La via referendaria per una legge elettorale costituzionale

L’Associazione ex parlamentari della Repubblica ha formato un gruppo di lavoro, coordinato dall’ex senatore liberale Enzo Palumbo e dall’ex deputato Ds, onorevole Alfiero Grandi, per valutare la possibilità di un referendum parzialmente abrogativo dell’attuale legge elettorale, che sottrae ai cittadini il diritto di scegliere i parlamentari in termini che appaiono in contrasto coi dettami costituzionali. Qui di seguito la motivazione e la proposta di Palumbo e Grandi, su cui sarebbe opportuno che si aprisse nel Paese un grande dibattito al cospetto dell’opinione pubblica.

L’attuale legge elettorale (il c.d. Rosatellum) è una legge criticata universalmente perché non consente ai cittadini di scegliere liberamente i propri rappresentanti in Parlamento, dove invece vige la nomina dall’alto; e ciò. tra l’altro, ha finito per bloccare anche le più banali correzioni a una normativa chiaramente incostituzionale, che limita fortemente la libertà di scelta dei cittadini; da qui la necessità di promuovere un referendum per poter modificare questa la legge elettorale, provando a eliminare i più significativi elementi distorsivi della volontà popolare, e così potendo dare vita a quella nuova legge che il parlamento non riesce a fare.

Un’iniziativa referendaria per arrivare a una nuova legge elettorale trova infatti fondamento in una situazione di sostanziale blocco dell’iniziativa parlamentare che impedisce di trovare le condizioni culturali, politiche e di convergenza parlamentare nell’interesse generale del rilancio della partecipazione delle elettrici e degli elettori per rivitalizzare la democrazia e la partecipazione nel nostro Paese.

Premessa necessaria è ottenere che la nuova normativa di legge – che consente di raccogliere le firme non solo con i moduli cartacei ma anche on-line – venga attuata. Allo stato dei fatti la piattaforma informatica pubblica che dovrebbe garantire gratuitamente la raccolta delle firme on line per i referendum e le leggi d’iniziativa popolare non funziona (è in “manutenzione” da quasi un anno e non ha mai funzionato) e la sua attivazione non si prospetta prossima, essendo stata di recente ulteriormente ritardata per consentire al  Ministero della Giustizia di prenderne in carico la gestione, secondo quanto dichiarato dall’on. Wanda Ferro, Sottosegretaria all’Interno, in risposta a un’interpellanza dell’onorevole Riccardo Magi nel corso del question time del 17 marzo.

Si tratta di un ritardo inammissibile, perché rende di fatto inutilizzabile la Legge che pure c’è, e per raccogliere le firme occorrerebbe ricorrere a privati con un onere che, in particolare per la numerosità delle firme per i referendum, è eccessivo e di fatto consente l’utilizzabilità della raccolta delle firme on line solo a chi ha rilevanti fondi a disposizione.

In questa situazione, finirà per esaurirsi lo spazio temporale del 2023 utilizzabile al fine (il termine per presentare le firme scade il 30 settembre), per cui la prospettiva che ci si presenta è comunque quella di differire l’iniziativa all’anno prossimo.

Occorre quindi che l’Associazione prenda un’iniziativa formale verso i capigruppo di Camera e Senato e verso lo stesso Governo per ottenere che il sito entri in funzione prima possibile attuando pienamente la norma di legge (art. 38-quater del DL 77-2021, modificativo dell’art. 1, comma 341, della L. 178-2020).

È comunque opportuno che un’iniziativa referendaria di tale importanza venga promossa da uno schieramento ampio di personalità (costituzionalisti, giuristi, opinionisti, ecc.) e di associazioni e politiche e fondazioni culturali, piuttosto che dall’Associazione in quanto tale, per evitare che l’iniziativa assuma il significato di uno scontro tra “parlamentari cessati dal mandato” e “parlamentari in carica”, questi ultimi ritenuti (forse non a torto), non intenzionati o non in grado di riformare la legge elettorale.

