Occidente democratico-liberale, che vuoi fare di te? Vuoi continuare a dirti liberale e democratico o valutare dove stai conducendo la libertà e la democrazia? Hai o no coscienza che democrazia e libertà, e tutto ciò che esiste, necessitano di una valutazione qualitativa o ti basta riconoscere che esiste il possibile, che le nostre società sono nel segno del possibile, mentre le società autoritarie e totalitarie sono assegnate all’irrevocabile uniformità imposta?
Giusto, Occidente, hai ragione. Sì, hai conquistato il possibile, la critica, la modificazione, la pluralità. Maggioranza, opposizione, il cambiamento permesso al popolo che decide questo o quello. E ciò dovrebbe accadere, con decisione personale, che è propriamente la libertà, superiore alla democrazia, giacché la democrazia sgorga da un libero giudizio individuale che si fa, eventualmente, consenso gregario o gregge all’ammasso. Deve spiccare il singolo, la società dei singoli, i singoli associati ma come singoli.
Attenzione alla democrazia! Una congrega di incapaci può emergere e imporsi: è difficilissimo smontarla. Attenzione alla “qualità” della democrazia: possono prevale i peggiori. Una canzonetta rumorosa preferita a un Lieder di Schubert.
Scegliere Barabba! Addirittura… accusarti di spregio. Da qualche secolo, o da sempre, la democrazia è tenuta d’occhio. Non basta dichiarare che nella democrazia sia possibile il cambio. Ora vince l’uno ora l’altro. Questa è la formalità giuridica della democrazia. Ma occorre considerare la sostanza della scelta. Non necessariamente ciò che scegliamo vale.
Allora: impedire la scelta? Mai. Cercare di impedire le scelte degradanti, sì. Entrano in gioco la classe dirigente, la scuola, l’informazione, le élite culturali. Se le democrazie falcidiano le élite, sono catastrofiche. E le democrazie possono falcidiare la qualità delle élite! E possono eliminarle all’interno dei Paesi democratici.
Il baratro di cui ignoriamo o copriamo l’avvento, la derelizione, la connotazione asfissiante, irrespirabile, l’espansione di volgarità, la soppressione cinica della superiorità, l’eclissi oscurativa dell’aristocrazia culturale. Le democrazie si tramutano in libera scelta del negativo. Tutto ciò che sta accadendo al presente è la perversione nell’abiezione del mirabile valore della possibilità di scelta ossia della democrazia!
In territorio sessuale, alimentare, demografico, di memoria della civiltà, e mi limito, a dirla interamente, vi è persino l’espropriazione della “mente” personale, un individuo che ha tutto di sé fuori di sé, conosce fuori di sé. La sua intelligenza viene attribuita a una entità meccanica che gliela fornisce senza conquista interiore del soggetto ricevente.
Non sai le lingue straniere: ti traduce l’Automa intelligente. Non conosci la filosofia, ti ragiona l’Automa intelligente. Persino l’arte verrà concepita fuori dall’uomo. E tutto questo avviene “democraticamente”. La gente spasseggia come se niente accadesse, ci contraumanizziamo sulle scale mobili, a tratti docilmente. Occorre opporre l’antidoto. E l’antidoto è la libertà critica individualizzata, personalizzata, l’io che giudica da sé e si scherma dalla gregalità disinformata e passiva. La critica, l’autocritica, la continua revisione dei compiti di civiltà. La società non sempre è civiltà. La libertà critica personale deve impedire il consenso gregario alla caduta scorrevole, al pessimo pensiero che quanto va bene alla maggioranza vale. È una teorizzazione demotica, problematicissima, connessa all’Era dei consumi di massa, agli organi di informazione di massa, che riescono a vulnerare il pregio dello spirito, andando incontro al godimento e al consenso dei più numerosi.
Al dunque, o vi è un élite traente o una élite che si allea con la massa pur di ottenere consenso del pubblico e dei consumatori.
