Governo Meloni per i giovani, scuola e carcere

Il Governo Meloni fa sul serio. Dopo la visita della premier a Caivano è seguito un blitz delle forze dell’ordine: 400 uomini tra carabinieri, polizia e Guardia di finanza, che hanno controllato appartamenti, decine di persone e “smantellato” le piazze di spaccio. Giorgia Meloni lo aveva promesso, dopo il grave atto ai danni delle due cuginette minorenni al centro sportivo abbandonato: “Bonificare”.

E la stretta sulle baby gang prosegue con il provvedimento sul tavolo del Consiglio dei ministri, che prevede misure stringenti e mai adottate: Daspo urbano (allontanamento) e ammonimento del Questore sotto i 14 anni, soprattutto se giovanissimi in possesso di armi e di stupefacenti. A pagare saranno anche i genitori che non hanno svolto le loro funzioni di controllo e tutela sia nei reati e sia nella frequenza scolastica. Multe salate, si arriva anche a mille euro.

Per la mancata frequenza scolastica, visto l’alto numero di abbandoni, è previsto addirittura l’arresto e la detenzione fino a 2 anni. Oltre alla perdita dei diritti all’assegno di inclusione. Per i minori colti in flagranza sono previste misure di reinserimento e lavori sociali. Ma il provvedimento che più sta facendo discutere è “il divieto all’uso dei cellulari” e “la messa al bando dai social”.

Una volta si diceva “libro e moschetto”, oggi Giorgia Meloni trasferisce la sua area politica e culturale sul piano smarrito e devastato dell’educazione scolastica e famigliare. L’emergenza giovani è una piaga sempre più grande, rispetto a cui la sinistra ha perso il controllo nella illusoria convinzione di coniugare diritti estremi ed emancipazioni di genere con il piano dell’etica e della formazione. Il risultato è una devastante caduta dell’educazione morale, del rispetto materiale, della maturità intellettuale, che si è abbattuta sul pianeta giovanile traducendosi in cronaca nera, reati sempre più macabri, consumo di droghe impressionante e sotto la soglia dei diciotto anni, violenza, barbarie e uno spaventoso livello di deficienza intellettuale.

Giorni fa parlando con uno psichiatra milanese, esperto in disagio giovanile, mi spiegava turbato che l’aumento dei disturbi della personalità riguarda quasi tutti i ragazzi e ragazze. E, a suo parere, non sono tanto la politica e il sociale il problema, ma il ruolo inadeguato dei genitori e l’inesistenza della famiglia come cardine e puntello. Per forza, oggi i ragazzi non pensano a formarsi una famiglia, ma a scoprire se sono omosessuali, se possono essere omosessuali, a inserire le droghe come abitudine, lo spinello d’elezione poi il resto, e più che pensare a studiare mirano alle variazioni di genere propagandate come marche alla moda. Risultato: disturbi della personalità e serial killer. Perché diventare “un serial killer” equivale a fama e successo. Di chi è la colpa?

Ha fatto bene Giorgia Meloni a puntare sulla “punizione più cocente, quella che insegnanti, famiglie, soprattutto genitori incapaci (una insegnante in un video virale urla “scrivetevi vergogna davanti e di dietro”), anche tanti educatori, non sanno più impartire. Se non il divieto assoluto, necessario in alcuni casi, s’impone “la gestione virtuosadi cellulari e supporti digitali, che rappresentano il nuovo traguardo epocale. Per ora siamo al centro di un fallimento madornale, poiché il digitale si configura sempre più spesso come la causa dei comportamenti sregolati e violenti di ragazzi e ragazze.

Non c’è adolescente, addirittura bambino, che non passi la giornata “attaccato” al suo telefonino. Sanno tutto, vedono tutto, anche se non sono direttamente sui social (quei pochi, perché molti già a sei anni scorrazzano sulla rete), di fronte a padri e madri, a nonni e zie, completamente indifferenti. Davanti a questo baratro cosa ha fatto Giorgia Meloni? “Chi sbaglia, via il telefonino”, ha intimato. Se non ci pensano mamma e papà, ci pensa la premier. E ha ragione. Purtroppo, la rete italiana è lo specchio rovesciato della decadenza civile e morale di una società allo sbando. Ciò che interessa al pubblico italiano è lo scandalo, soprattutto se sessuale ed economico. Sesso e soldi.

