Le associazioni del mondo immobiliare e turistico Abbav, Aigab, Breve, Confassociazioni Real Estate, Confedilizia, Fare, Fiaip, Host+Host, Host Italia, Myguestfriend, Ospitami, Prolocatur, Property Managers Italia, Rescasa Lombardia, dopo essere state separatamente invitate agli incontri presso il Ministero del Turismo il 23 marzo e il 6 giugno 2023, hanno elaborato congiuntamente un documento contenente talune osservazioni in relazione all’ultima bozza – pervenuta il 6 settembre – del testo del disegno di legge in materia di “locazioni turistiche” e lo hanno inviato oggi al Ministero del Turismo.
Secondo le associazioni scriventi, il testo diffuso è “palesemente mirato – senza alcuna ragionevole motivazione (la finalità indicata al comma 1 dell’articolo 1 non spiega alcunché) – a contrastare la locazione delle abitazioni private. Ciò, attraverso l’introduzione di un numero ingiustificato di divieti, limitazioni, requisiti e obblighi, alcuni dei quali di impossibile applicazione”. Ritengono, inoltre, che si tratti di “un testo fortemente lesivo del diritto di proprietà, profondamente illiberale e in molte sue parti contrario ai principi costituzionali”.
Secondo quanto scritto nel documento, il disegno di legge “determinerebbe due effetti principali: da un lato, un aumento del sommerso; dall’altro, una crescita dei prezzi delle forme di ospitalità alternative, a cominciare da quella di tipo alberghiero. La materia trattata è la locazione, seppur breve, e non un’attività economico-imprenditoriale, come invece, di fatto, si sottintende nell’articolato. Essa, quindi, ha una sua propria disciplina normativa, che consente a qualunque privato cittadino, senza alcuna distinzione (sia che sia un operaio, un libero professionista, un dipendente pubblico, un impiegato, un imprenditore/albergatore ecc.) di poter decidere liberamente come concedere in locazione il proprio o i propri immobili, sia che essi siano stati ereditati, sia che siano stati acquistati con i propri risparmi o ricorrendo ad un mutuo. Pertanto, è bene ribadire che non si tratta di un’attività economica-imprenditoriale ma dell’esercizio di un diritto costituzionalmente garantito: quello di poter dare in locazione un proprio immobile, seppur per periodi brevi, nel rispetto della normativa vigente. Per le ragioni sopra evidenziate, il giudizio delle associazioni scriventi sul testo diffuso – salvo che sull’articolo 3 – è di assoluta contrarietà. E l’invito, conseguentemente, è a ripensarlo totalmente”.
Il documento prosegue con alcune osservazioni specifiche su singole parti del testo. In merito all’articolo 1 si legge: “Il titolo della bozza di disegno di legge è Disciplina delle locazioni di immobili ad uso abitativo per finalità turistiche. Sulla base di questa dicitura, si avrebbe motivo di ritenere che la normativa sia pensata per legiferare in ordine a tale tipologia di locazioni. Sennonché, già l’articolo 1 si incarica di precisare che oggetto del provvedimento sono anche tutte le locazioni di durata fino a trenta giorni, e quindi – a titolo di esempio – anche quelle per esigenze di lavoro, di studio, di assistenza ad infermi, eccetera. Non si comprende, dunque, neppure quale sia l’oggetto dell’iniziativa normativa”.
