Una passeggiata nel week-end. Il gps che calcola cinque chilometri percorsi a piedi. Un giro nel centro di Roma: “Non ho trovato un cestino, solo scatoloni messi lì da qualcuno”. Ma anche bottiglie di vetro. Ed escrementi. Luca Laurenti, dirigente biologo presso l’azienda Ospedaliero-Universitaria del Policlinico Umberto I, da anni è impegnato in prima fila contro il degrado. Qualcuno l’ha definito un “segnalatore seriale”, tenendo conto dei post vergati sui social, corredati da foto e video, sullo stato dell’arte che vive la Città eterna.
Dopo l’ultima passeggiata, Laurenti scrive una lettera sul proprio profilo di Facebook. Una lettera simbolica ma non troppo, rivolta al primo cittadino, Roberto Gualtieri: “Sai, una volta dovresti farlo anche tu, il turista, intendo. Camminare tra immondizia, bivacchi, erbacce, buche, pollai, esseri umani che di umano hanno ben poco, disgraziati abbandonati, ignorati, confusi nel degrado e annunciati da fetori insopportabili mentre ammiri quella che dovrebbe essere la città più bella del mondo, penso possa essere un’utile esperienza formativa. Confesso che mi sono vergognato”.
“Sono un animale solitario – racconta Luca Laurenti all’Opinione – ma il mio impegno è massimo, perché amo questa città. Il mio parere personale, da cittadino qualunque, è che qualche passo rispetto a prima l’ho visto. Ma il problema, a mio avviso, è che le priorità sono trascurate. Basta vedere le condizioni del centro: è l’immagine di Roma che poi va in giro per il mondo. Un’immagine che deve essere curata per noi, per chi ci abita, per i turisti. Se non riusciamo a mettere un vaso di fiori davanti al Colosseo…”.
Laurenti insiste: “Noto una disorganizzazione spaventosa. Ho dei contatti con l’assessorato all’Ambiente. Ci sono poche persone: una che si occupa di tutto, poi ci sono quelli che fanno rappresentanza. Così non può funzionare. Adesso capita che segnalo – in un video o con un post sui social – che qualcosa non va. E spesso intervengono. È un passo in avanti, ma ancora è poco, per me”. Non solo: “Sono apolitico. A me interessa che il sindaco faccia il sindaco. Non mi interessa di vedere delle foto mentre viene strimpellata la chitarra. Così si lede l’immagine della città. Stiamo ai livelli della precedente Amministrazione, con qualche tentativo in più: vedi il termovalorizzatore”.
“Chi ho votato alle ultime elezioni? Avevo visto un qualcosa di diverso in Carlo Calenda, mi sono ricreduto. Mi chiamavano in continuazione, pure quando mi trovavo al mare. Poi è finito tutto, diciamo che sono stato dimenticato. Sì – confessa – sono stato cercato da destra a sinistra”. Una possibile candidatura futura? “Avessi le competenze e 20 anni di meno ci proverei, ma non si può tornare indietro nel tempo”.
Laurenti, tra l’altro, nota: “Ho visto all’estero delle cose… non hanno i tesori che abbiamo qui a Roma. Ma ciò che hanno lo curano in maniera maniacale. Noi abbiamo chiese, monumenti e molto altro. Ce li avesse la Svizzera… invece mi ritrovo a calpestare letteralmente gli escrementi”.
Insomma, è una valle di lacrime: “Il cittadino è assuefatto. Vige un po’ la teoria delle finestre rotte. Anche se, per prima cosa, bisognerebbe iniziare a lavorare sul cervello dei romani, perché sono troppo gli atteggiamenti anti-civici, che fanno ribrezzo”.
Ma quindi è possibile il cambiamento? “Ci vorrebbe un miracolo. Se credo ai miracoli? Ni, non sono un buon cristiano, diciamo così. Però devo credere che qualcosa in meglio debba accadere, sennò non farei quello che faccio. Sacrifico del tempo per poter vedere, in ottica futura, un segnale diverso. Mi rode essere preso per i fondelli (la versione di questa ultima frase è stata edulcorata, ndr)”.
Chiudiamo la chiacchierata con un passaggio sul progetto della Ztl Fascia Verde: “Qualcosa bisogna fare, se vogliamo andare in direzione diversa. Forse si poteva preparare qualcosa prima, per esempio migliorando i trasporti. Sono cose lunghe, lo so, prevedono degli intoppi. Magari togli qualcosa, ma offri un’alternativa a chi, per dire, non può utilizzare l’Euro 3. Purtroppo questa è la prerogativa dei politici: faccio questo, ma non penso cosa può succedere”. Da qui la conclusione: “La sensazione è che non ci sia una conoscenza di Roma, a partire dal sindaco fino ad arrivare all’usciere”. E il finale è scontato: “La Capitale ha sempre la solita immagine: una lupa che si morde la coda”.
Aggiornato il 29 maggio 2023 alle ore 17:41