Si muoverebbe nella magistratura italiana una sorta di “superloggia massonica”, e a parere di alcune memorie storiche sarebbe culturalmente legata alla componente marxista del Cnl (Comitato liberazione nazionale): organizzazione che si costituiva a Roma il 9 settembre del 1943, allo scopo di opporsi all’occupazione tedesca ma, invece di sciogliersi nel 1947, avrebbe continuato a operare inserendosi nei gangli giudiziari e burocratici dell’Italia repubblicana e democratica. Questa storia veniva raccontata ad un incredulo Dino Risi da un fidato collaboratore di Randolfo Pacciardi (per non sollevare polveroni e timori si omette di fare nome e cognome): né Risi né Pacciardi avevano mai avuto simpatie fasciste, anzi non nascondevano la vicinanza alla sinistra sociale, repubblicana e soprattutto laica. La cosa sconvolgeva a tal punto Risi che subito ne tirava fuori, con la collaborazione della premiata ditta di sceneggiatori “Age & Scarpelli”, il soggetto del film “In nome del popolo italiano”.
Nella pellicola si narra del prototipo del severo magistrato inquirente di chiare simpatie comuniste, che percepisce come corruzione ogni rapporto tra impresa e Pubblica amministrazione. Così al giudice capita a tiro un imprenditore, archetipo del capitano d’industria ed ex combattente della Repubblica sociale italiana con simpatie missine; così inizia con eccesso di zelo inquisitorio, motivato da odio ideologico, a costruire un teorema per mandare in galera l’industriale. Il magistrato arriva financo ad omettere prove pur di punire l’odiato imprenditore, in chiaro disprezzo dell’ossequio per la verità e la legge, pur di liquidare un cittadino di diverse idee politiche. Il giudice non nasconde con i propri collaboratori di vedere idealmente riassunti in quell’imprenditore “i peggiori vizi dell’italiano cialtrone e poco di buono”, per questo fa condannare l’innocente per un reato non commesso.
Questa “confraternita di magistrati” dal 1947 ad oggi ha lentamente permeato ogni ganglio della Pubblica amministrazione. Nemmeno la rappacificazione nazionale, fortemente voluta da democristiani e missini (da Alcide De Gasperi ad Amintore Fanfani passando per Arturo Michelini…) e alla base del boom economico, è riuscita a fermare le mire distruttive di certe sinistre giudiziarie. Al punto che quando gli americani vollero buttare giù Bettino Craxi (l’uomo che aveva aperto le commissioni parlamentari al Msi), interpellavano la componente massimalista della giustizia ambrosiana. La caduta di governi per via giudiziaria rende la cifra e l’importanza strutturale del potere giudiziario in Italia. L’organizzazione eversiva giudiziaria non fa errori di metodo, procede unicamente per garantire che al potere ci permanga sempre e comunque una componente loro gradita (di questa non fa parte tutto l’ex Pci): per esempio è gradita Elly Schlein (per via di una probabile parentela con George Soros) ma non è accettato Stefano Bonaccini, ritenuto troppo vicino alle esigenze dell’impresa italiana. Abbiamo tutti notato i segnali e il modo d’agire di questa struttura di potere: quel 22 novembre del 1994, quando veniva recapitato a Berlusconi un invito a comparire in Tribunale a Milano durante la “Conferenza mondiale delle Nazioni Unite sulla criminalità transnazionale”.
Non stiamo qui ad elencare le grandi aziende portate a fallimento per opera di certa magistratura che, incurante del lavoro perso dagli italiani, aveva come unico fine quello di distruggere il “capitano d’industria”. Oggi questa struttura sta lavorando come lo squalo con le grosse prede: s’è data un tempo d’azione e ha cominciato a mordere il grande corpo politico: il Governo Meloni.
Il rinvio a giudizio del sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro Delle Vedove, è il grimaldello per poi aggredire Giovanni Donzelli e poi linciare mediaticamente Giovanbattista Fazzolari (sottosegretario all’Attuazione del programma). Quindi passare all’aggressione mediatico-giudiziaria del ministro Guido Crosetto. Lo schema è sempre lo stesso, quello che permetteva alla stampa collegata alla “loggia giudiziaria” di disarcionare la Prima Repubblica: processandola prima sui giornali e poi nelle aule dei tribunali. Salvo poi accorgersi che i politici non avevano fatto nulla di strano. Intanto i governi saltano e il “potere giudiziario” fa accomodare su quelle poltrone i tecnici graditi al “sistema”. Infatti il Partito democratico, braccio operativo dell’organizzazione, ha già chiesto la calendarizzazione della “mozione di sfiducia” a Delmastro.