A pagare l’irresponsabilità e la mancata emancipazione digitale sono i giovani e i giovanissimi, ma le responsabilità sono in alto. Sono in quella parte dell’editoria e dell’informazione che ha scelto elettivamente i “cold case” per fare audience e cassetta, rilanciando una galleria di mostri e di orchi, di vittime e di martoriate, di gialli e di investigazioni, che hanno creato un genere e un business. I giovani hanno capito che oggi per avere successo non serve studiare, imparare le lingue e laurearsi. Serve uccidere. E dal giorno dopo sei sparato su tutti i media, passi dal nulla ad avere un posto di “tutto pregio” nella società. Certo, ergastoli a gogò, punizioni come unico linguaggio e una volta questo era il terreno di battaglia della sinistra, il garantismo, ma oggi le restrizioni sono considerate necessarie.

Purtroppo il femminismo e il progressismo, e quella marea di presunte e presunti emancipati che credono di aver rotto i cordoni con il passato, si nascondono ed evitano il confronto pur di non cedere. Perché non basteranno punizioni, galera e perfino lo spauracchio della castrazione chimica al primo cenno. La fine di tutto questo è culturale, non passa soltanto per la messa al bando del computer, dei social e del cellulare, ma per il rifiorire della cultura dilaniata dalla cancel culture e dal politicamente corretto. E quando si dice “italiana” bisogna pensare ai tanti stranieri che hanno invaso il Paese, che succhiano risorse in modo impressionante e che costituiscono la piaga nella piaga, sia per i legami con l’illegalità di origine e sia per l’impossibilità di una integrazione corretta. 

Giorni fa presentando a Venezia la sua sognante ed emozionante collezione, “One Night Only”, Giorgio Armani, una delle star della nostra industria del lusso e della moda, si è scagliato contro “questa Italia sempre più volgare”. A modo suo. Ha raccontato di aver visto una signora di età che cercava di scattare un selfie. Si è fermato e si è concesso, spiegando che questo interesse lo faceva sentire ripagato di tanti sacrifici. Poi rivolto ai giovani, con le lacrime, ha detto “tornate a sognare un mondo pulito”, incoraggiando noi adulti a lasciare un pianeta possibile.

Lo stesso è accaduto a Brunello Cucinelli, il mago della lana che a Solomeo, in Umbria, ha creato un polo produttivo e culturale modello internazionale. Per festeggiare i suoi settant’anni di attività ha riunito 600 ospiti da tutto il mondo e al momento dei discorsi ha parlato della generazione odierna, diversa da quella delle Due Guerre, “fatta di ragazzi non marginalizzati, non ignoranti, non cresciuti in situazioni di apparente degrado che però uccidono a calci una capretta o quelli che ritengono lecito correre a 150 chilometri all’ora su strade cittadine e sfidare la morte, si intende degli altri, per un filmatino su TikTok”.

La ricetta, secondo Armani e secondo Cucinelli, è coniugare la “sostenibilità culturale e morale” con “la sostenibilità economica e tecnologica” partendo dai giornali, che i giovani non leggono, e dai genitori, che ritengono il successo una leva per esercitare la sopraffazione e la insegnano ai propri figli fin dalle prime partitelle sul campetto di calcio.

Se la cultura popolare si nutre di televisione e di serie, abbiamo trent’anni di volgarità da scontare”, ha notato Cucinelli, sottolineando come il nuovo corso impresso da Pier Silvio Berlusconi a Mediaset sembra voler sgominare l’intrattenimento fatto di Gomorre e di Suburre, per nuovi modelli.

E quando Armani dice di “guardare al mondo con meraviglia” evoca un’innocenza e una limpidezza di sguardo quasi incompatibili con l’ambiente minuziosamente cattivo, dettagliatamente feroce in cui siamo immersi. Basta con gli uomini neri, ci vuole il talento.

Aggiornato il 07 settembre 2023 alle ore 15:57