Sì, certo: il Salone (Saloon!) del libro di Torino non è una “bancarella” (Ezio Mauro dixit su Repubblica del 21 maggio scorso) ma un vero e proprio centro sociale. Quello spazio, cioè, ebbro di demagogia, settario e intollerante dove vale il pensiero unico della sinistra radicale che non ammette né dialettica né confronto. Loro, i militanti urlatori dell’ultrasinistra, si ritengono i depositari dell’unica verità sociopolitica, e il resto del mondo è “nero”, vivendo proditoriamente nel buio dell’inconsapevolezza e della negazione della propria colpa storica nei riguardi della condizione delle classi dominate. Quindi, non c’è bisogno di grandi studi (meglio nessuno, nel loro caso, tanto vale solo l’indottrinamento di strada) per individuare il nemico da combattere e da abbattere, senza stare lì a perdere tempo ad approfondire. La stessa, identica logica nichilista che porta i militanti di “Ultima generazione” a imbrattare le bellezze artistiche italiane più famose del mondo, violando addirittura il dogma onusiano della loro tutela internazionale in qualità di “Opere d’interesse dell’umanità”.
Patrimonio, cioè, non riproducibile e che, una volta compromesso, degrada a “junk-bonds” il diritto delle generazioni future a usufruirne. Ma, tanto che importa ai neo guerriglieri dell’ecologia eversiva via social network, visto che si ritengono, appunto, “gli ultimi” perché dopo di loro la Terra imploderà a causa dell’inquinamento da idrocarburi e da materiali di scarto non riciclabili? Verrebbe qui da riflettere seriamente su denunce reiterate da parte di noti professori universitari “de sinistra storica”, che si sono più volte pubblicamente lamentati sulla grande stampa e sui talk nazionali di essere costretti, in occasione della correzione delle tesi di laurea dei loro studenti (somari), a sottolinearne gli errori ortografici e sintattici nella lingua italiana, così bistrattata e mal insegnata nelle scuole medie inferiori e superiori.
Il secondo punto di riflessione, sul quale più volte è intervenuto nel corso degli ultimi decenni (senza seguito né riscontro di controparte) Marcello Veneziani, è rappresentato dal “monopolio culturale della sinistra” sui media nazionali, sull’editoria e su tutto ciò che significhi e realizzi la comunicazione e il dibattito culturale in Italia. Aspetto quest’ultimo “oggettivizzato” dal numero impressionante di articoli, interventi a voce e pubblicazioni di libri e di saggi di area in cui l’opinione di “destra” o era demonizzata, o completamente ignorata, com’è ovvio e scontato in una condizione di monopolio culturale com’è quella che si è verificata dal Secondo dopoguerra a oggi. Ovviamente, “anche” per colpa della destra stessa che non è mai andata per certi versi oltre il “nostalgismo”, e che con l’avvento delle tivù commerciali si è macchiata della colpa imperdonabile illustrata dall’assioma per cui “la cultura non dà da vivere”.
Esattamente l’opposto di quanto è avvenuto da settant’anni a questa parte per la sinistra, che ha inchiostrato decine di milioni di pagine, occupato schermi, convegni, dibattiti, corsi universitari, e così via, reclutando e remunerando legioni innumerevoli di intellettuali di complemento, scrittori, opinionisti, saggisti, docenti universitari, interi movimenti di opinione e di rappresentanza sindacale e i loro leader. Quella della cultura di sinistra è stata una vera e propria guerra incontrastata di predominio, al quale la destra ha risposto balbettando, o è rimasta silente e inerte, dato che le classi sociali da lei rappresentate miravano agli aspetti pratici della gestione del potere, lasciando agli altri i dibattiti e gli approfondimenti culturali. E, in tal modo, la così detta “Narrazione del potere” è rimasta saldamente nelle mani dell’unico narrante, portatore di una ideologica incontrastata, per cui il Bene era tutto dalla propria parte e il Male interamente in quello della controparte avversa che, però, semplicemente non esisteva all’interno del dibattito colto nazionale e internazionale.
Oggi, forse è troppo tardi per rimediare, dato che occorrono generazioni di intellettuali di area e lo sviluppo di solidi, documentati filoni ideologici e di pensiero per sviluppare una sana Teoria dei Lumi, che faccia da contrappeso storico a Rousseau, attraverso una moderna (e robusta) ideologia del conservatorismo illuminato. Qualcosa, insomma, che vada a configurarsi come ipotesi credibile per il miglioramento delle condizioni materiali ed etiche dell’umanità, e per la salvezza della Terra e del suo equilibrio naturale, e che sia in netta antitesi con il genocidio comunista delle idee e degli uomini, che ha dominato il tragico Secolo XX, rivelatosi molto peggiore di quello nazifascista a causa della sua durata quasi secolare, e i cui effetti perversi continuano a permanere in Cina.
Ora, con la massima ipocrisia, intellettuali del calibro di Ezio Mauro si lamentano del fatto presupposto che, vista dalla destra, il Salone del libro di Torino sia uno spazio da conquistare, negando così palesemente il reato già consumato di lesa maestà da parte della stessa sinistra, che quel monopolio se lo tiene stretto da settant’anni a questa parte! Come si fa, in tal senso, ad accusare l’attuale maggioranza di governo di voler espugnare la postazione (letteralmente) “perché vista non come un luogo di dibattito aperto ma come l’avamposto di una vera e propria battaglia tra fazioni, che riduce la cultura a semplice strumentazione ideologica, struttura servente della politica, in diretta emanazione dei partiti”?
Verrebbe da chiedersi: ma davvero sono proprio i suoi autori a negare che questo delitto di parzialità e di conquista a libro armato lo abbia già commesso una faziosissima sinistra, da sempre monopolista della cultura e della formazione scolastica e universitaria italiane? Mauro accusa la Meloni e i suoi di voler entrare a gamba tesa nel “mercato del senso comune” per sfidare la sinistra proprio sulla capacità di dominarlo, interpretarlo e generarlo, offrendo al Paese la propria visione populista, sovranista e nazionalista, iniettandola a dosi da cavallo proprio attraverso la conquista delle roccaforti della cultura nazionale. Come se tutto ciò (compresa la cultura di destra o di sinistra) fosse il presente e non il passato che più non torna, grazie alla spaventosa macchina da guerra dell’omologazione via social, di Netflix e, soprattutto, attraverso l’Intelligenza artificiale di ChatGpt. Povera sinistra illusa!
Aggiornato il 24 maggio 2023 alle ore 13:03