“Il giudice nei suoi provvedimenti ha rilevato chiaramente il fatto che i parlamentari del Pd, Silvio Lai, Debora Serracchiani, Andrea Orlando e Walter Verini – dopo la visita al carcere di Sassari – sono stati diffamati in aula e, rinviando a giudizio il sottosegretario Delmastro Delle Vedove, ha confermato che i materiali trasmessi dallo stesso a Donzelli sarebbero serviti per l’intervento di quest’ultimo in aula. Al di là dell’aspetto giudiziario – che con il rinvio a giudizio di Delmastro Delle Vedove farà il suo corso – si conferma da parte dei due esponenti di Fratelli d’Italia – un modo di concepire e praticare le responsabilità istituzionali e i rapporti politici del tutto estraneo al senso dello Stato e ai principi di correttezza”: questo hanno detto i parlamentari democratici Lai, Serracchiani, Orlando e Verini. Aggiungendo di aver “chiesto che venisse calendarizzata la mozione di sfiducia nei confronti del sottosegretario Andrea Delmastro”. Intanto Angelo Bonelli (co-portavoce di Europa Verde e deputato di Verdi e Sinistra) sta già aggredendo Donzelli e il Guardasigilli Carlo Nordio: obiettivo dell’organizzazione giudiziaria è soprattutto defenestrare il ministro della Giustizia.
Crosetto ha parlato del problema perché evidentemente qualcuno lo ha messo a parte di questa “associazione” storica interna alla magistratura. “Apro un tema di cui dobbiamo discutere prima o poi – ha dichiarato Crosetto – questo scontro tra politica e magistratura dovrà finire. Io ho trovato alcuni magistrati – ho sentito esponenti di Area – che vedono nel Governo un attacco alla magistratura, quasi che non voglia farla lavorare. C’è chi ha detto che il ruolo della magistratura deve essere quello di riequilibrare la volontà popolare. Ma chi ha responsabilità deve essere terzo: pensate se questa frase l’avesse pronunciata un generale o un prefetto… Ho ricevuto messaggi che mi dicono ‘sei un pazzo’, ‘che coraggio’, ‘farai la fine di Craxi’, ‘sarai un obiettivo’. Ma non mi sono posto il tema della mia tranquillità personale, ho posto il tema di riflettere su un argomento e forse ho sbagliato a non farlo di più”.
“La riforma della giustizia? – si è poi chiesto Crosetto – Parlate con Nordio. Io ho lanciato un allarme... una cosa che non c’entra nulla con la riforma, che parla di giustizia con la G maiuscola… L’atteggiamento delle opposizioni in Aula è stato ‘strano’, avrebbero dovuto essere contenti. Sono venuto oggi, ho detto che volevo andare in commissione e non mi hanno voluto, ho detto che tornerò anche in Aula. Più di cosi? Posso passare il pranzo di Natale a casa di tutti... Parliamo di numeri: ad esempio dei 30.778 innocenti in manette negli ultimi 20 anni, disconosciuti, non importanti. Possiamo parlare di tutto se volete”.
È evidente che Crosetto, uomo astuto, abbia mangiato la foglia e probabilmente sia stato informato delle trame giudiziarie. Del resto, Delmastro, denunciato anche per diffamazione dal procuratore generale della Corte dei conti del Piemonte, non è che un’ulteriore prova dell’accerchiamento. Obiettivo? Il partito dei giudici e i loro gangli tra stampa e politica vorrebbero che entro la primavera del 2024 la maggioranza risulti in gran parte indagata: soprattutto che su ministri, vice e sottosegretari pesino rinvii a giudizio e indagini. In modo che giornali e tivù possano, sotto elezioni europee, titolare come nel 1993: “Un Parlamento ed un Governo d’indagati”.
Aggiornato il 05 dicembre 2023 alle ore 11:28