La scelta di Giorgia Meloni di optare per la riforma del premierato piuttosto che quella, maggiormente gradita dalla maggioranza degli italiani, della elezione diretta del presidente della Repubblica, è stato un clamoroso errore di valutazione politica che non ci saremmo aspettati dalla presidente del Consiglio dei ministri. Il programma elettorale sottoposto agli elettori prevedeva la riforma dell’elezione diretta del capo dello Stato. La forza della democrazia sta nella capacità di correggere gli errori. Il tentativo di edulcorare la riforma della governance delle istituzioni italiane per cercare di allargare il consenso anche alle opposizioni è stata una pia illusione. Il Partito democratico e i partitini satelliti alla sua sinistra si sarebbero comunque opposti a qualsiasi modifica dello status quo, in quanto la vigente architettura costituzionale (cattocomunista) li avvantaggia politicamente in quanto controllano da decenni le “casematte del potere”. Poteri, senza responsabilità politica diretta, che però al momento opportuno diventano strumento per attaccare il Governo e per cercare di indebolire una maggioranza politica eletta democraticamente.
Come ogni fine anno, facendomi violenza fisica, ho ascoltato il messaggio a reti unificate del presidente della Repubblica e il consueto dibattito che si è aperto subito dopo nei talk show televisivi. Lasciamo stare le dichiarazioni, dopo pochi secondi dalla fine del messaggio presidenziale, sui canali social di tutti i politici che per convenzione elogiano le comunicazioni, a prescindere dal contenuto, del capo dello Stato. Ovviamente, con qualche rarissima eccezione, all’unisono, la casta degli opinionisti (sono sempre gli stessi che si alternano nei vari canali televisivi nazionali) presenti nei dibattiti televisivi si sono sperticati nell’elogiare la profondità del pensiero e del contenuto del messaggio ai sudditi dal monarca di fatto.
Come avremmo potuto fare se “l’insostituibile” presidente Sergio Mattarella non avesse accettato con “un grande atto di generosità” di sacrificarsi per ulteriori 7 sette anni di mandato nonostante egli stesso, da costituzionalista, considerasse una forzatura della legge fondamentale la possibilità di rielezione del capo dello Stato? Devo confessare, è un mio limite, che a differenza dei politici e della stragrande maggioranza degli opinionisti, non ho colto nel messaggio di fine anno del presidente della Repubblica nulla che passerà alla storia del pensiero politico. Ho ascoltato, come del resto ogni anno, una sequela di buoni consigli e di ovvietà che però dette dall’inquilino del Quirinale assumono una rilevanza di portata planetaria. Il primo atto istituzionale del 2024 del cosiddetto “arbitro super partes” che abita al Quirinale è stato quello di promulgare la legge sulla concorrenza.
Contestualmente alla firma ha inviato una lettera, ai presidenti delle due Camere e al presidente del Consiglio Giorgia Meloni, dove mette in evidenza che la norme approvata contrasta con il diritto europeo e quindi si rendono “indispensabili, a breve, ulteriori iniziative di governo e parlamento” per gli ambulanti, come per i balneari”. In sostanza, un Governo eletto direttamente dal popolo sovrano che sta cercando di trovare una soluzione ad una aberrante normativa comunitaria che danneggia centinaia di migliaia di micro e piccole imprese italiane (commercianti ambulanti e balneari) trova nel presidente della Repubblica il censore dell’operato del Governo. Da custode della Costituzione italiana è diventato il tutor delle direttive comunitarie facendo sponda con le opposizioni antitaliane. Viva l’elezione diretta del presidente della Repubblica!
Aggiornato il 04 gennaio 2024 alle ore 12:24