Riforma Giustizia: se non ora, quando?

Le riforme auspicate e annunciate dal ministro Carlo Nordio non sono certo la panacea dei tantissimi mali che opprimono l’amministrazione della giustizia in Italia. Sono un “minimo sindacale” nella giusta direzione. Eppure anche solo a parlarne, accennarne, auspicare una discussione, un confronto, un dibattito, ecco che si mobilita e si scatena l’Associazione Nazionale dei Magistrati, timorosa di perdere i suoi strapoteri corporativi e di casta, e con lei la stampa fiancheggiatrice.

Per tornare a Nordio: il ministro della Giustizia ha parecchi avversari e nemici; i più insidiosi, i più pericolosi, oltre alla citata magistratura associata e stampa compiacente, sono molti che sulla carta dovrebbero sostenerlo e aiutarlo. Le palle al piede più pericolose e paralizzanti alle pur tiepide riforme annunciate da Nordio vengono non tanto dalle opposizioni, quanto da esponenti di primo piano di quei partiti della coalizione di cui Nordio fa parte.

La questione per quanti credono in uno Stato di diritto, liberale e mite, nell’amministrazione di una giustizia finalmente giusta, è: come aiutare Nordio nel suo difficile e ostacolato compito.

Al di là delle riflessioni di chi scrive, è sintomatico un editoriale pubblicato ieri da Huffington Post da Pierluigi Battista. Una nota breve e succosa: “Ora o mai più. Se neanche stavolta è impossibile riformare la giustizia in senso garantista e rispettoso dello Stato di diritto sfigurato da decenni di deformazioni forcaiole, vuol dire che il malato è irrecuperabile. Ci sarebbero tutte le ragioni per essere ottimisti. C’è un ministro liberale che ha sempre fatto del garantismo la sua cornice ideale, anche da magistrato. Ci sono forze dell’opposizione favorevoli alle riforme. Una parte dei sindaci del Pd è addirittura favorevole all’abolizione del reato d’abuso d’ufficio dopo una quantità sterminata di assoluzioni. La credibilità del fronte giustizialista è fortemente minata dai casi Palamara e Davigo. Eppure. Eppure rischia di arenarsi una legge che metta un argine alla barbarie delle intercettazioni messe in scena dai giornali, una condanna eseguita ben prima che si svolga un regolare processo. Rischia di arenarsi la legge sull’abuso di ufficio che crea solo paralisi nelle amministrazioni cittadine terrorizzate dal mettere una firma per non finire stritolate nel Moloch giudiziario. Rischia di arenarsi la separazione delle carriere tra pubblici ministeri e giudici, che allineerebbe l’Italia alla civiltà giuridica di molti Paesi europei. Rischia di affondare anche l’assurdo di un reato che non esiste come “il concorso esterno in associazione mafiosa”.

E tutto perché il sindacato dei magistrati onnipotenti fa la voce grossa. Se salta tutto, ministro Nordio, si perde un’occasione storica. Ora o mai più. Temo mai più. Stato di diritto adieu”.

Aggiornato il 20 luglio 2023 alle ore 10:52