L’Italia che non s’oppone alle multe Ue (video)

Le ultime norme europee entrano a gamba tesa nella nostra privacy domestica, soprattutto minacciano di prosciugare i risparmi degli italiani, di indebitarli ulteriormente e, come al solito, incrementeranno il già pesante contenzioso tra Stivale e Commissione europea.

Chi mai potrà permettersi d’investire cinquantamila euro per mettere a “norma green” il proprio alloggio? E come si farà ad eludere i contatori intelligenti a norma Ue che spieranno tra le nostre camere, cucine, bagni e zone lavanderia per tanare l’elettrodomestico non nell’ultima classe euro e, anche se perfettamente funzionante, non più conforme alle norme? E riuscirà il pensionato, che usa l’auto per raggiungere i familiari nei fine settimana o di sera, a comprarsi una vettura elettrica?

La maggior parte degli italiani è alla canna del gas (si fa per dire, bene più che prezioso), nel paese contiamo tredici milioni di disoccupati e sei milioni di poveri irreversibili (per motivi bancari, fiscali, giudiziari, amministrativi), poi circa sette milioni di precari, e non dimentichiamo i malpagati e gli indebitati. Poi c’è una ristretta minoranza che detiene 4.500 miliardi di risparmi, e che non teme tasse o patrimoniali perché risiede all’estero, e quei soldi li può far sparire quando e come vuole.
Allora chi pagherà? Chi ha un piccolo gruzzoletto da parte ed una casetta di proprietà e forse un terreno ereditato? Chi ha una botteguccia messa su con tanti sacrifici?

Su questo tema ci siamo confrontati con Jean Paul de Jorio (giurista e ricercatore) che ci ha ricordato come “l’Italia pagi e basta”. E perché non s’oppone mai ad alcuna sanzione comminata dall’Ue. Ecco perché Bruxelles opera una continua pesca a strascico nelle casse italiane. In Ue sono consci come l’Italia non s’opporrebbe mai ad alcuna procedura d’infrazione: “dall’Ue avviano solo procedure amministrative” ci ricorda de Jorio. Ma l’Italia è quello Stato membro che usa la regola del non disturbare alcuna corte di giustizia dell'Unione europea, preferendo riversare sui cittadini ogni onere, spesso anche ingiusto. Invece tutti gli altri stati, dalla Germania alla Polonia passando per la Francia, si oppongono continuamente presentando ricorsi all’organo terzo giurisdizionale: e poi vincono pure, e come nel caso della Polonia ricevono anche più soldi dai fondi Ue.

Eppure le sentenze delle corti europee (soprattutto quella dei diritti dell’uomo) hanno valore legale, e vengono pubblicate una volta al mese nella “Raccolta della giurisprudenza della Corte di Giustizia”. Ma l’Italia non fa nulla, anzi usa la politica del non muoversi, bloccando imprese e cittadini per non ricevere sanzioni.

Emblema del metodo “società bloccata” è la logica con cui Roberto Gualtieri amministra Roma: “bloccare per non inquinare” dice qualcuno di sinistra, così dopo aver orecchiato su youtube qualche allievo di Noam Chomsky si rivelano anche capaci di teorizzare (senza aver mai aperto libro) di “società da bloccare economicamente per salvare il pianeta” o peggio di “povertà sostenibile come ammortizzatore sociale globale”. Salvo poi scoprire che i vari predicatori di Pd e Cgil prendono lo stipendio dalle municipalizzate del Comune di Roma o da vari enti di formazione della Regione Lazio, ma hanno tutti votato Schlein “perché la povertà salverà il mondo”.

Intanto in Ue della “povertà sostenibile” se ne sbattono, e pretendono soldi veri. Multe o sanzioni ci raggiungono come procedure d'infrazione, uno strumento creato dall’Ue “per garantire il rispetto e l'effettività del diritto dell'Unione”. A comminare le sanzioni provvede la Commissione europea, ma in Italia la maggior parte delle procedure avvengono per “denuncia dei privati” o su spinta delle tantissime interrogazioni parlamentari (Sinistra e Libertà e 5 Stelle sono i più presenti con le denunce).
Ovviamente c’è una fase di pre-contenzioso, quando la Commissione europea rileva la violazione di una norma Ue, soprattutto a seguito di segnalazione: “Così procede all'invio della tristemente nota lettera di messa in mora” aggiunge de Jorio: la missiva poi sbandierata su tutti gli organi di stampa, facendo passare l’Italia per un paese incivile, mai in regola, popolato da soli banditi, mafiosi, evasori fiscali e proprietari di beni non a norma Ue. Bruxelles concede allo Stato membro un termine di due mesi, entro il quale presentare le proprie osservazioni: l’Italia ovviamente si trincera nel silenzio, favorendo il sanzionamento. La violazione contestata consistere generalmente nella mancata attuazione di una norma europea, oppure di una disposizione o di una pratica amministrativa nazionale che risulta incompatibile con le politiche d’indirizzo Ue.

“Intanto la procedura d'infrazione è avviata ‒ ci ricorda il giurista ‒ e dopo un paio di mesi la Commissione cristallizza l'inadempimento contestato, e diffida l’Italia (ma anche altri stati senza voce in capitolo) a pagare e a mettere le cose a norma Ue entro un dato termine”.

Aggiungiamo che intanto il contenzioso lievita, e diventa esecutivo in forza di sentenza della Corte di Giustizia. Ecco che l’Italia si trova sempre in difetto, ed a noi italiani la Commissione europea suona solo come un continuo castigo. La multa più piccina che ci ha precettato l’Unione europea ammonta a sette milioni di euro. Ma abbiamo sul groppone tantissime sanzioni per importi enormi: ce le rammentano sempre i cosiddetti “frugali” che, da sempre, ci appellano come “malpagatori”.

E non possiamo dimenticare la nota frase Wolfgang Schäuble (ministro delle Finanze dell’ex cancelliera Merkel) che ricordava a tedeschi e nordeuropei “avete case e proprietà in Italia”. 

Aggiornato il 23 marzo 2023 alle ore 13:44