Le rose e le spine. Il giorno dopo – che è anche San Valentino – c’è chi si lecca le ferite, chi non ha ancora capito che non è questa la strada per andare in Paradiso e chi, ancora una volta, raggiunge la vetta in solitaria, perché la concorrenza non esiste. Chiuso il capitolo delle elezioni regionali, il risultato a portata di mano è chiaro, che più chiaro non si può: il centrodestra si è riconfermato in Lombardia con Attilio Fontana e nel Lazio Francesco Rocca ha vinto in trasferta, mandando a casa dieci anni di zingarettismo. Il tutto in un quadro, che non va sottovalutato, dove è emerso un crollo dell’affluenza sia nella tornata elettorale lombarda (al voto il 41,6 per cento degli elettori) che in quella laziale (37,2 per cento). L’astensionismo, ok, è un aspetto che ormai fa parte di ogni qualsivoglia chiamata alle urne (il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha spiegato che bisogna lavorare sulla “scarsa partecipazione al voto”) ma, parallelamente, va detto che quello che un tempo era il terreno fertile su cui la sinistra giocava in scioltezza le proprie carte, adesso si è trasformato in un pantano. Ed è affondato come il campo largo.
Già, perché il Partito Democratico e soci (pochi) – alle prese con le beghe di un Congresso che interessano quanto l’aria fritta – non sono stati capaci di coinvolgere l’elettorato, il quale ha avuto da subito la sensazione che queste Regionali avevano un esito scontato: ovvero la vittoria a mani basse del centrodestra. Il commento a caldo di un freddo – politicamente, s’intende – Enrico Letta (“l’Opa contro il Pd ha fatto male a chi l’ha tentata. Rimaniamo saldamente seconda forza politica e primo partito dell’opposizione”) ha fatto abbastanza tenerezza. E a ricordargli che nella vita, ogni tanto – è anche gratis – bisogna fare un mea culpa, ci hanno pensato Stefano Bonaccini “la sconfitta è in continuità con quella delle politiche del 25 settembre, Dobbiamo chiudere questo capitolo e aprirne uno nuovo, dove il Pd torna centrale e attrattivo” ed Elly Schlein “ora bisogna cambiare per davvero, nella visione, nei volti e nel metodo”.
Male poi il Terzo Polo (Letizia Moratti in Lombardia ha agguantato solo il 9 per cento, nessun voto scalfito a Pd e Movimento Cinque Stelle). A Carlo Calenda non è rimasta che una plastica presa d’atto: “La scelta degli elettori è stata chiara e inequivocabile: vince la destra ovunque. Il centro e la sinistra non sono mai stati in partita, neanche se uniti, neanche nell’ipotetico formato del campo largo”. Pure i pentastellati sono andati al tappeto. E a Giuseppe Conte, avvocato del popolo di un tempo andato, non è rimasta che la difesa d’ufficio: “Qualcuno suona già le campane a morto per il M5S, ma io non esagererei la portata che rimane circoscritta sul piano territoriale a queste elezioni”. Oltre a imbastire un battibecco da comari con Enrico Letta (“ascoltare il redivivo Letta che dalle dichiarazioni entusiastiche sembra stappare bottiglie di champagne sulla performance del Pd” non è accettabile. “Francamente avrei poco da festeggiare”).
Poi c’è l’altro risvolto della medaglia. Ovvero di chi le bottiglie le ha veramente stappate. Fontana e Rocca hanno portato a casa il risultato, confermando un trend che segue l’onda lunga delle Politiche di settembre. Osservando le forze politiche, in Lombardia il primo partito è Fratelli d’Italia (26 per cento), poi troviamo la Lega (17 per cento, nel 2018 era il 29,5 per cento e comunque è andata meglio rispetto al 13 per cento delle Politiche) e Forza Italia (8 per cento, nel 2018 raggiunse il 14 per cento). Nel Lazio, FdI ha addirittura superato il 34 per cento, confermandosi il cavallo trainante di una coalizione che, quando è compatta, vince. La storia, in questo senso, è magistra vitae, maestra di vita, e se ne frega degli appelli di influencer, attori, artisti e saltimbanchi.
È un traguardo, quello delle Regionali, raggiunto con una squadra che rema, negli appuntamenti che contano, dalla stessa parte. Anche se, ovviamente, non potrà non tenere conto delle percentuali in seno ai singoli partiti. Eppure, è chiaro che la strada intrapresa adesso non ha rivali sul proprio cammino. Dopotutto, in questi mesi l’opposizione non è riuscita a trovare non una, ma nemmeno mezza chiave di volta. In fondo a sinistra, o giù di lì, visti i chiari di luna... se sono rose, sfioriranno. Giorgia Meloni lo sa. E si gode il momento.
Aggiornato il 15 febbraio 2023 alle ore 09:59