Una giovane mamma, dottore commercialista, una passione sfrenata per la politica. In corsa al Consiglio regionale del Lazio nella Lista Civica con Francesco Rocca presidente, Beatrice Scibetta non è certo la candidata dell’ultimo minuto. Il suo impegno civico e politico comincia nel 2013 quando si candida, a soli 23 anni, per riprovarci nel 2016 dove prende 2700 preferenze, al Comune di Roma. Sono oltre dieci anni che lavora incessantemente con la sua squadra a livello civico con il terzo settore, con il mondo dell’associazionismo e con quello professionale. E ora che sta per diventare mamma per la seconda volta (questione di giorni, forse di ore) non si tira indietro davanti agli impegni di una campagna elettorale messa in piedi in fretta e furia, viste le dimissioni di novembre 2022 dell’ex segretario del Pd, Nicola Zingaretti.
Quanto è difficile conciliare il lavoro con la vita familiare e quanto le istituzioni potrebbero fare per aiutare le famiglie e soprattutto le mamme, che molto spesso sono svantaggiate rispetto agli uomini?
Ad oggi bisogna ammettere che è molto difficile. Dire che sia facile essere una madre, lavorare, portare avanti le proprie passioni, fare altre attività di associazionismo, sarebbe falso. Ma soprattutto è precluso a chi non ha delle solide possibilità economiche. Questa è una grande ingiustizia soprattutto di questi tempi, dove è sempre più difficile avere certezze. Tra la precarietà dilagante e gli esigui aiuti a sostegno delle famiglie, si fanno figli sempre più tardi e sempre di meno – la Regione Lazio è maglia nera per le nuove nascite, stimate a 1,1 figli per donna – non tenendo conto di un’altra grave questione: l’infertilità. Migliaia di donne si trovano di fronte a questo problema che non viene adeguatamente affrontato nel pubblico, visti i tempi biblici di attesa e anche qui, se non si hanno a disposizione delle forze finanziarie cospicue, diventa un ostacolo quasi impossibile da superare. A livello regionale, ci sono politiche familiari che andrebbero portate avanti in maniera incisiva come il sostegno alla natalità, che è fondamentale. Ma sicuramente non possono bastare i 175 euro a figlio che lo Stato concede, è una cifra estremamente bassa rispetto ai costi che conosciamo. Un bimbo questa cifra la quadruplica. L’aiuto economico da solo però non basta, c’è il tema dell’aiuto di vicinanza alle mamme, sia a livello psicologico e sia in termini di servizi, e non parlo solo di asili nido ma delle consulenze sull’allattamento gratuito, sullo svezzamento, sul sonno, sui ritmi dei bimbi, tutti temi che oggi possiamo affrontare nel privato ma che dovrebbero esser messi a disposizione gratuitamente alle mamme. Queste non devono solo essere solo misure assistenziali ma devono essere parte integrante di un sistema di rinascita della Regione. Ad esempio, se in alcune Regioni un’azienda apre un nido ha dei sistemi premiali, una defiscalizzazione oppure se è una azienda di costruzione ha un premio di cubature in più. Esistono una serie di sistemi premiali per incentivare i servizi socialmente utili come i nidi, o i centri anziani. Nella nostra Regione questo non esiste. E in un’ottica di rilancio economico, e quindi di sostegno reale alle imprese, sburocratizzare il sistema dei permessi diventa fondamentale. Se io non sono una grande impresa ma una Pmi, come la maggior parte delle imprese nel Lazio, non posso metterci tre anni per avere un permesso se devo costruire qualcosa, perché non posso permettermelo. Bisogna velocizzare i tempi, sburocratizzare, investire i 17 miliardi del Pnrr nella digitalizzazione, nella transizione ecologica ed energetica delle imprese e nella riqualificazione dei lavoratori laddove i settori lavorativi non danno più risposte. Se non si investe veramente in una rinascita economica che parta dell’economia circolare, dalle nuove professionalità, dal dare linfa vitale alle aziende, se non si inseriscono le misure di assistenza alle famiglie in un’ottica di rinascita economica, dove si valorizza il tessuto sociale ed economico del territorio, per creare indotto non solo tagliando gli sprechi ma valorizzando (non valorizzare è l’altra parte della medaglia dello spreco), rimane un becero assistenzialismo che viene pagato sempre dalle nostre tasse. Un po’ il cane che si morde la coda perché, se da una parte togli e dall’altra metti, la coperta rimane sempre troppo corta. Mettendo a sistema queste due direttive, dal taglio degli sprechi alla valorizzazione di quello che si ha, allora a quel punto si crea un sistema virtuoso dove le mamme, le donne, i più deboli, i più fragili hanno veramente la possibilità di poter seguire le loro inclinazioni, la loro dignità lavorativa e personale. Altrimenti, purtroppo, la situazione è quella di oggi, noi mamme siamo una delle categorie svantaggiate dalle situazioni economiche.
