L’ambiguità: una vecchia consuetudine

Come per la vicenda ucraina anche per quella attuale che coinvolge Israele e Hamas è facile individuare una precisa stratigrafia di prese di posizione. Essa comprende chi dichiara il proprio sostegno ad Israele senza tentennamenti; chi se la cava con una premessa di sdegno per l’attacco terroristico per poi soffermarsi sulle ragioni palestinesi; chi, infine, adottando un calendario corto, proprio non parla di ciò che è accaduto il 7 ottobre preferendovi una accusa diretta a Israele per ciò che i suoi militari stanno facendo da un paio di settimane. Va innanzitutto sottolineato che l’esistenza e la manifestazione pubblica di questa stratigrafia è un tutt’uno con la democrazia, cosa del tutto ignota nei Paesi arabi nei quali, se non ti iscrivi al terzo strato, sei finito. Ad ogni modo, il primo e il terzo hanno, se non altro, il merito di parlare chiaro mentre il secondo, forse maggioritario, è quello più insipido e tale da mostrare il lato più triste della democrazia. Insipido perché, un po’ come la “strategia della comprensione” del povero Aldo Moro per l’intervento americano in Vietnam, cerca in ogni modo possibile di evitare la presa di decisioni nette, magari riconoscendo l’inevitabilità di azioni dolorose in termini umani, da una parte e dall’altra.

Un fattore, quest’ultimo, certamente rilevante i cui costi, tuttavia, senza prendere decisioni, vengono solo rinviati. A ben vedere si tratta di una posizione intrinsecamente democristiana che la Democrazia cristiana, da un lato, aveva intuito essere alla base del modo di sentire più diffuso in Italia e che, dall’altro, ha essa stessa contribuito a diffondere non solo in fatto di politica internazionale ma anche, e soprattutto, in economia dove non ha mai preso una posizione chiara, vuoi in termini di sinistra vuoi in termini liberali. Su tutto questo, poi, il pensiero cattolico ha messo il proprio sigillo introducendo l’idea del “dialogo”, presto divenuto un concetto obbligato o, come si dice, politicamente corretto. Peccato che, con la Russia che invade l’Ucraina o con Hamas che fa strage di israeliani, vi sia oggettivamente poco spazio per il dialogo. Anche perché, nel secondo dei due casi, se il dialogo venisse inteso come un primo passo diplomatico esso esigerebbe il riconoscimento reciproco, per il quale non esistono, per ragioni ovvie, nemmeno lontane o ipotetiche premesse.

L’ampio strato di cui stiamo parlando è insomma superficialmente animato dalla generica motivazione del colpo al cerchio e un colpo alla botte nella convinzione che, sempre e comunque, il torto e la ragione vadano distribuite equamente. Una posizione, nel breve periodo, comoda e tale da consentire a chi la sostiene di dormire sonni tranquilli nella persuasione di aver scelto la via più giusta. È però anche una posizione irrimediabilmente ambivalente e anzi tremendamente ambigua attraverso la quale è assai arduo fare politica. O, per meglio dire, rende facile la politichetta del giorno per giorno ma non fa che accumulare grossi problemi per il futuro. Dopo una strage perpetrata e riconosciuta con orgoglio, chiunque chiederebbe una reazione chiara, ben definita e decisa contro il terrorismo, rinviando alla storiografia e alla sociologia l’analisi delle sue cause. Col terrorismo in atto il dialogo e i perché hanno solo il senso, triste e allo stesso tempo illogico, della mancanza di idee portanti chiare, distinte e lungimiranti.

Quando l’Italia, nei decenni andati, ha sofferto tragedie collettive dovute a stragi e omicidi politici, tutti hanno chiesto a gran voce un’azione decisa e tempestiva perché la cosa ci riguardava direttamente e nell’immediato, buttando alle ortiche, comprensibilmente, sia il precetto del dialogo sia l’inclinazione alla distribuzione “equanime” dei meriti e delle colpe. Solo una miopia galoppante e la distanza chilometrica di ciò che sta avvenendo impediscono a troppa gente, oggi, di intuire il pericolo che stiamo correndo e consentono di assumere con sussiego salottiero inutili posizioni nebbiosamente politologiche.

Aggiornato il 31 ottobre 2023 alle ore 09:50