Niklas Luhmann, critico del costruttivismo politico

Sono ormai una quarantina d’anni che leggo Luhmann. Ho letto molto di lui e credo di aver letto le sue opere più importanti, ma non posso certo dire di conoscerlo integralmente. D’altra parte chi potrebbe? In trent’anni di vita accademica Niklas Luhmann ha scritto più di cinquanta monografie e oltre cinquecento articoli scientifici, nel tentativo di mostrare come la sua teoria dei sistemi sociali sia capace di gettare una nuova luce sulla società e la sociologia, certo, ma anche sulla scienza in generale, sull’arte, l’economia, il diritto, la morale, la politica, la religione i mass mediaNon c’è campo del sapere del quale Luhmann non abbia dato la sua versione sistemica. Temerario, dunque, scrivere una monografia sul suo pensiero. E infatti non mi sarei mai azzardato a scriverla se l’Ibl non avesse posto precisi limiti di battute (poche, per fortuna) ai volumi della collana nella quale Luhmann è stato inserito, costringendomi così alla sintesi, alla selezione, a una presentazione degli elementi essenziali del suo pensiero, senza alcuna pretesa esaustiva. Tanto è vero che, chiariti questi ultimi, ossia la distinzione sistema-ambiente, i concetti di senso, doppia contingenza, complessità, autoriferimento, mi sono limitato a mostrarne le implicazioni soltanto per il sistema politico, per la morale e per il sistema religioso.

Pur essendo un grande classico della sociologia, non possiamo certo definire Niklas Luhmann un classico del pensiero liberale. Il suo approccio sistemico, la sua idea di differenziazione funzionale della società implicano, come ho cercato di mostrare nel libro, un superamento del lessico della soggettività, che per molti versi è perfino più radicale di quanto ci viene detto da anni sulla morte dell’uomo dagli strutturalisti alla Foucault. Per Luhmann, la società non è fatta di individui; gli individui appartengono semplicemente all’ambiente dei sistemi sociali. Siamo, insomma, agli antipodi rispetto a qualsiasi forma di individualismo metodologico di stampo liberale, senza che questo significhi, almeno, secondo me, un’inimicizia nei confronti dell’individuo in quanto tale. Abbiamo a che fare piuttosto con una forma di costruttivismo sociale sui generis, del tutto imprevedibile nei suoi esiti, forte soltanto della convinzione che domani le cose staranno in modo differente da come stanno oggi, senza che nessuno possa prevedere come staranno. “Tutto potrebbe essere diverso, ma di fatto non posso mutare quasi nulla”, dice Luhmann in uno scritto del 1969. Si tratta di una posizione che di sicuro può destare qualche perplessità, ma che in ogni caso, direi quasi paradossalmente, è tra le più critiche nei confronti del costruttivismo politico e dell’idea che l’ordine sociale possa configurarsi ancora come l’esito del disegno di qualcuno. Un’idea questa, sia detto per inciso, che non dovrebbe dispiacere ai liberali

(*) Membro del Comitato editoriale di Ibl libri

Aggiornato il 09 ottobre 2023 alle ore 15:31