Ma il Grillo salta ancora?

Una barba e poi il nulla

In “barba” alla Ragione. Il grillismo, in fondo, è questo: una selva di peli deliranti che come le vibrisse di un gatto cercano in giro una preda svolazzante (o camminante e veloce come Speedy Gonzales, dipende), sia essa il bruco Elly Schlein, che il colibrì Giorgia Meloni. Intanto, a quanto pare, tra gli artigli del felino barbuto è finito per ora il segretario del Pd donna (ma che “cos’è una donna” secondo i canoni imperanti della lobby di puro potere politico come gli Lgbtq+?), che credeva a modo suo di incartare affabulando l’Affabulatore per eccellenza. Poteva mai avere successo una simile strategia? Di, fatto, nella componente ultra politically correct (e desolatamente null’altro) di Elly c’è il sottovuoto spinto dell’assenza di gravità politica di una sinistra italiana ed europea che, dopo il 1991, ha esaurito la sua missione esistenziale come un satellite dalle batterie esauste caduto sulla Terra, anche per il mancato mea culpa delle sue responsabilità storiche. Mentre, al contrario, il grillismo populista ha sette vite come i gatti (giustamente). E finché c’è grano nelle cantine dello Stato-Provvidenza, allora il proto-assistenzialismo fannullone di Giuseppe Conte avrà sempre milioni di fan e follower, che si spenderanno a suo favore nell’urna. Quindi, per i pentastellati il richiamo irresistibile della piazza per il raduno di migliaia di “laissé-pour-compte” (o strain-dog se amiamo di più l’inglese), praticamente di tutti coloro che si sentono esclusi, va storicamente oltre il concetto di destra e sinistra, riecheggiando il famoso detto: “Franza o Spagna purché se magna!”.

“Fare casino” è, come sempre, il motto dei privi di senso, di coloro che non hanno nessuna grande ideologia, né un sogno, né un progetto collettivo da poter rivendicare per avere dalla loro parte i numeri che contano per fare una ipotetica rivoluzione, che vada ben oltre i fantasmi nazi-comunisti del Novecento. In realtà, nell’immediato la preoccupazione del Conte Grillo sono proprio le elezioni europee del 2024, che viaggiano con la crudissima realtà numerica del proporzionale puro. Una bilancia elettorale spietata, quest’ultima, che comporterà una conseguente, drammatica resa dei conti nel campo largo e arido della sinistra, che potrebbe far perdere parecchie stelle (e poltronissime!) a Strasburgo ai nuovi Masaniello di questo inizio del XXI secolo. Si possono sponsorizzare le Brigate social a fin di bene, laddove il passamontagna garantirebbe cioè l’anonimato, secondo il detto della carità cristiana per cui quando si versa l’obolo “La Sinistra non sappia ciò che fa la Destra”? Certo, se si remunerasse con il reddito di “civiltà” chi si presta per un salario minimo a svolgere lavori socialmente utili, allora tutto ciò avrebbe un senso e uno scopo (politico). Tra le attività raccomandate ci sarebbe quella di ripulire un parco o i marciapiedi urbani dalle ordure abbandonate come vuoti a perdere dall’inciviltà cittadina; o di riparare le doghe sfasciate di una panchina; o di tagliare l’erba che cresce alta a metri sopra i giardini e gli spazi verdi della città, lasciati nell’incuria da Amministrazioni locali colpevoli e incompetenti. Tutto ciò accade (cioè l’incuria che degrada in modo ignobile città come Roma) perché le lobby sindacali non vogliono volontari del “reddito di civiltà”, ma semplicemente ricattare le Amministrazioni locali per avere più posti di lavoro da giardiniere, spazzino, falegname e così via. Politicamente, però, sarà molto difficile che questo pseudo brigatismo ecologico porti un numero sufficiente di voti al Movimento Cinque Stelle, per continuare ad avere una nutrita rappresentanza in Parlamento.

Quindi, per continuare a esistere, la prima delle due anime (quella piddina) continuerà a girare nel vuoto sidereo di sempre più diritti per tutti, mentre l’altra dell’inganno del Grillo Parlante continuerà a rivendicare più reddito universale, salario di cittadinanza e assistenzialismo per tutti. Senza che gli uni e gli altri stiano lì a pensare chi alla fine pagherà i loro conti. Intanto, è scontato che nessuno risponderà all’appello di Massimo Cacciaripresidenzialismo nessun tabù ma deve cambiare il Parlamento” (vedi La Stampa del 19 giugno) in cui si richiamano tutti i protagonisti dell’attuale scena politica a fare un bagno di umiltà e di realtà, denunciandone l’ignoranza generale, per cui la Politica e i suoi attuali Partiti non tengono in nessun conto la questione fondamentale della “Balance-of-Power” (o bilanciamento dei poteri). Non si riforma infatti la Forma-Esecutivo (sia essa rappresentata da un presidente o un premier eletti direttamente) “senza” aver contestualmente provveduto a riscrivere i poteri del nuovo Parlamento in un regime presidenziale e, soprattutto, a ridisegnare le funzioni dello Stato. Queste ultime oggi follemente frammentate ed equiparate tra di loro dalla scriteriata riforma del Titolo V della Costituzione, che “orizzontalizza” (mettendoli praticamente sullo stesso piano) i poteri di Regioni, Stato ed Enti locali. La pandemia non ha insegnato proprio nulla a nessuno, a quanto pare, se si parla di “autonomia differenziata e rafforzata” che dilata a dismisura l’irresponsabilità di spesa, soprattutto in materia sanitaria, e di appesantimento monstre degli attuali apparati amministrativi regionali.

Non stanno servendo a tutti costoro da severissimo monito gli inciampi gravissimi e irreparabili in cui sta incorrendo l’immensa mole dei progetti inattuabili del Pnrr, proprio per colpa massima di quelle burocrazie incapaci dello Stato centrale e degli Enti locali e regionali. E nessuno, tantomeno grillini e piddini, si sogna di smantellarle con riforme radicali, per il timore supremo di scatenare il vespaio velenoso e la reazione delle rendite di posizione di milioni di clientes. Duplicando Cacciari: lo sappiamo o no che questa follia dell’impiego pubblico modello Novecento sta per scomparire per sempre (come del resto l’attuale formazione scolastica) una volta che l’inarrestabile sviluppo dell’Intelligenza artificiale li renda totalmente obsoleti? Come si affronta, affabulanti Schlein, Grillo e Conte il problema enorme delle nuove generazioni digitali, avulse da ogni contesto e impegno sociale che non sia quello del Metaverso, per renderli cittadini partecipi della vita pubblica a tutti gli effetti? Come si ferma, oltre a tendere verso l’alto le mani (come farebbero i nostri lontani antenati in presenza di un evento catastrofico), questo vento impetuoso e distruttivo dei social relativamente a coloro che votano in base agli istinti, all’odio generico e non alla ragione?

Aggiornato il 21 giugno 2023 alle ore 11:04