Articolo Uno confluisce nel Pd: il passo del gambero

Nell’assemblea che si è tenuta a Napoli, Articolo Uno – movimento democratico e progressista – guidato dall’ex ministro della salute Roberto Speranza, ha deciso di sciogliersi, trasformarsi in una corrente e confluire nel Partito democratico. Il Pd, diretto erede del Pci, Pds, Ds, ha più volte cambiato denominazione sociale ma non ha mai realmente fatto i conti con il suo passato comunista. La “ditta,” lasciata indenne dal terremoto politico di Tangentopoli insieme alla componente di sinistra della Democrazia cristiana, nel 2007 cambia di nuovo il nome in Partito democratico. Il “nuovo” partito nasce dalla fusione tra i Democratici di sinistra – eredi del Partito comunista italiano, la Margherita – successore del Partito popolare italiano – e altre componenti dell’ex Partito repubblicano e qualche ex componente, miracolato, del Partito socialista italiano. La fusione tra ex comunisti e ex democristiani di sinistra fu definita “un amalgama malriuscito”.

Più che un partito politico, diretto successore di forze politiche della Prima Repubblica (il Partito comunista e la Democrazia cristiana) con l’appoggio della magistratura politicizzata e la grande stampa orientata a sinistra, diventa un vero e proprio partito di potere. Se non fosse “sceso in campo” Silvio Berlusconi nel 1994 con la nascita di Forza Italia e la geniale creazione del Polo delle libertà ovvero la lista elettorale che vedeva alleata Forza Italia al nord con la Lega, al sud con Alleanza nazionale, i centristi del Centro cristiano democratico e altre componenti che si richiamavano al Partito socialista di Bettino Craxi, avrebbe governato per decenni il nostro Paese. Il centrosinistra riusciva a vincere le elezioni, con a capo Romano Prodi, solo quando il centrodestra si presentava diviso alle elezioni politiche. Il centrosinistra più che un’alleanza politica si presentava come lista elettorale e quindi alla prova del governo del Paese reiteratamente naufragava in quanto emergevano le differenze tra la sinistra massimalista e gli eredi della componente di sinistra della Democrazia cristiana.

Solo la segreteria politica del rottamatore Matteo Renzi cercò, non riuscendoci, di far diventare il Partito democratico una forza politica riformista sul solco delle avanzate socialdemocrazie europee che avevano marginalizzato le componenti più estremiste della sinistra. La scissione di Articolo Uno promossa dall’allora capo della “ditta” Pier Luigi Bersani con il sostegno degli altri soci: Massimo D’Alema e Roberto Speranza, aveva lo scopo di presidiare la componente elettorale più comunista della società. Anche se separati, senza vincere le elezioni, con manovre di palazzo, riuscivano comunque a governare il Paese. Con l’imprevista elezione alla segreteria di Elly Schlein, che è riuscita a sconfiggere il “riformista” Stefano Bonaccini, il Partito democratico è ritornato a incarnare le sue origini più movimentiste. Pertanto il ricongiungimento tra Articolo Uno e l’attuale Partito democratico è la naturale conseguenza   di un idem sentire che permette alla nuova segretaria di far fare al Partito democratico il “passo del gambero”!

Aggiornato il 12 giugno 2023 alle ore 16:55