In riferimento all’articolo 2 scrivono: “Questo articolo – a dispetto della sua rubrica, che parla di Definizioni – contiene due disposizioni precettive, entrambe non condivisibili. La prima è quella presente al comma 3, ove si stabilisce che, a pena di nullità – oltre che di una sanzione fino a 5.000 euro, prevista dal successivo articolo 7 – il contratto di locazione per finalità turistiche non possa avere, nei centri storici delle maggiori città italiane, una durata inferiore a due notti consecutive. Non si comprende quale sia la motivazione alla base di una così grave limitazione del diritto di proprietà. L’articolo 1 indica, quali obiettivi dell’intero disegno di legge, quelli di fornire una disciplina uniforme a livello nazionale nonché di contrastare il fenomeno dell’abusivismo nel settore. Ma il divieto di locare un appartamento per una notte (parametro che, peraltro, non si attaglia alla locazione) non pare rispondere né al primo né al secondo proposito (qualsiasi cosa si intenda per “abusivismo” nel campo delle locazioni). La seconda è quella contenuta al comma 5 che, rendendo ancora più stringente una norma varata sotto il Governo Conte 2 su iniziativa del ministro Franceschini, obbliga ad aprire un’impresa, con tutti i relativi costi e adempimenti, chiunque decida di dare in locazione breve più di due appartamenti. Le scriventi associazioni non ritengono utile e sensato, se non per disincentivare il cittadino a locare per periodi brevi, inasprire una norma già fortemente discutibile, irrazionale e anch’essa di dubbia costituzionalità. È il Codice civile a stabilire, con l’articolo 2082, quando vi siano le condizioni per le quali un cittadino è obbligato a diventare un imprenditore e a ciò si aggiunge la recente risoluzione da parte dell’Agenzia delle entrate del 26.8.2020, che ha spiegato – in applicazione di consolidate regole del diritto civile e del diritto tributario – che la locazione si considera imprenditoriale solo in presenza di fornitura di servizi, impiego di personale dipendente, utilizzo di un ufficio, organizzazione di mezzi e risorse umane, impiego di altri possibili fattori produttivi”.
Relativamente all’articolo 3 commentano: “Nell’apprezzare l’assegnazione di un unico codice identificativo nazionale (Cin) per ogni immobile ad uso abitativo oggetto di locazione per finalità turistiche, in sostituzione dei vari codici identificativi regionali (Cir), si ritiene opportuno, in coerenza con l’ottica della semplificazione e digitalizzazione delle procedure e dell’armonizzazione dei processi, aggiungere un ulteriore comma con il quale si specifichi normativamente come il previsto inserimento nella banca dati nazionale dei dati e delle informazioni relative alla locazione, debba sostituire tutti i ripetuti identici adempimenti attualmente richiesti dalle altre banche dati (Questura, Regione, Comune, Agenzia delle entrate ecc.). Sarà la banca dati nazionale a condividere digitalmente tali informazioni con le altre banche dati in piena linea e coerenza con l’articolo 43 del D.P.R. 28.12.2000 n. 445 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa) che testualmente recita: Le amministrazioni pubbliche sono tenute ad acquisire d’ufficio tutti i dati e i documenti che siano in possesso delle pubbliche amministrazioni...”.
Per quel che concerne l’articolo 4, scrivono: “La disposizione in questione è senza precedenti. Ponendosi in contrasto con secoli di civiltà giuridica – oltre che con la Costituzione italiana – si vorrebbe condizionare l’esercizio di un diritto reale al possesso di requisiti soggettivi, consistenti nel non aver subìto alcune misure di carattere penale. La si respinge in toto”.
Infine, concludono con l’analisi dell’articolo 5: “La norma in questione stabilisce che chiunque conceda in locazione un appartamento per finalità turistiche – quindi anche chi lo faccia per poche settimane all’anno con un’abitazione normalmente tenuta a propria disposizione – debba trasformare casa propria in una sorta di simil-hotel, inserendo dispositivi, attrezzature, avvisi e istruzioni tipici delle strutture alberghiere, e sottoponendosi a ingenti spese per corsi, controlli e adempimenti burocratici di varia natura. La finalità, evidente, è il disincentivo a locare. Come è facile comprendere, infatti, quasi tutti questi adempimenti sarebbero impossibili da rispettare nelle abitazioni, mentre altri lo sarebbero ma al costo di deturparle”.
Aggiornato il 21 settembre 2023 alle ore 13:48