di Fabio Ghia, Europa Edizioni, maggio 2023, 202 pagine

Aggiornato il 23 gennaio 2024 alle ore 14:12