Un ampio schieramento di sostegno è quindi necessario se si vuole conseguire un risultato positivo, essendo per altro possibile che una tale iniziativa finisca per indurre il Parlamento a modificare la legge proprio per evitare il referendum. Ne consegue che il Comitato Promotore non dovrebbe coincidere con l’Associazione che tuttavia potrà parteciparvi con suoi esponenti qualificati e dovrebbe coinvolgere le migliori espressioni della società civile e delle Fondazioni che s’ispirano alle tradizionali culture politiche europee. In ogni caso è bene che la discussione si svolga in modo da comprendere qual è l’orientamento complessivo dell’Associazione, e in particolare se può e vuole essere protagonista, sia pure insieme ad altri, di una scelta così delicata e impegnativa.

L’obiettivo dell’iniziativa referendaria è quello di portare a una legge elettorale di segno chiaramente proporzionale, restituendo al sistema la rappresentatività che nel tempo si è sempre più smarrita, e una risposta positiva dei cittadini potrebbe anche bloccare sul nascere ogni tentazione di riforma verticistica della forma di governo che si accompagnerebbe inevitabilmente a una legge elettorale ancora più maggioritaria di quella attuale, sulla considerazione che il presidente o il premier eletti direttamente andrebbero corroborati da un Parlamento di analogo segno, per evitare le coabitazioni di cui c’è stata negativa esperienza in Francia (col semipresidenzialismo) e in Israele (col premierato elettorale), e in tal caso finirebbe per degradare sino a scomparire il ruolo di controllo sul Governo che il Parlamento è chiamato a svolgere dalla nostra Costituzione.

Lo slogan della campagna referendaria potrebbe essere: “fateci scegliere direttamente i nostri rappresentanti (deputati e senatori) anziché provare di imbrogliarci facendoci votare un Presidente o un premier, che porterebbero all’accentramento del potere in una sola persona facendo venire meno il costituzionale ruolo di controllo del Parlamento sul Governo”.

LE DUE IPOTESI REFERENDARIE

Lo studio preliminare che abbiamo fatto ha portato a formulare due diverse ipotesi referendarie che potrebbero essere promosse sia alternativamente sia congiuntamente, e in entrambi i casi, all’esito positivo del referendum, risulterebbe garantita una normativa di risulta immediatamente applicabile, requisito questo che, com’è noto, è considerato dalla Corte Costituzionale come indefettibile ai fini del superamento del vaglio di ammissibilità.

1) La prima ipotesi è quella di proporre alcuni ritocchi significativi ma non radicali all’attuale legge elettorale, e in tal senso abbiamo predisposto cinque quesiti referendari che modificano le storture più evidenti dell’attuale normativa elettorale, cioè quelle che nella pubblicistica costituzionale e nella considerazione dei cittadini rappresentano importanti vulnera inflitti ai principi della rappresentanza democratica e della libera espressione del voto, anche se i quesiti non sono in grado di arrivare ad esprimere preferenze nominative in quanto nel rosatellum non c’è l’espressione utilizzabile in sede di referendum abrogativo.

Qui di seguito ci limitiamo a evidenziare i risultati che conseguirebbero dall’eventuale esito positivo rispetto a ogni singolo quesito:

I QUESITO: niente soglie di sbarramento per liste e coalizioni per i collegi plurinominali di Camera e Senato.

Ferme restandole liste e le eventuali coalizioni, risulterebbero eliminate tutte le soglie ora rispettivamente previste, sia per la Camera sia per il Senato, e tutte le liste ed eventuali coalizioni  parteciperebbero alla distribuzione dei seggi, in sede nazionale e poi circoscrizionale, in termini assolutamente proporzionali, ottenendo una rappresentanza esattamente corrispondente al rispettivo risultato elettorale.

II QUESITO: seggi spettanti nei collegi plurinominali del Senato attribuiti in circoscrizione nazionale e non regionale.

Risulterebbe di fatto superata l’ambito regionale nel quale ora si esauriscono gli effetti del voto per il Senato; la distribuzione dei seggi spettanti a ciascuna lista (e/o coalizione) avverrebbe in sede di circoscrizione nazionale, come per la Camera, a tal fine utilizzando il rinvio generale contenuto nell’art. 27 del D. Lgs. 533-1993, il cui unico comma rinvia al DPR 361-1957 per tutto quanto non diversamente disposto.

