Il Consiglio delle autonomie locali è da rottamare

In un interessante intervento di alcuni giorni fa sul Cal, il Consiglio delle autonomie locali del Lazio, Donato Robilotta, già assessore regionale agli Enti locali, ne traccia la genesi, l’involuzione, la poco esaltante storia, sino all’insignificanza e all’abbandono di oggi.

Eppure, la Costituzione lo prevede come organo di garanzia per Comuni e Province e come sede di consultazione anche delle Associazioni degli Enti locali, proprio quando la riforma del 2001 ampliò in modo esagerato i poteri delle Regioni.

Ma è proprio nell’articolo 123, comma 4, della Costituzione che si annida l’errore primario cui è seguita la sorte del Cal: “In ogni Regione, lo statuto disciplina il Consiglio delle Autonomie locali, quale organo di consultazione fra la Regione e gli Enti locali”.

Dove è sbagliato questo dettame? Perché in tutte le Regioni il Cal non svolge il ruolo di bilanciamento e garanzia pensato dai riformatori?

1) Aver attribuito alle Regioni e non agli Enti locali, Province, Comuni, Comunità montane la creazione e la regolamentazione del Cal, è stato come mettere la volpe a guardia del pollaio; il Cal è stato da subito considerato un intralcio, un terzo incomodo da sterilizzare, da parte del potere regionale;

2) Aver limitato alla consultazione e non espressamente alla concertazione la missione istituzionale del Cal, lo ha reso una fabbrica di pareri inutili e prolissi, e soprattutto una foglia di fico per nascondere il neocentralismo regionale ormai imperante.

Donato Robilotta non ha menzionato che la stesura della proposta di istituzione del Cal avvenne in sede di Anci Lazio, con il sottoscritto presidente, e con il tentativo di conservare l’articolo 20 della legge 14/1999, che consentiva un confronto tecnico preliminare alla Conferenza Regione-Autonomie locali (poi abolita) sui provvedimenti d’interesse locale, in una segreteria tecnica utilissima a far emergere problematiche da correggere ed emendare.

“La conferenza si avvale di una segreteria tecnica, nominata con decreto del presidente della Giunta regionale e composta da esperti designati dalla Giunta regionale nell’ambito del proprio personale e da esperti designati da Anci, Urpl, Uncem Lazio e Lega delle autonomie locali, con il compito di istruire gli atti oggetto di discussione nelle sedute della conferenza stessa”.

In aula tutto ciò sparì e il Cal si rivelò un boomerang per gli Enti locali del Lazio, che non interloquirono più con il Consiglio regionale, se non con pareri che nessuno ha mai letto o preso in considerazione.

Quindi, il Cal non è “un organo importante” ma una occasione mancata di collaborazione istituzionale e un passo indietro dalla situazione dei rapporti preesistenti, tra Regione e territorio.

Una riforma profonda è d’obbligo prima di rinnovarne gli organi, immettendo almeno il ruolo di una segreteria tecnico-operativa, con funzionari regionali e locali scelti dalle associazioni, che intervenga preliminarmente sugli atti consiliari che attengono agli Enti locali.

(*) Già presidente di Anci Lazio

Aggiornato il 31 maggio 2023 alle ore 17:00