
Il connubio tra social network, comunicazione diffusa e allarmi pandemici ha chiuso l’uomo comune nella vita virtuale e ha fatto esplodere complottismi e paure. Parimenti, è aumentata nei rappresentanti del potere la voglia d’erigere una distanza certa e sicura dal popolo. In questo clima sono aumentate le diffidenze, è scemato il confronto, e partiti e sindacati pare ascoltino più il potere economico che i loro democratici elettori. Sotto pandemia gran parte della gente comune ha scoperto scrittura e lettura, reputando di colmare così ataviche assenze (per non dire lacune). Se la gente avesse a tempo debito (ed in momenti non sospetti) letto i riassunti di quanto affrontato al forum di Davos o nelle varie commissioni Onu e Ue, avrebbe colto che dai primi anni Ottanta del passato secolo la linea di summit ed organizzazioni internazionali è riassumibile in “restituire alla natura quanto sottratto in forza del lavoro dell’uomo”, “rifondere nativi d’America e popoli africani dei danni da colonizzazione, diseguaglianze e discriminazione”, “ridisegnare i rapporti di reciproca convivenza tra esseri umani ed animali, siano essi selvatici o domestici”, “procedere ad una progressiva riduzione del lavoro umano scientificamente riconosciuto come primo fattore di consumo della Terra e conseguente inquinamento”.
Ergo, i potenti della Terra non si sono svegliati sotto pandemia per dirci che non possiamo più vivere e lavorare come abituati fino a mezzo secolo fa, hanno iniziato da almeno quarant’anni l’opera di condizionamento di governi europei e, soprattutto, occidentali. Politici e sindacalisti invitati a Davos nei decenni passati hanno ascoltato e mai riferito agli elettori. L’informazione è stata lasciata al buon cuore di qualche onesto narratore e, soprattutto, all’intelligenza di qualche attento lettore. La cosiddetta “destra” ha minimizzato per decenni i problemi, reputando che tutto si sarebbe risolto in una bolla di sapone, soprattutto che le norme Ue (quelle sul tappeto più cogenti) si potessero aggirare o non far rispettare, per mantenere contento l’elettorato e fare fessi i paesi ricchi e potenti d’Europa. Mai scelta s’è rivelata più sbagliata, perché regolarmente Ue ed organismi internazionali presentano il conto (con relative multe e sanzioni) ai paesi spensierati e mediterranei. A questo aggiungiamo che per almeno trent’anni gli eurodeputati di Fi, An ed Udc (salvo alcune eccezioni) hanno giocato a dare ragione a Bruxelles sulle norme Ue, mentre in Italia recitavano un robusto disaccordo verso le direttive europee.
Eppure, qualche politico europeo delle passate legislature a Davos c’è stato, ha pure ascoltato le tesi dei rappresentati di multinazionali ed Ong che, all’ombra del Word Economic Forum, spiegavano in che modo incrementare gli sbarchi dei migranti: ma si sono ben guardati dal dire ai potenti della Terra “l’Italia non è un campo profughi”, temendo di passare per non degni di sedere tra i rappresentati del potere internazionale. Sempre a Davos hanno ascoltato vari ricercatori d’importanti università che spiegavano il progetto di future città con edifici cibernetici blindati e circondati da selvaggia foresta, dove paradossalmente possa tornare la tigre dai denti a sciabola: in una caverna della Francia centrale c’è un graffito di 10mila anni prima di Cristo, raffigura la sconfitta della tigre da parte di una comunità umana, a parere di tanti sarebbe così iniziato il dominio dell’uomo.
“Per salvare la Terra necessita riscrivere quanto profetizzato in quel graffito” è il monito delle religioni politiche ambientaliste ed animaliste. Senza aver mai conosciuto né compreso fino in fondo il pensiero di Arthur Conan Doyle, gli animalisti hanno fatto proprio il progetto del “Mondo perduto”: dove possano sopravvivere tutte le creature scampate all’estinzione e, finalmente per umana legge universale, condizionare la vita degli uomini; al punto da ridurli ostaggio di palazzi e condomini blindati da telecamere.