Risulterebbero così abrogate le attuali soglie di sbarramento regionali, sia quelle legali, sia quelle naturali che sono divenute ulteriormente irragionevoli dopo la riduzione del numero dei senatori; l’Ufficio Elettorale Nazionale provvederebbe a distribuire il numero dei seggi spettanti a ciascuna lista ( e/o coalizione), e agli Uffici Elettorali Regionali resterebbe solo il compito di individuare, in ciascuna circoscrizione elettorale regionale, i nominativi dei candidati da proclamare eletti sulla base dei voti rispettivamente conseguiti dalle liste nella regione e nel limite dei seggi assegnati.

Una normativa di questo tipo era proprio quella prevista agli art. 16 e 16-bis del DDL n. 2352-AC (c.d. “Tedeschellum”).

III QUESITO: eliminazione del voto congiunto tra collegio uninominale e plurinominale.

Risulterebbero eliminati: a)  il meccanismo del voto congiunto tra candidato nel collegio uninominale e candidati nel collegio plurinominale (e la conseguente predisposizione, a quel fine, delle schede elettorali); b) l’automatica opzione per i candidati plurieletti, la cui elezione in un collegio verrebbe restituita al sorteggio (come deciso dalla Corte Cost. con la sentenza 35-2017); c) il meccanismo (c. d. flipper) tra una circoscrizione e l’altra per i seggi eccedentari (quelli conseguenti alla mancanza di candidati eleggibili nel collegio).

IV QUESITO: niente privilegi per le firme di presentazione delle candidature

Risulterebbero eliminati: a) la prescrizione delle firme (da 1500 a 2000) per la presentazione delle candidature nei collegi; b) l’esenzione dalle firme per i partiti già diversamente presenti in Parlamento; c) il termine di 45 giorni per la predisposizione della modulistica elettorale.

V QUESITO: firme digitali degli elettori per ogni tipo di elezione e non solo per referendum e leggi d’iniziativa popolare.

Il quesito in questione non interviene sulle due leggi elettorali per Camera (DPR 361-1957) e per il Senato (D. Lgs.533-1993), ma sull’art. 1, comma 341, della L. 30.12.2020 n. 178, che attualmente consente la raccolta telematica delle firme solo per i referendum ex art. 75 e 138 Coste per le leggi d’iniziativa popolare ex art. 71, comma 2, Cost.; la raccolta telematica delle firme degli elettori risulterebbe generalizzata, e quindi anche per la presentazione delle liste elettorali, in tal modo agevolando la proposizione di nuove proposte politiche da sottoporre agli elettori, in coerenza cogli art. li 49 e 51 Cost.

NOTA: sono particolarmente significativi i risultati che si potrebbero conseguire con l’approvazione referendaria dei primi tre quesiti rispettivamente riguardanti:

1) L’eliminazione delle attuali soglie di sbarramento per liste e coalizioni ai fini dell’attribuzione dei seggi per Camera e Senato;

2) La dimensione regionale del voto per il Senato che moltiplica la soglia di accesso che, dal teorico 3 per cento nazionale, finisce in alcune regioni per moltiplicarsi più volte;

3) L’eliminazione del voto necessariamente congiunto tra il candidato nel collegio uninominale e le liste di candidati del collegio plurinominale.

Ovviamente, si potrebbe anche decidere di proporre soltanto questi tre quesiti referendari, tralasciando gli altri, ma lo sforzo organizzativo che sarebbe comunque necessario suggerirebbe di attivare tutta la panoplia dei cinque quesiti, che, in caso di esito positivo, rafforzerebbero la partecipazione dei cittadini alla vita politica e il loro potere d’indirizzo anche sugli attuali partiti, che non potrebbero non tenere conto della volontà popolare manifestata con la raccolta delle firme ed espressa nelle urne.

