L’ambientalismo contro le terre rare

Le terre rare sono indispensabili per le energie alternative, l’Unione europea chiede di riaprire le miniere, ma gli ambientalisti sono contrari, pur volendo la transizione energetica: una contraddizione micidiale. Come liberare l’opinione pubblica dal controllo di parte?

La botte piena e la moglie ubriaca non si possono avere: senza terre rare non ci può essere conversione verso le energie rinnovabili, dato che le batterie delle auto elettriche non funzionano senza quei minerali, così come non vanno i pannelli fotovoltaici, le pompe di calore, quasi tutti gli elettrodomestici e i dispositivi digitali che utilizziamo ogni minuto. L’Italia possiede il giacimento di titanio più grande d’Europa, e nel Levante ligure, in Toscana e sulle Alpi ha numerose miniere abbandonate in cui sono presenti le terre rare, ovvero il petrolio del Duemila, mentre la Cina come l’Opec degli anni Settanta gioca da strozzina e ricattatrice ai nostri danni, come è avvenuto per il gas russo. Ecco perché l’Europa ci chiede di riaprire le miniere chiuse negli anni Novanta, e perché Germania (e Francia) stanno già pensando di utilizzare il giacimento del Reno, dove sono presenti molte terre rare.

L’Italia possiede 16 delle 34 materie prime critiche ritenute strategiche dall’Unione europea, e sta creando una mappa che includerà tutte le aree di scavo potenziale. Nel frattempo, l’Europa e l’Italia stanno accordandosi con Africa e America Latina per ottenere dall’estero i minerali necessari alla transizione energetica, vedi l’incontro tra i leader europei coi loro omologhi latinoamericani di questi giorni, e vedi il summit in Tunisia, cui ne seguiranno altri. Ma in America Latina (per demerito del presidente brasiliano Luiz Inácio Lula) come in Africa la presenza della Cina (col braccio armato russo) ha pesantemente inquinato il clima politico, garantendo a Pechino il controllo di risorse fondamentali, dall’uranio al litio, dal petrolio ai minerali critici.

Ci sono infine le Amministrazioni locali, incatenate da opinioni pubbliche i cui slogan sono dettati dal populismo fin dai tempi di Giulio Cesare: un paio di anni fa i sindaci del Tigullio, area probabilmente ricca di terre rare, hanno respinto anche la richiesta di un “survey” di una compagnia mineraria australiana. Uno studio geologico che era nel loro stesso interesse, dato che così potevano ottenere dati importanti e gratuiti sul loro territorio. Per dire, nella Val Petronio vi sono affioramenti di oro, e a Libiola (Sestri Levante) vi è la miniera di rame più antica d’Europa, utilizzata dalla preistoria, poi utilizzata dalla Libiola copper mining company fino al 1957. Tra l’altro, gli inglesi dettero vita vicino alla miniera a uno dei primi campi da calcio realizzati in Italia.

Si veda, inoltre, la dura contestazione nell’area del parco del Beigua, in provincia di Savona, dove sono fioriti comitati che hanno delle ragioni, in quanto il giacimento si trova all’interno di un parco regionale. E perché il titanio è – tra i minerali critici – uno dei più diffusi. Qui si mette a nudo il nodo fondamentale, la palla al piede di ogni dibattito pubblico e discussione politica: l’assenza (voluta) di ogni criterio logico-scientifico.

Del ponte di Messina si parla da duemila anni. Quello tra la Svezia e la Danimarca è stato realizzato in un lampo, mentre a Istanbul vi sono diversi ponti sul Bosforo e strade sotto il mare che hanno resistito al recente e devastante terremoto. Occorre uscire dalle divisioni governate da opinioni ingurgitate senza intelligenza (“non i fatti ma le opinioni muovono gli uomini”, scriveva Epitteto millenni fa). Le masse sono governate più dalla macumba che dalla medicina, e dalla politica dei demagoghi più che dalla scienza.

La soluzione sarebbe affidare a un Comitato scientifico apolitico la valutazione di impatto ambientale di ogni tipologia di miniera. Poi si dovrebbe diffondere (così da combattere il culto web-televisivo per il dio Ignoranza) un’analisi geopolitica che faccia capire cosa significherebbe l’indipendenza energetica nel settore delle rinnovabili; inoltre serve una comunicazione che faccia capire, una volta per tutte, che nulla è gratuito e che le stesse energie rinnovabili hanno un prezzo e un costo ambientale.

