La storia di “G.”: le metà del Global

Chi è “G.”? Tutto e nulla, geopoliticamente parlando. Perché, se si parla di “G20” allora vi si possono ritrovare in uno sterile abbraccio tra cari nemici il Global South e il Global West (cioè, noi occidentali in quest’ultimo caso), sempre più separati e divisi tra di loro. Si legga in merito il testo della dichiarazione congiunta dell’ultimo vertice di Delhi, pari a un triplo salto mortale per non dire che la Russia è la responsabile dell’invasione dell’Ucraina. Poi, molto dipende da chi convoca le danze sul momento. Se, come è accaduto di recente, il padrone di casa risiede nella capitale dell’India del premierato autocratico e si chiama Narendra Modi, allora potete scommettere che la politica gaullista della famigerata “Chaise vide” (che portò drammaticamente alla rinuncia dell’Europa comune di difesa, come si spera che ricordi il giovane Emmanuel Macron) sarà puntualmente praticata dalla Cina di Xi Jinping. Un po’ perché, come è giusto, le Nazioni, per quanto grandi siano, sono dispettose come i piccoli cristiani. Un po’ perché conta moltissimo in questi casi il detto “mi notano di più se vado o se non vado?”, dietro il quale però sotto al tavolo si nascondono grandi rivalità secolari tra le due più popolose e nuclearizzate potenze asiatiche, che da sole assommano a tre miliardi di anime divise equamente per metà ciascuna. Malgrado che questi nebulosi consessi parziali tra Stati siano di fatto ingestibili, rimangono tuttavia il migliore modo per tentare un dialogo tra persone che si detestano ma che, grazie alla globalizzazione, sono in qualche modo costrette a parlarsi su alcuni comuni denominatori geopolitici, economici e di sicurezza.  

Oggi è impensabile poter fare da soli (vedi per noi l’immenso problema della gestione delle migrazioni irregolari), dato che l’economia delle catene mondiali di valore non è reversibile, almeno nel medio periodo. La questione vera, quindi, non è che cosa fare del G20 (oggi col segno “+” visto che lo intende allargare ad altri soggetti come l’Unione Africana), ma come gestirlo nel miglior modo costruttivo possibile. In tal senso, un serio indicatore del conflitto globale in essere è l’assenza contemporanea all’ultimo vertice di Vladimir Putin e di Xi Jinping. Da parte di Pechino, che eccelle in astuzia diplomatica, c’è anche il fatto che la Cina giganteggia con la sua leadership riconosciuta in altri conglomerati ultranazionali come i “Brics” (in cui si ritrovano Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa, anche loro in procinto di divenire “+”), e non ama sentirsi alla pari con nessuno, esclusi forse gli Stati Uniti. Anche i Brics saranno presto allargati su impulso della Cina stessa a Paesi autocratici e dispostici come Iran, Arabia Saudita (per questi due arci-nemici Pechino è riuscito di recente nell’impresa di un riavvicinamento tra di loro!), Emirati Arabi Uniti, Egitto, Etiopia e Argentina. Del resto, il testo concordato del comunicato di Delhi del G20 è quanto di più inutilmente universalista si possa pensare, dato che dentro vi è proprio di tutto, nel senso di molte buone intenzioni che tutti i loro firmatari sanno che non manterranno mai.

Perché il vero valore universale che accomuna i loro partecipanti è l’Ipocrisia! Ovvero, i vari leader coinvolti non credono a quello che promettono! Tipo: la tolleranza zero verso la corruzione. Infatti, Russia, India e Cina ne sono letteralmente devastati, grazie alle loro burocrazie onnipresenti e totalitarie, che hanno il record mondiale dell’inefficienza amministrativa e della gigantesca pletoricità dei loro organici. Per non parlare di quell’altro mantra sulla parità di genere che, infatti, è particolarmente gradita e praticata da Stati fondamentalisti come l’Arabia Saudita, rispettatissimo e corteggiatissimo membro del G20! Certo, volendo fare i filosofi a spasso, è pur vero che l’ipocrisia è il pedaggio da pagare per raggiungere la virtù, ma qui davvero si esagera!

I proverbi, infatti, non sono di nessun conforto quando è necessario affrontare problemi enormi e molto seri per tutto il mondo, come il riscaldamento globale o la combinazione di due micidiali fattori, come la povertà diffusa coniugata al peso di ingestibili oneri gravanti sul servizio del debito dei Paesi più poveri e in via di sviluppo. Difficile per i creditori internazionali rimettere i debiti dei miserabili, se poi si vanno a prosciugare tutti i vitali investimenti esteri. Del resto, che cosa vuol dire la comune asserzione per cui le centinaia di miliardi necessari alla conversione green e i necessari trasferimenti di know-how tecnologico saranno individuati “in base ad accordi volontari di mutuo consenso”? Il senso pratico è chiarissimo: non se ne farà nulla!

Ma anche se accadesse un vero miracolo, per cui effettivamente si rendessero disponibili non pochi miliardi di dollari da investire nei Paesi in sviluppo, come impiegarli, dato che questi non dispongono del necessario capitale umano, privi come sono di know-how per rendere proficui tali investimenti? Occorrerebbe ben altro sforzo preliminare per modificare la governance e le modalità di voto all’interno di importanti istituzioni bancarie, come il Fondo monetario internazionale e la Banca mondiale e, prima o poi, Sud e Nord del mondo dovranno pur trovare un accordo prima che sia tutto troppo tardi. Sia il “G20” sia i “Brics” sono i protagonisti di uno stesso scenario, che vale la pena di ribadire ancora una volta: l’Occidente non è più il motore del mondo e, come avvenne tra Sparta e Atene, ci sono molti Paesi emergenti che rifiutano drasticamente il suo ordine mondiale, fondato su valori universali che tutto sono fuorché tali a loro giudizio, in quanto prevaricano le identità nazionali e non tengono conto delle scelte autonome dei popoli.

La guerra in Ucraina e la mancata condanna della Russia da parte di moltissime potenze grandi e piccole di tutti i Continenti stanno inviando un segnale chiarissimo al Global West: vogliamo depotenziare in ogni modo il monopolio sul mondo di Voi Paesi ricchi e viziati, magari trovando prima o poi la quadra sulla moneta alternativa al dollaro, per sostenere gli scambi internazionali. Il bello è che tutti questi soggetti multilaterali vogliono la stessa cosa a danno dell’Occidente: dominare le istituzioni internazionali sul piano economico e finanziario, sulla spinta di un profondo e insanabile risentimento verso le ex potenze coloniali o imperialiste. Altro che ideologia “woke” e “politically correct”! Qui siamo nelle guerre globali a tutto campo e noi, al solito, pensiamo di affrontarle con i fiori nei nostri cannoni! Siamo morti, ancora prima di combattere e di accorgercene!

Aggiornato il 20 settembre 2023 alle ore 09:22