L’accordo sul nuovo Patto di stabilità raggiunto a Bruxelles non è certamente quello che avremmo voluto ma non è nemmeno quella soluzione rigorista che auspicavano i falchi europei. Alla fine anche la Germania, che sta vivendo una situazione difficile, ha dovuto ridimensionare le sue pretese. La moderata soddisfazione è emersa dalle dichiarazioni di tutti i ministri delle Finanze, compreso il nostro Giancarlo Giorgetti che parla di compromesso che supera il vecchio e più pesante Patto. Ricordiamo che l’Italia aveva minacciato di mettere il veto in caso di ripristino delle regole precedenti. Il nuovo patto concede 7 anni di tempo agli Stati membri con maggiore debito per rimettere a posto i propri conti. Questi Paesi dovranno ridurre il debito di un punto percentuale sul Pil all’anno e quindi un’operazione sostenibile da parte del nostro Paese che rimane sempre l’osservato numero uno in Europa. Per gli altri Paesi con debito inferiore al 90 per cento la percentuale di riduzione scende allo 0,50 per cento.
Per quelli che hanno un deficit basso è prevista una riduzione sino all’1,5 per cento per consentire una maggiore capacità di risposta in caso di necessità. Il nuovo Patto preserva la capacità di investimento per non compromettere la crescita futura e tiene conto delle specificità nazionali. In particolare ai Paesi maggiormente indebitati viene concessa una flessibilità fino al 2027 sulle spese legate ai maggiori interessi sul debito e agli investimenti per la transizione ecologica e digitale e per la difesa. Si tratta sostanzialmente di un accordo temporaneo che non cancella i parametri fissati dal Trattato di Maastricht che restano immutati. Rimane il tetto massimo del 3 per cento nel rapporto deficit-Pil e del 60 per cento nel rapporto debito-Pil. Per il momento è stato scongiurano il rischio del ritorno ai precedenti parametri difficilmente sostenibili non solo dall’Italia ma anche da altri importanti Paesi come Francia e Belgio. Per questo ci possiamo dichiarare soltanto parzialmente soddisfatti, perché inesorabilmente tra qualche anno i nodi verranno al pettine.
Il nostro Paese ha ottenuto il tempo necessario per poter lavorare con una certa tranquillità alla riduzione del debito pubblico, salvaguardando gli investimenti del Pnrr. Diamo atto al Governo di aver operato a tutela degli interessi degli italiani, ma dal 2024 dovrà avviare le necessarie riforme economiche per consentire al Paese di rendere produttivi tutti gli investimenti effettuati compresi quelli del Piano nazionale di ripresa e resilienza. C’è tempo fino al 2026 per l’attuazione dei progetti del Next Generation Eu. Si faccia quello che è necessario e si guardi avanti senza tentennamenti. Di fronte ai forti e rapidi mutamenti geopolitici ed economici mondiali, i prossimi tre, quattro anni saranno decisivi per il destino dell’Italia che oggi deve decidere se vuole continuare ad essere annoverata tra le nazioni più industrializzate del mondo. È una scommessa che non possiamo perdere! Il Governo Meloni ha una grande responsabilità!
Aggiornato il 23 dicembre 2023 alle ore 09:33