Gli ultimi fatti di cronaca ci dicono che queste ultime (telecamere e droni) sono ormai capaci di catturare ogni gesto difensivo dell’uomo. In un prossimo futuro l’Ue auspica vengano gestire da un sistema che scongiuri, in tempo reale, che il cittadino europeo possa aggredire o difendersi in modo eccessivo da animali o esseri umani ai margini. Questo nuovo ordine naturale delle cose permetterebbe all’uomo del vecchio mondo civilizzato d’espiare, in sempiterna vita virtualizzata, l’essere stato apicale nella catena alimentare e nella conquista planetaria. Ridurre i “civilizzati” a persone recluse in casa davanti ai computer, con la sola possibilità d’ordinare cibo via internet e di lavorare in un non ben chiaro sistema di “smart working” ed usufruendo solo di vacanze virtuali (tramite occhiali e tattile collegati ad un programma), non è fantascienza ma fa parte di un programma di deantropizzazione vecchio di mezzo secolo. Da quando irradiano globalmente l’idea che il primo fattore d’inquinamento planetario sarebbe il lavoro umano, quel fattore antropico che andrebbe fermato con leggi planetarie sotto egida Onu.
Bruxelles quotidianamente mette bandierine in osservanza a questi programmi, per altro presenti nell’Agenda Onu 2030: avete mai sentito relazionare in materia qualche eurodeputato italiano? Anche la norma che vieta al cittadino d’avvelenare ratti e topi è stata partorita dall’Ue, e dopo che ne hanno discusso per almeno trent’anni.
Infatti la visione europea è “dissuasione e convivenza con gli animali selvatici”. L’Europa ovviamente ha messo nel mirino nazioni come l’Italia e l’Ungheria, che avrebbero promulgato leggi che favorirebbero l’abbattimento degli animali selvatici che invadono i perimetri urbani. Ma i fatti non stanno proprio così: infatti il Governo Meloni ha legiferato perché i presidi autorizzati (una collaborazione tra guardie zoofile, Forestale e cacciatori) possano sedare o sopprimere animali pericolosi, ma non ha certo dato il permesso al normale cittadino di uccidere cinghiali, lupi e roditori. Ovviamente sulla questione ci hanno ricamato giornali e verdi vari.
Non dimentichiamo che, ancor oggi, qualora un comune cittadino venga sorpreso a mettere veleni e trappole per topi, potrebbe facilmente ritrovarsi alla porta di casa una pattuglia di polizie locali o di Carabinieri Forestali mobilitati su denuncia d’un vicino ambientalista. Ora gli ambientalisti stanno scaraventando le ire dell’Unione europea contro il provvedimento italiano che prevede l’abbattimento di animali selvatici in aree urbane: ma questo provvedimento non fa che rafforzare i poteri di polizie locali e guardie zoofile che, da sempre, usano i cacciatori con regolare licenza regionale per abbattere eventuali animali pericolosi. Quindi occorre non cedere alla tentazione: qualora un cittadino investa un cinghiale o uccida un ratto o scacci un lupo a botte di mazza, non verrebbe certo tutelato da una legge del governo in carica; in caso di segnalazione agli organi di polizia partirebbe comunque la denuncia al magistrato di turno che, con molta probabilità e per evitare ire ambientaliste, si vedrebbe costretto a rinviare a giudizio il cittadino per maltrattamento e soppressione di animale. L’Europa è animalista ed ambientalista, facciamocene una ragione ed impariamo a convivere con queste regole; necessita ballare con i lupi, forse anche “cavalcare la tigre”.
Quindi allarmismi e complottismi lasciano il che trovano. Innanzi tutto non bisogna diventare noi preda delle notizie che impazzano sulla rete. Perché è ovvio che la Forestale sia intervenuta in due episodi, tra Abruzzo e Marche e tra Puglia e Molise, e perché qualche drone (forse una telecamera od un telefonino) hanno ripreso un pastore che scacciava due o tre lupi con una mazza: ovviamente gli organi di polizia hanno perlustrato i territori, e nelle Marche individuato anche uno dei selvaggi con gregge a seguito. Ma i complottisti insorgono al grido “Ue e magistrati proteggono il lupo e sanzionano il pastore!”. Fanno semplicemente il loro dovere, c’è l’obbligatorietà dell’azione penale. Quindi necessita fare il pastore evitando i lupi, guidare scansando i cinghiali e tollerare qualche topolino. È l’Unione europea, e chi non parla o si assenta non può certo dettare o cambiare le regole.
Aggiornato il 21 gennaio 2023 alle ore 09:33