A tal punto, le vie si biforcano. La democrazia ha tra le sue possibilità, tanto vantate, la sterzata nel precipizio, appagando la massa, l’ammasso, il Barabba sociale. La libertà, invece, assume un valore estremo, critico, di sorveglianza qualitativa nostromica, di civiltà.
Se diventa solo libertà democratica depauperata di mentalità qualitativa, non evita il disastro anzi lo approva. Allora? Salvare la qualità attrattiva, quando un nucleo diventa affascinante per il maggior numero! Non quando il maggior numero trae il nucleo elitista, come avviene oggi. E il nucleo elitista si fa trarre per avere consenso, mercato, pubblico. Comanda asservendosi qualitativamente.
Non basta essere democratici ma essere traenti: la democrazia verso l’aristocrazia dello spirito. Mai sacrificare la qualità in nome del consenso, della vendita, del venire incontro. Sollevare chi sta in basso, non abbassarsi all’altro in basso. La “forma” è la sostanza delle civiltà.
Sono incompatibili democrazia e qualità? Per niente. Se l’élite penetra nel popolo abbiamo risultanze vibranti. Gli artisti sommi sono anche i più “popolari”. Questa congiunzione tra élite e popolo deve rinascere. Interpretare un popolo, sentirlo, esprimerlo. Ed il popolo sente chi lo sente. Non esiste ormai il popolo? Abbiamo solo pubblico o consumatori? Questo è il sospetto di alcuni pensatori moderni. Nel caso, almeno salvare l’élite.
Tiriamo le somme: l’Occidente si salva, se salva la qualità o nella forma democratica o nella forma aristocratica. In ogni caso: se salva la qualità, chi giudica la qualità? Ciascuno, individuo per individuo, nella soggettività libera, critica, sensibile. L’essenza valutativa dell’uomo, l’io. Cosa Significa? Che la maggioranza non mi imporrà ciò che “io” non prediligo. Consumi, mezzi di diffusione di massa, ricerca del consenso rodono i margini della sopravvivenza del mantenimento della scelta personale fuori campo. Può accadere un conflitto della democrazia con la libertà individuale. La libertà non deve farsi illudere dalla democrazia. Quest’ultima potrebbe ricondurre la scelta da volgarità alfa a volgarità omega, sempre lungo in tragitto di oscenità. La libertà critica qualitativa stia al timone e sorvegli le percorrenze della società. E non scadere nel formalismo giuridico.
Le società democratiche possono degenerare, restando democratiche, quando l’alternativa è scadente come l’altra parte. Inoltre, società istituzionalmente autoritarie, perfino totalitarie, possono mantenere una società civile di livello. Il caso della Russia ne dà esempi, tanto all’epoca zarista, tanto nella ferigna epoca stalinista, nell’epoca post-comunista dell’autocrazia oligarchica… il popolo mantenne l’aspirazione alla cultura e all’arte. L’unione tra intellettuali e popolo, dicevo, è inscindibile.
Recentemente il baritono Dmitrij Chvorostovskij tra i più colmi, modulati, sinceri, sentiti, virili, interpreti secondo le esigenze della musica e delle parole, aveva un pubblico che lo idolatrava. Sicché, in una società non democratica per i canoni occidentali, si aveva una esponenziale iperbole musicale.
È opportuno, quindi, saper cogliere i territori della problematica. Società formalmente democratiche possono impantanarsi. Le società non democratiche possono elevarsi nell’arte. Guai però a sacrificare la pluralità, la libertà critica, giacché può accadere che le società autoritarie e totalitarie siano anche abiette culturalmente. In tal caso, alla degenerazione istituzionale si avvince la penuria culturale, estetica, di pensiero. E se nelle società liberali e democratiche, formali che siano, qualche spiffero di civiltà può sfuggire, nelle società autoritarie e totalitarie sorgerebbe la grande muraglia della negazione onnivora. Assolutamente non bisogna rischiare. Ma non è sufficiente dirsi società liberali e democratiche.
Il sorvegliare la navigazione nel Mare della Qualità, per millenni, ha bagnato le nostre rive.
Aggiornato il 26 aprile 2023 alle ore 16:58