Lavoro povero e salario ricco

La sinistra e i suoi riluttanti alleati pentastellati sanno solo fare “politica”, chiedendo più spesa pubblica e di conseguenza sempre più imposte. Come se non esistessero i vincoli di bilancio esterni – “Patto di stabilità” – e interni previsti dall’articolo 81 della Costituzione, che recita: “Lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle favorevoli del ciclo economico”.

Secondo loro, per rispettare i vincoli di bilancio occorre operare sul lato della crescita delle imposte e non sul contenimento delle spese. Non si rendono conto che c’è un limite oltre il quale il carico fiscale è insostenibile e antieconomico per le imprese.

Il nuovo tormentone messo in campo dalle opposizioni è la richiesta reiterata di tassare gli extra profitti che hanno realizzato le grandi aziende del settore energetico e, in ultimo, le banche che – grazie all’aumento dei tassi d’interesse – hanno incrementato i loro ricavi. Una sana e corretta gestione di qualsiasi impresa deve prevedere accantonamenti a riserve nei periodi di “vacche grasse”, per attingere alle risorse accantonate nei periodi più critici per l’economia, in generale, e per il settore in cui operano, in particolare.

Le aziende non possono alzare i prezzi senza rischiare di essere espulse dal mercato dalle imprese concorrenti. Il profitto per le imprese, in una economia di mercato, è sacro. Le imprese che producono utili sono aziende sane, che contribuiscono con il pagamento delle imposte a sostenere le spese dello Stato. Creano occupazione e versano per i loro dipendenti le imposte e i contributi sociali, in quanto sostituti d’imposta.

Le opposizioni, divise su tutto, sono riuscite a trovare l’unità sulla proposta del “salario minimo imposto per legge”. È l’antica ma sempreverde richiesta del sindacato più ortodosso che ha puntualmente coltivato il principio che il salario è una variabile indipendente. Il riferimento all’articolo 36 della Costituzione parla chiaro: “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”.

La Costituzione “più bella del mondo” non prevede una remunerazione minima stabilita per legge. Infatti, l’articolo 39 della Carta indica che “i sindacati registrati hanno personalità giuridica. Possono, rappresentati unitariamente in proporzione ai loro iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce”.

Pertanto, sono le parti sociali che devono determinare quale sia il giusto compenso del lavoratore. I rappresentanti delle categorie dei datori di lavoro sottoscriveranno il contratto collettivo solo se sostenibile dal punto di vista economico. In verità, ci sono aree del Paese dove il lavoratore riesce a ottenere remunerazioni superiori a quelle previste dai contratti collettivi nazionali attraverso la negoziazione di secondo livello, messa in conto dai contratti integrativi aziendali.

Ci sono, invece, zone del Sud dove la bassa competitività non consente alle imprese di sostenere il peso dei contratti collettivi. Purtroppo, il costo del lavoro non è una variabile indipendente dell’economia! La conquista di una retribuzione dignitosa passa per una qualificazione delle prestazioni di lavoro. Il lavoro povero riguarda chi svolge mansioni che non necessitano di specifiche competenze. Abilità lavorative che si possono acquisire con il sacrificio dell’apprendistato.

Non è vero che alle aziende servano solo laureati o diplomati ma anche lavoratori manuali, che abbiano imparato un mestiere. L’Italia vanta la seconda manifattura d’Europa che, nel 2022, ha esportato nel mondo prodotti d’eccellenza per oltre 600 miliardi di euro. Servono persone che manu facere (che sappiano fare con le mani). Il “lavoro ricco” si conquista con la volontà di apprendere e non può essere imposto per legge!

Aggiornato il 21 luglio 2023 alle ore 10:05