Europee, Meloni medita sulle opzioni Draghi e von der Leyen

Giorgia Meloni è alle prese con la partita legata alla ratifica del Mes. Ma già guarda, con interesse, agli scenari futuri del post Europee 2024. Le opzioni in campo sono due: la conferma di Ursula von der Leyen o la chiamata di Mario Draghi alla guida della Commissione europea. A fare da ago della bilancia tra Ppe e Pse sarebbero i liberali di Emmanuel Macron e Matteo Renzi, già oggi nell’alleanza europea, pronti ad aumentare il proprio peso politico se il risultato delle urne dovesse indebolire i due partiti maggiori ed esporli alla minaccia di un’avanzata delle destre. Già. Perché in Europa la destra ha almeno due volti: quello moderato dei conservatori e riformisti di Ecr (il gruppo guidato da Giorgia Meloni), rappresentati in Italia da Fratelli d’Italia e in Polonia dal Pis, che in questa legislatura hanno sostenuto in modo altalenante l’operato di von der Leyen, e quella fortemente eurocritica di Identità e democrazia (il gruppo di Matteo Salvini, Marine Le Pen, Geert Wilders, AfD).

La scommessa dei meloniani è proprio quella di sostituire i socialisti a fianco di Ppe e liberali, con un programma non troppo mutato rispetto a quell’odierno. Frattanto, il tatticismo del Ppe rispecchia fedelmente quello di Forza Italia. Peraltro, non sorprende lo stesso atteggiamento di Meloni. In Aula, alla Camera, ieri ha attaccato Draghi (“si faceva fotografare con Macron e Scholz ma non portava a casa mai niente”), salvo poi correggere il tiro (“la critica era rivolta al Pd”). D’altro canto, se dalle urne uscissero sconfitti i socialisti e Ppe-Pse non avessero i voti per continuare a governare insieme, o ancora, non trovassero l’intesa sulla riconferma della von der Leyen, cambierebbe lo schema di gioco. A quel punto, il patto tra Ppe, liberali e conservatori attorno al nome di Mario Draghi potrebbe diventare una pista da seguire.

Aggiornato il 13 dicembre 2023 alle ore 16:34