Contestatori cercansi

Molti anni fa, nei primi anni Settanta, mi capitò di dare un passaggio ad un carabiniere che, finito il suo turno, desiderava tornare a casa rapidamente senza aspettare un treno. Mi raccontò del suo lavoro di quella settimana che aveva avuto il culmine nella giornata precedente nella quale, assieme ai suoi commilitoni, aveva dovuto affrontare una piazza colma di studenti in piena attività di contestazione del sistema. Mi disse che, fra insulti e pietre lanciate contro le forze dell’ordine, la sua più profonda sensazione non era il rancore bensì la tristezza e, più ancora, l’umiliazione dovuta al non riconoscimento, da parte dei contestatori, del ruolo pubblico e, diremmo oggi, costituzionale dell’Arma. Quelli erano gli anni nei quali i contestatori odiavano questa società, dicevano di sognare la rivoluzione e, per questo, chiedevano a gran voce la smilitarizzazione delle forze dell’ordine o, quanto meno, che non portassero addosso le armi da fuoco. Insomma, “lasciateci fare la rivoluzione in santa pace” sembravano dire e così, fra caotiche assemblee, tanto lavoro politico per disegnare i tratti della nuova società da realizzare e, ogni tanto, qualche espropriazione proletaria. Passarono alcuni anni di ricreazione, come ebbe a chiamarla Charles de Gaulle.

Insipienze ridicole come queste mi vengono alla mente in questi giorni osservando ciò che sta accadendo in Iran dove studenti e cittadini vengono falciati e uccisi senza alcun ritegno dal loro sistema così come era accaduto anni prima in Cina. Lì i contestatori proprio non hanno speranza di vedere alleggerire le cariche delle varie bande di polizia che li fronteggiano selvaggiamente né possono impunemente occupare scuole e università per discutere sul futuro del loro Paese. Ma, per fortuna, le scuole e le università di tutta Europa si solleveranno presto e le strade si riempiranno ogni giorno di milioni di studenti e cittadini i quali, figli o nipoti degli eroi del sessantotto, hanno interiorizzato alti principi di libertà e una fede incrollabile nella democrazia e, dunque, manifesteranno la propria dura condanna per l’abominio degli eventi iraniani. Condanna che verrà inoltre fatta propria dalle sinistre, dentro e fuori dal Parlamento, sempre premurose e attente per i vari minacciosi volti dei fascismi e delle subdole forme che assumono, che solo loro sanno puntualmente riconoscere e denunciare. Ma forse mi sbaglio? Temo proprio di sì perché per gli eventi iraniani, come prima per quelli cinesi, non sussiste alcuna particolare sensibilità, dato che, di mezzo, non ci sono né gli Usa né il capitalismo.

Tuttavia i contestatori del Sessantotto, ormai vecchiotti ma non raramente ancora vezzeggiati da vari intellettuali e talk-show, e i loro discepoli quasi sempre devoti seguaci di Karl Marx, dovrebbero riflettere per bene su una sua celebre sentenza secondo la quale la Storia si ripete sempre due volte: la prima come tragedia, la seconda come farsa. Solo che, talvolta, come oggi, la sentenza va capovolta perché il ’68 fu la vera farsa mentre quella attuale di Teheran così come quella cinese hanno il volto della vera tragedia.

Aggiornato il 09 gennaio 2023 alle ore 16:09