Questa prima ipotesi di proposta referendaria ha un pregio, ma ha anche un difetto: il pregio è che non dovrebbero sorgere particolari problemi in sede di esame di ammissibilità, perché risulterebbe pur sempre mantenuto l’impianto complessivo della legge, e in particolare la possibilità delle coalizioni; il difetto è che non consente alcuna scelta preferenziale nei collegi plurinominali le cui liste resterebbero bloccate.

2) La seconda ipotesi è quella di provare, sempre per via referendaria, a trasformare l’attuale legge elettorale per la Camera in una normativa simile a quella utilizzata per l’elezione del  Senato fino al 1992.

In ordine alle liste bloccate presentate nei collegi plurinominali, si è dovuto prendere atto che è impossibile introdurre le preferenze per via referendaria, non essendo rinvenibile in tutto il testo della legge la parola “preferenza/e” eventualmente utilizzabile per un’operazione cosmetica finalizzata all’introduzione di una scelta tra i candidati delle liste nei collegi plurinominali.

Tuttavia, siccome nella legge elettorale attuale è previsto, ma per i soli cosiddetti seggi eventualmente eccedentari, un sistema simile a quello in vigore per l’elezione del Senato sino al 1992, si è rivelato teoricamente possibile generalizzare questo sistema per tutti i seggi, portandolo a regime, attraverso una generale operazione demolitoria di gran parte della legge attuale, e così trasformando il Rosatellum in una legge assolutamente diversa.

Sparirebbero le coalizioni, resterebbero soltanto i candidati uninominali di ciascuna lista e ne deriverebbe un generalizzato sistema proporzionale tra liste concorrenti, sia per il Senato, sia per la Camera, e alla fine verrebbero eletti i candidati percentualmente più votati tra tutti quelli della stessa lista.

Il relativo quesito è molto complesso, perché riguarda quasi tutto il testo dell’attuale legge elettorale per la Camera (Dpr 361-1957, come modificato dall’art. 1 L. 165-2017), mentre resta da valutare la possibilità di fare la medesima operazione cosmetica sulla legge elettorale per il Senato (D. Lgs. 533-1993, come modificato dall’art. 2 L. 165-2017), il cui sistema normativo è sostanzialmente simile a quello della Camera e vanno comunque meglio verificati nel caso in cui si ritenga di optare anche per tale percorso referendario.

In disparte la necessità del ridisegno dei collegi nell’ambito delle circoscrizioni di cui alla tabella allegato A (ex art. 1, comma 2), cui, all’esito positivo del referendum, dovrà provvedere il Governo, e in disparte la fase della presentazione delle candidature, il fulcro del quesito riguarda essenzialmente gli articoli più significativi (77,83 e 84) che sono quelli che, una volta parzialmente abrogati, renderebbero possibile raggiungere l’effetto testé segnalato in sede di distribuzione dei seggi alle liste con metodo proporzionale senza soglia, e in sede di assegnazione dei seggi ai singoli candidati proporzionalmente migliori piazzati tra quelli presentatisi col medesimo simbolo di lista.

Salva restando un’ulteriore rifinitura lessicale del testo e un’indagine ulteriore sulle c. d. norme consequenziali (successive alla riforma di cui alla L. 152-2017), va segnalato che la normativa di risulta è stata sottoposta alla verifica di un apposito software che ne ha simulato positivamente la concreta operatività anche rispetto al requisito dell’indefettibile immediata applicabilità post-referendaria.

Anche questa seconda ipotesi referendaria presenta un pregio e un difetto: il pregio consiste nel fatto che si restituirebbe agli elettori la facoltà di valutare insieme sia il candidato sia il partito, e quindi di scegliere il partito anche in ragione della personalità del candidato e viceversa; il difetto sta nel fatto che il quesito potrebbe essere considerato dalla Corte come eccessivamente manipolativo, pur essendoci già come legge di riferimento quella che consentiva l’elezione del Senato sino al 1992 e che aveva sempre dato buon esito, essendosi sempre sottratta alle critiche che venivano rivolte alla pratica delle preferenze...

Aggiornato il 28 giugno 2023 alle ore 14:07