Case green, un coro di no contro la direttiva Ue

La Plenaria di Strasburgo ieri ha detto sì al testo che prevede gli obblighi per gli edifici residenziali e gli impianti solari. Secondo la direttiva europea sulle case green approvata dall’Europarlamento tutti i nuovi edifici dovranno essere a emissioni zero a partire dal 2028. Per i nuovi edifici occupati, gestiti o di proprietà delle autorità pubbliche la scadenza è fissata al 2026. In Italia la direttiva Ue registra un coro di no. Nel merito si è espressa anche Giorgia Meloni. La premier, in Aula oggi a Montecitorio, ha risposto all’interrogazione del verde Angelo Bonelli. “Un approccio del governo improntato sulla sostenibilità ambientale non ci impedisce – ha detto Meloni – di fare valutazioni critiche su iniziative legislative comunitarie che a nostro avviso, se non vengono opportunamente rimodulate, rischiano di danneggiare il nostro tessuto economico: è il proprio il caso, ad esempio, della proposta di direttiva sulle cosiddette case green”.

Secondo la presidente del Consiglio, “il testo prevede obiettivi temporali che non sono raggiungibili per l’Italia, il cui patrimonio immobiliare è inserito in un contesto diverso da altri Stati membri per ragioni storiche, di conformazione geografica. L’azione negoziale italiana in sede di Consiglio europeo aveva consentito di rivedere le tempistiche di adeguamento delle prestazioni energetiche degli edifici per renderle più graduali e meno stringenti e in modo da garantire la possibilità di esenzione per alcune categorie. Con il voto di ieri il Parlamento europeo ha ritenuto di inasprire ulteriormente il testo iniziale e questa scelta, che consideriamo irragionevole, mossa da un approccio ideologico, impone al governo di continuare a battersi per difendere gli interessi dei cittadini e della nazione”.

Anche Gilberto Pichetto Fratin dice “no” alle case green. Il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, in un’intervista al Corriere della Sera, sostiene che “la direttiva della Commissione non è condivisibile per i vincoli perentori che impone. Ancora di meno è accettabile la posizione approvata dal Parlamento europeo, che la irrigidisce ancora di più, ponendo addirittura vincoli individuali sulle proprietà. Io stesso al Consiglio d’energia del 25 ottobre, sulla trattativa portata avanti dal governo Draghi – ricorda il ministro – avevo espresso parere favorevole a condizione di prevedere al 2033 e al 2040 dei punti di controllo sulla base di un percorso lineare di decarbonizzazione da raggiungere entro il 2050. È bello ammantarsi di ideali, ma in Italia abbiamo circa 31 milioni di unità. Di queste 15 milioni sono oggetto di classificazione. Anche se molte sono escluse in quanto sotto i 100 metri quadrati, vincolate o per altri motivi, le abitazioni da portare in classe F al 2030 sarebbero comunque circa 5,1 milioni e quelle da portare in classe D al 2033 ammonterebbero a 11,1 milioni”.

Pichetto Fratin aggiunge: “Nessuno mette in dubbio l’obiettivo al 2050, ma si deve procedere per gradi. Devono essere gli Stati nazionali a valutare il percorso da seguire rispetto al patrimonio immobiliare di ogni Paese. E va fatta una valutazione rispetto ai numeri. Se con il Superbonus, spendendo 110 miliardi, siamo riusciti a intervenire su 360mila immobili, quanto servirebbe per intervenire entro il 2030 su quasi 15 milioni di unità immobiliari? Si tratterebbe di cifre astronomiche che non possono permettersi né lo Stato né le famiglie italiane”.

Giorgio Spaziani Testa, presidente Confedilizia, chiede al Governo di “agire” sulla direttiva Ue che impone le case green. “Il Parlamento europeo ha approvato – con 343 voti favorevoli, 216 voti contrari e 78 astenuti – la proposta di direttiva che prevede l’obbligo di realizzare interventi di efficientamento energetico su tutti gli immobili europei. Gli esponenti della maggioranza politica italiana hanno votato contro e di questo li ringraziamo. La vicenda, però, non si conclude qui. Ha inizio una fase di negoziazione che vedrà protagonisti anche i Governi dei Paesi dell’Unione”. Spaziani Testa sottolinea che “in questo contesto si inserisce l’approvazione da parte della Camera dei deputati di una mozione di maggioranza che ha impegnato il Governo italiano ad adottare le iniziative di competenza presso le competenti istituzioni europee, al fine di scongiurare l’introduzione di una disciplina giudicata – a ragione – pericolosa per il nostro Paese. Chiediamo al presidente del Consiglio di impegnarsi in prima persona per il raggiungimento di questo obbiettivo”.

Aggiornato il 15 marzo 2023 alle ore 18:26