IL NODO DELLA COMUNICAZIONE NON PERSUASIVA

Partiamo da un enunciato molto utile: “Oggi le risposte arrivano sempre prima delle domande”. Non si fa più in tempo a formulare un “perché”. Pertanto, se non puoi farti domande e sei un adolescente, non sarai quasi più in grado di darti risposte. Dovrai comprarle alla fiera delle bufale che non fanno latte ma mozzarelle già pronte. Quindi, prima di ogni ragionamento, ci si deve svuotare di idee succhiasangue come zecche mentali e fare una tabula rasa.

Il ricercatore Joe Casini, che gestisce l’interessante podcast e newsletter Mondo Complesso, cita il caso dell’antropologo italiano Luca Jourdan che vent’anni fa decise di recarsi nella regione del Nord Kivu, nella Repubblica Democratica del Congo, per studiare il fenomeno dei bambini soldato e dei bambini che lavorano nelle miniere di Coltan, un composto di terre rare che utilizziamo tutti, ambientalisti inclusi. Jourdan partì con lo spirito di aiutare una popolazione che dalla metà degli anni Novanta aveva subito una guerra civile che aveva devastato territorio, economia e società.

Lo stesso è successo a molti viaggiatori veri, non quelli che vanno nell’hotel di Timbuktu per mangiare ciò che mangerebbero sotto casa e dove al più incontreranno una coppietta di avventurosi giovani di Voghera. Un viaggiatore che si arrischia di conoscere la “realtàsociale e la vita di un territorio non industrializzato si rende conto in un lampo che il nostro concetto di infanzia non corrisponde a quello in uso in Etiopia o nel Mali.

Jourdan tornò in Italia con un cambiamento totale: ciò che prima gli sembrava giusto e buono, ora gli suonava falso come una campana di stagnola. Era uscito dall’antropologia estetizzante e orientalista alla Rousseau, alla Lévi-Strauss, alla Discovery channel o alla Disney channel (capisco che passare da Rousseau a Disney channel sia avvilente, comunque ma è così: siamo culturalmente a pezzi). Ciò non significa che l’infibulazione femminile sia cosa commendevole. Parliamo di una presa di realtà non ideologica e non alla Bella Addormentata nel bosco.

COSA È VERITÀ

Solo in guerra esiste una verità “vera”, perché si è obbligati a scegliere da che parte stare tra chi ha (più) ragione e chi ha (più) torto. Quanto al resto i fatti non sono veri o falsi, ma semplici o complessi. La realtà e la verità invece sono sempre complesse (tranne che nella religione, ma si noti bene: quando Ponzio Pilato rivolge a Gesù Cristo la domanda “cosa è Verità”, il Messia non risponde, quindi forse la verità consiste nel “Silenzio”, nell’assenza di asserzioni, nella meditazione intuitiva e condivisa). Non comprate mai verità semplici!

Joe Casini ricorda anche un’operazione di sabotaggio culturale organizzata dai cosiddetti Yes Men, un gruppo di artisti-attivisti ispirati da Guy Debord che realizzò un sito parodistico molto simile a quello della World Trade Organization ma pieno di affermazioni critiche verso la stessa organizzazione. Il progetto ebbe così successo che gli Yes Men furono invitati a intervenire a numerose conferenze in giro per il mondo in qualità di speaker del Wto! L’idea degli Yes Men era quella di minare la verità condivisa per destrutturarla e far capire che la verità non può essere monolitica. Quel che sembra vero, buono o giusto spesso non lo è, o non lo è necessariamente.

Questo non significa fare del relativismo culturale, che è cosa ben diversa. “Se tutti mentissimo il gruppo sociale si sfalderebbe e comincerebbe la guerra di tutti contro tutti. La verità condivisa dunque è la base per la risoluzione dei conflitti, ma essa deve essere complessa e comprendere i punti di vista di tutti gli attori coinvolti”, aggiunge Casini. “… Significa che su questioni profonde tutto è vero e tutto è contemporaneamente anche falso? In parte forse sì. Ma è una paura necessaria per arrivare a una verità condivisa (che sintetizzi dialetticamente le idee e le opinioni ritenute non dannose) e così costruire una società più complessa e pertanto più solida e resiliente”.

Aggiornato il 20 luglio 2023 alle ore 12:31