A livello turistico ed enogastronomico, vista la ricchezza che si trova anche nel solo Lazio, visto il patrimonio che abbiamo a disposizione come valorizzarlo e come comportarsi rispetto all’Europa?
A Roma abbiamo turisti che rimangono due e giorni e mezzo di media, che spendono sei miliardi all’anno – un quarto di molte altre città italiane – ma il 90 per cento visita solo quattro siti: Pantheon, Colosseo, Castel Sant’Angelo e i Musei Capitolini, nei 15 chilometri quadrati del centro storico. Ci sono altri 1300 chilometri quadrati solo di Roma che hanno delle bellezze di un valore estremo che purtroppo molto spesso neanche i romani conoscono. Centocelle è considerata periferia, lì c’è un parco archeologico che non è secondo a nessun altro e cioè Villa Ad Duas Lauros, una villa che era della madre di Costantino, dove c’è il mausoleo di Sant’Elena. Sono dei siti che essendo valorizzati potrebbero portare un indotto clamoroso, un numero enorme di turisti nonché posti di lavoro. A Prima Porta, a via Vitorchiano, c’è la Tomba del Gladiatore e non c’è neanche un biglietto di accesso. È dovuto venire Russell Crowe nel 2012 a pubblicizzarla, perché non siamo stati in grado neanche di fare questo. Di questi esempi ne potremmo citare mille: l’Excubitorium di Trastevere con la VII corte, la prima caserma dei pompieri dai tempi di Pompeo. Il ponte neroniano che era l’accesso alla via Triumphalis del ritorno dei generali dalle battaglie vincenti, che purtroppo oggi è ridotto a un rifugio per pantegane. Mettendo tutto a sistema, ad esempio organizzando percorsi turistici integrati che comprendono anche la Regione, l’offerta cambia: il turista rimane cinque giorni, vede venti meraviglie, conosce quattro cinque realtà enogastronomiche. Questa per me è la base fondante di tutto, non siamo una città e una regione qualsiasi da amministrare. Noi siamo il diamante allo stato grezzo del mondo, l’Italia in generale ma attrazione Lazio ancora di più e attrazione Roma al 100 per cento, visto che il 70 per cento delle opere più belle del mondo sono qui. Noi siamo il diamante.
Poteri speciali a Roma, quindi?
Essendo competenza nazionale e non regionale posso dare una mia opinione personale. Se Roma fosse valorizzata, camminerebbe da sola, non avrebbe bisogno di incentivi sostegni di alcun genere. I poteri speciali dati a Roma diventano fondamentali, visto che stiamo parlando di una città particolare che raccoglie in sé un mondo intero, quindi è normale che non può essere trattata alla stregua di qualsiasi città da amministrare e basta. Quindi, credo sia giusto che Roma abbia poteri speciali e maggiore spazio di manovra rispetto ad altre città, visto le possibilità infinite che abbiamo. Ma se si partisse da una reale valorizzazione, per tutto ciò elencato finora sarebbe lei a dare sostegno ad altre realtà. I ragazzi non dovrebbero partire da Roma ma tornarci. La mia generazione non dovrebbe cambiare città, dovrebbe cambiare questa città!
Aggiornato il 26 gennaio 2023 alle ore 17:22