In vista delle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo che si terranno tra il 6 e 9 giugno 2024, si è rivisto l’ex presidente del Consiglio ed ex Governatore della Banca centrale europea, Mario Draghi. Con le elezioni si dovrà rinnovare il Parlamento e la governance delle istituzioni europee, e SuperMario ha tutte le carte in regola per assumere un ruolo di primo piano. Nel suo intervento pubblico, in occasione della presentazione del nuovo libro scritto da Aldo Cazzullo, l’ex banchiere centrale ha posto l’accento su una serie di problemi dell’Ue: “È un momento critico per l’Unione europea, l’Europa deve farsi Stato, sarebbe un errore l’allargamento senza cambio di regole, ora serve più unità politica”.
Una serie di ovvietà che però dette da Draghi assumono il significato di un’autocandidatura a ruoli apicali della futura governance dell’Ue. È da tempo che dalle pagine di questo quotidiano denunciamo il fatto che l’Unione europea, dopo il Trattato di Maastricht e la nascita della moneta unica senza la creazione di uno Stato, è diventata una mera espressione geografica.
I cittadini europei guardano all’Europa come ad una entità lontana dal loro sentire e governata da una nomenklatura burocratica che tende a permeare tutti gli aspetti della loro vita economica e sociale. Non riconoscono all’attuale architettura politica una vera legittimazione democratica. Considerano i rapporti di forza squilibrati a favore della diarchia franco-tedesca che da Maastricht in poi ha operato come un direttorio facendo prevalere i loro interessi egoistici a svantaggio degli altri Paesi comunitari. La plastica dimostrazione del fallimento totale dell’Europa come soggetto politico è stata la recente votazione per l’assegnazione di Expo 2030. Molti Paesi membri hanno votato contro l’Italia e a favore dei petrodollari dell’Arabia Saudita.
Mai nella storia economica è nata una moneta prima della creazione di un governo politico. Aver creato una Banca centrale, una sola moneta senza un’entità politica hanno fatto emergere l’egoismo dei singoli Stati piuttosto che la solidarietà di quella che avrebbe dovuto diventare una unione politica di Stati.
La speranza di evitare la disgregazione della Ue, che si è accentuata con l’uscita del Regno Unito, è riposta nelle prossime elezioni europee. Nel Vecchio continente soffia sempre più forte un vento di cambiamento politico. Ogni qual volta i cittadini comunitari sono chiamati a votare per le elezioni politiche i partiti conservatori, liberali, liberisti e di destra continuano ad ottenere risultati sempre più positivi. I partiti conservatori e liberali che si richiamano ai valori del Partito popolare europeo non possono e non devono avere pregiudizi nei confronti delle nuove forze di destra che stanno mietendo continui successi elettorali. Se il compianto presidente Silvio Berlusconi avesse adottato il medesimo criterio di valutazione delle forze politiche che aderiscono al Ppe, in Italia avremmo avuto per decenni il dominio assoluto della sinistra. Altro che alternanza tra schieramenti di centrodestra e di centrosinistra!
I partiti europei di centro e di destra se avranno la forza di mutuare l’esperienza italiana potranno esprimere i numeri per poter raggiungere la maggioranza in Europa e imprimere una svolta riformista che sappia creare le condizioni per l’alternanza di governo con istituzioni democratiche che prevedano una maggioranza e una opposizione anche in Europa.
Aggiornato il 01 dicembre 2023 alle ore 11:54