La standing ovation di Uggetti a Cesena

Venerdì scorso, alla manifestazione/convention di “Energia popolare” a Cesena dove le due anime maggioritarie del Partito Democratico si confrontano, si pesano, si lanciano “messaggi”, tra una Elly Schlein che propone “unità”, uno Stefano Bonaccini che farà sapere a che condizioni, e Romano Prodi che spiegherà “se” e “come”, interviene l’ex sindaco di Lodi, Simone Uggetti, travolto da un’inchiesta e poi assolto dopo sette anni di processi. Le cronache degli inviati raccontano che è stato accolto da “una vera standing ovation”, i suoi affondi da scroscianti battimani.

A parte il non secondario fatto che quando Uggetti si è trovato al centro del ciclone giudiziario, poi auto-liquidatosi con la formula “il fatto non sussiste”, pochissimi nel Pd lo hanno difeso, l’unica sponda e sostegno politico sono arrivati dal Partito Radicale. Quello che qui importa e interessa, però, è il contenuto dell’intervento accolto dalla “standing ovation”: “Sulla giustizia il Pd ha una subalternità culturale che non mi piace. Quando i magistrati sbagliano, bisogna avere il coraggio di dirlo”.

Il coraggio di dirlo, il coraggio di fare qualcosa. Questo coraggio il Pd non l’ha avuto, non ce l’ha. Quando Schlein, Bonaccini, tutti gli altri dirigenti ed esponenti del Partito Democratico questo coraggio di dire e di fare si decideranno ad averlo? Perché, alla fine, non solo il succo dell’intervento di Uggetti, ma la vera carne della questione è questa: la subalternità culturale e politica del Pd. La sua incapacità di dire e fare qualcosa, perché anche in questo Paese l’Amministrazione della giustizia finalmente cominci a essere compatibile e coerente con il diritto concepito da Verri, Beccaria, Calamandrei. Quel patrimonio di cui ci si vanta di essere culla ed eredi.

Aggiornato il 24 luglio 2023 alle ore 11:57