Sinistra senza volto

La storia della sinistra, in Italia e non solo, è sicuramente una storia di continue fondazioni, scissioni e rifondazioni accompagnate da polemiche e attacchi interni spesso più violenti di quelli riservati agli avversari. In questo quadro, tuttavia, le vicende del Partito democratico rappresentano un’evoluzione del tutto originale poiché l’unico obiettivo che accomuna da vent’anni i suoi iscritti e i suoi dirigenti è quello di far dimenticare, più o meno convintamente, la storia pregressa del Pci. Nel far questo il Pd ha attirato l’attenzione e l’adesione di una certa quota di borghesia animata da generiche velleità riformiste o comunque desiderosa di distinguersi dalla destra e di apparire aperta al mito, continuamente ripetuto ancorché mai chiarito nei dettagli, del cambiamento, termine che ha ufficialmente sostituito quello della rivoluzione. Il risultato è che, nel suo insieme, il Pd accoglie nuovamente, come un secolo fa, correnti massimaliste e moderate, di origine laica quanto cattolica e altre dichiaratamente socialdemocratiche da un lato e neo-operaiste dall’altro. In definitiva, chi vota Pd, a differenza di chi votava Pci, non sa assolutamente chi e quali idee stia votando.

Può darsi, ed è sperabile, che si tratti di un lento processo di ammodernamento ma, per ora, il caos sembra totale. Lo sembra ancor di più se si pensa ad affermazioni come quella, recentissima e ripetuta ben due volte, di personaggi non secondari come Paola De Micheli, secondo cui il “nuovo” Pd dovrebbe avere una visione capace di rivolgersi all’intera società. Sicuramente la De Micheli non è la sola, nel partito, a pensarla così ma non è per nulla chiaro come simili posizioni possano convivere con la banale aggressività vecchio stampo di Elly Schlein e dei suoi sostenitori. Certo è che guardare alla intera società significa abbandonare definitivamente ogni forma di dogmatismo classista senza però pensare a una politica che, se non alle classi di marxiana memoria, guardi almeno al panorama composito dei ceti sociali contemporanei e scelga quali rappresentare in Parlamento. Finito miseramente il tempo della difesa del popolo lavoratore e delle classi lavoratrici chi pensa di difendere il Pd e con quale visione complessiva?

È evidente che elencare monotonamente i diritti di donne, giovani, immigrati e fasce sociali definite deboli e così via è cosa ben diversa dalle idee forti del Pci o da quelle dei cugini anarchici come Ravachol, quando incitava a réduire les bourgeois en poussière per generare l’uguaglianza e la fraternità. In questo quadro non si può evitare il timore che la sola motivazione unificatrice del frammentato mondo che il Pd cerca di tenere insieme siano l’avversione e il profondo livore nei confronti della destra senza più avere alcuna idea di ciò che debba significare essere di sinistra senza cadere nel massimalismo e traendo semmai ispirazione dalla migliore storia della socialdemocrazia europea. Il tutto senza abusare dell’aggettivo liberale – entrato ormai a far parte del politicamente corretto – come puro e non certo interiorizzato specchietto per le allodole. Come ho detto sopra, ciò potrebbe costituire un fatto positivo per la politica italiana ma i tempi della maturazione sembrano allungarsi un po’ troppo lasciando, di conseguenza, ampio spazio a non trascurabili quote di elettori che, come i 5 stelle, per le idee hanno una innata insopportazione preferendovi la protesta a bocca spalancata e la spesa pubblica come unica strategia.

Aggiornato il 10 marzo 2023 alle ore 11:08