Il paradosso dell’Occidente

Quando si parla di diritti sociali ci si riferisce a quelle attribuzioni attuate attraverso particolari norme che stabiliscono condizioni di favore per alcune determinate categorie di cittadini. Ad esempio, si stabilisce che, in caso di occupazione abusiva di un alloggio da parte di una famiglia con minori, questa non possa essere sfrattata, anche in presenza di provvedimenti esecutivi, finché non si trovi la disponibilità di un altro alloggio. Ciò, evidentemente, lede il diritto di proprietà del proprietario stesso, che non può entrare in possesso del suo legittimo bene.

Tutti i diritti sociali funzionano così: affinché essi vengano attuati, è necessario comprimere o, addirittura, negare i diritti individuali di tutti gli altri soggetti. Infatti, i diritti sociali vengono definiti positivi, non nella accezione colloquiale di buono, ma nel senso giuridico secondo cui, affinché si realizzino, richiedono la prestazione attiva di un altro soggetto, che deve corrispondentemente rinunciare ai propri beni legittimi, a parte il proprio reddito legittimamente prodotto e guadagnato, limitandoli, ad esempio, attraverso  l’imposizione di una tassazione fortemente progressiva per erogare il reddito di cittadinanza, per costruire alloggi popolari o fornire avvocati per il gratuito patrocinio ai migranti.

Al contrario, i diritti individuali vengono definiti negativi, non nell’accezione colloquiale di pessimo o sbagliato, ma nel significato giuridico secondo cui non viene richiesta la collaborazione attiva di altri perché tali diritti si realizzino, bensì gli altri soggetti devono solo astenersi dall’impedire che il titolare del diritto individuale possa esercitarlo, ad esempio, astenendosi dall’impedire a un altro l’affitto del proprio immobile liberamente senza vincoli di durata. Pertanto: maggiore il numero dei diritti sociali, minore la possibilità di far valere ed esercitare i diritti individuali. Questa deriva giuridica socialista dell’Occidente sta portando molte persone a trasferirsi definitivamente, o per una parte dell’anno, in quei Paesi che, pur non essendo delle democrazie, grazie all’assenza di un welfare strabordante, appaiono dei luoghi in cui sia più semplice esercitare alcuni diritti individuali, soprattutto di natura economica. Come, ad esempio, Singapore o gli Emirati arabi, in cui viene consentito di intraprendere, in totale assenza di burocrazia e con una tassazione minima, una attività economica e professionale.

Ovviamente, non si vuole negare la necessità di prevedere un welfare residuale minimo con cui aiutare alcune categorie svantaggiate ed escluse dal libero mercato, come i minori abbandonati, gli inabili al lavoro e dei momentaneamente disoccupati che non rifiutino offerte di lavoro. Ma è necessario che tali previsioni siano limitate a poche casistiche, come quelle sopra enunciate, e non si allarghino fino a dilagare in una concezione di società collettivista ed iper-assistita, che non fa che moltiplicare le casistiche dei sussidiati. Di cui, invece, pretende di ridurre il numero e di soffocare le libertà individuali, con una tassazione espropriativa e castrante, una burocrazia asfissiante. Con la previsione, infine, di limitazioni autorizzative e prescrizioni per qualunque attività si decida di avviare. Per cui, per assurdo, persino in alcune non-democrazie queste possono trovare migliore spazio e libertà di esercizio.

Aggiornato il 11 dicembre 2023 alle ore 11:36