Conservatori del futuro

Recensione a “Conservatori. Storia e attualità di un pensiero politico” di Marco Invernizzi e Oscar Sanguinetti

Il 13 novembre presso la sala convegni del Hotel Joli di Palermo sarà presentato l’ultimo libro di Marco Invernizzi e Oscar Sanguinetti Conservatori. Storia e attualità di un pensiero politico. Argomento che è al centro del dibattito politico culturale, soprattutto per l’adesione del partito della presidente del Consiglio Giorgia Meloni all’European Conservatives and Reformists Group. In questo clima si innesta l’operazione culturale di Invernizzi e Sanguinetti, che con il loro testo tentano di dare struttura e orientamento alla nuova destra meloniana, con un taglio prettamente “controrivoluzionario” di ispirazione cattolica. Per i due il punto focale è la Rivoluzione francese del 1789, che fu anche, ma non solo, la rivolta dei ceti borghesi contro la Monarchia assoluta, l’aristocrazia imparruccata, il clero cattolico parassitario più attento alle questioni di potere che di spirito. I feroci giacobini, ossessionati dal ritorno dell’Ancien régime poi fecero il resto in nome dell’uguaglianza, e facendo appello ai più biechi istinti umani quali l’odio, il rancore e l’invidia sociale scatenarono l’inferno.

Detto questo il conservatore, di cui scrivono gli autori, è l’uomo che reagì al nuovo stato di cose, è colui che secondo François-René de Chateaubriand, il coniatore del termine, sostiene la religione, la monarchia e la “gente rispettabile”. E andando alle cose di casa nostra la domanda, che in qualche misura trova una risposta nel libro, è: in Italia è mai esistito un movimento conservatore? Antonio Polito sul Corriere della Sera sostiene di no. Ma allora il Partito nazionale monarchico, rappresentato in Parlamento, cosa era? E il Fronte dell’uomo qualunque di Guglielmo Giannini? E la Destra nazionale del Movimento sociale italiano e poi Alleanza nazionale? Non erano forse i “conservatori” del loro tempo? Certo che sì. E anche la Destra storica fu in sintonia con il proto-conservatore Edmund Burke che da whig (liberale) condannava gli eventi di Parigi in Riflessioni sulla Rivoluzione francese, esaltava la tradizione e sosteneva le ragioni delle colonie contro Re Giorgio III per il principio “no taxation without representation”.

Nel testo vengono brevemente citati come esempi di conservatori Winston Churchill, che peraltro ebbe a dire con il suo consueto sarcasmo che “il Partito conservatore non è un partito ma una cospirazione” e che “il difetto dei conservatori sta nello struggersi per la mediocrità (Il sorriso del bulldog. Maliziose arguzie di Winston Churchill a cura di Dominique Enright, Liberiliberi), Margaret Thatcher, Barry Goldwater e Ronald Reagan. È utile al dibattito ricordare quello che John Ranelagh ci racconta: Margaret Thatcher a un incontro politico del Partito conservatore alla fine degli anni Settanta, mentre parlava un suo collega, tirò fuori un libro, The Constitution of Liberty (La società libera) di Friedrich August von Hayek. Interrompendo l’oratore, lo sollevò e disse severamente “questo è ciò in cui crediamo”, e lo sbatté sul tavolo. (John Ranelagh, Thatcher’s People: An Insider’s Account of the Politics, the Power, and the Personalities. HarperCollins)

La stessa Thatcher in The Path to Power scrisse che “la critica più potente alla pianificazione socialista e allo Stato socialista è The Road to Serfdom di F.A. Hayek”. Invernizzi aveva già rilevato, nel 2011, che di liberalismi almeno ce ne sono due, uno continentale e uno anglosassone. In verità sono molti di più, così anche di conservatorismi ce ne sono almeno tre: quello di cui scrivono i nostri due autori di stampo controrivoluzionario e cattolico; quello anglosassone legato al pensiero di Edmund Burke arricchitosi anche delle tesi di Ludwig von Mises e Hayek; e quello italiano, laico, patriottico, interpretato da Camillo Benso conte di Cavour, anticipato da quel Ruggiero Settimo che voleva restaurare l’antico Regno di Sicilia offrendo la corona a un principe di casa Savoia, e da altri pensatori operanti nei regni e negli stati preunitari. Certamente, un sentimento che è ancora vivo nella coscienza nazionale, che si desta ogni 4 di novembre, tanto che la stessa Meloni ha chiamato il suo partito Fratelli d’Italia.

Così come di destra non ce ne è solo una, come scrive bene Tommaso Romano in Centodestre. Questo vale anche a sinistra, pensiamo a quanto sia diverso “il socialismo con caratteristiche cinesi” di Deng Xiaoping e oggi di Xi Jinping da quello nordcoreano o da quello cubano. Il vero nemico di ogni tradizione è rappresentato dall’omologazione, la riduzione della complessità ad un solo aspetto: quello che si condivide di più. Per questo il merito del libro è quello di offrire una panoramica ampia di autori, spunti e orientamenti utili a misurarsi sul tema del “conservatorismo”, nella consapevolezza che poi alla lunga ognuno aderisce alla visione che rispecchia la propria più intima essenza. “La maggior parte di chi non segue la propria natura e affronta ciò che non gli appartiene, non solo ignora chi è veramente, ma anche chi vorrebbe essere” (Edmund Burke, Riflessioni sulla Rivoluzione francese, Giubilei Regnani).

(*) “Conservatori. Storia e attualità di un pensiero politico” di Marco Invernizzi e Oscar Sanguinetti, Ares, 304 pagine, 20 euro

Aggiornato il 08 novembre 2023 alle ore 11:14