Pd, la diatriba a distanza tra Bonaccini e Franceschini

Dario Franceschini ha fatto infuriare Stefano Bonaccini. L’intervista dell’ex ministro della Cultura al Corriere della Sera ha infiammato il congresso del Partito democratico. Non tanto per l’endorsement pronunciato dallo stesso Franceschini in favore di Elly Schlein, avversaria del governatore, quanto per le parole che hanno creato un solco profondo tra i due candidati alla segreteria dem. “La generazione mia e di Stefano Bonaccini – aveva sottolineato Franceschini con divertita perfidia – ha guidato il partito ai vari livelli, dalla fondazione nel 2007 a oggi, e ora è giusto che lasci il passo”. Dopo aver letto queste dichiarazioni rilasciate a Maria Teresa Meli per il Corriere, Bonaccini si sarebbe sfogato con i propri collaboratori, evitando però la polemica diretta con l’ex segretario dem. La strategia sembra chiara. Mentre il presidente della Regione Emilia-Romagna si occupa di “temi concreti”, i suoi colonnelli lanceranno strali a indirizzo della parte avversa.

“Sono abituato – afferma Bonaccini – ad andare ogni giorno nei luoghi dove le persone vivono, lavorano e studiano: nelle imprese, nelle strutture sanitarie e nelle scuole, nelle strutture della cultura, dello sport e del terzo settore. Sia chiaro: lavoro è la priorità per il Pd che abbiamo in testa, un partito popolare e da combattimento, che torni a essere in sintonia con le persone e la società”. Il governatore annuncia le prossime tappe del suo tour: domani sarà in Toscana a Livorno, Carrara e in provincia di Lucca. “Vogliamo – dice – un partito laburista che sappia interpretare i bisogni di chi lavora e che metta al centro tutti i lavori: i lavoratori, di qualsiasi comparto e attività, hanno bisogno di una rappresentanza politica moderna per contrastare la precarietà, che colpisce soprattutto i giovani, e per tutelare i diritti delle donne”.

L’esponente dem Matteo Orfini, ex dalemiano poi renziano, sostiene convintamente Bonaccini. In una intervista al Fatto Quotidiano, sottolinea l’importanza delle primarie. “Questo congresso – rimarca – è diverso dal solito, perché questa volta è in gioco la sopravvivenza del partito. E allora c’è bisogno di affidarsi alla soluzione più solida, cioè Bonaccini. Perché ha dimostrato di saper battere la destra, e di saper governare. Ci dicono tutti che il Pd deve uscire dalle Ztl, e in quest’ottica Stefano mi sembra il più empatico. È figlio di un camionista e di un’operaia: il suo percorso nel partito è una storia di emancipazione”. L’apparato, “ammesso che ne esista ancora uno, è altrove. Quasi tutto il gruppo dirigente attuale, da Franceschini a Misiani, fino a Boccia, sostiene Elly Schlein. E mi pare di capire che la appoggi anche Andrea Orlando”. Rispetto alle dichiarazioni di Franceschini sul rinnovamento, per Orfini questo “non si evoca, si costruisce. Io ho sempre lavorato per questo, cercando di promuovere una classe dirigente giovane, ma preparata. E proverò a farlo anche dentro questo congresso. Dopodiché, il tema di fondo è un altro: non si parla più di linea politica, perché quella linea era sbagliata. L’idea era ed è che la funzione del Pd sia solo quella di fare alleanze. Abbiamo rinunciato alla politica: e la subalternità ai 5 stelle, emersa durante il governo Conte, lo dimostra. Prima nelle Politiche e poi nel Lazio il Movimento si è presentato contro il Pd. E anche ora in Parlamento fa più opposizione a noi che alla destra. La costruzione di un campo largo è fallita”.

Matteo Ricci rincara la dose. “Il congresso – dice il sindaco di Pesaro al Corriere – non è un talent show e siamo nella fase politica più complessa e rischiosa dalla nascita del Pd. Dobbiamo rimettere in campo idee e personalità. Grande rispetto per tutti i candidati. Non c’è nulla da prendere, in questo congresso, c’è da ricostruire e va fatto con quella che io chiamo competizione cooperativa. Il Pd, probabilmente, è l’organizzazione più difficile da governare in Italia, un conto è allargare nel coinvolgimento e un conto è la capacità di guidarlo. Per questo, dico che Bonaccini è una guida più solida. E poi credo molto nel valore della gavetta e sono molto orgoglioso di essere iscritto al mio partito da quando avevo 18 anni”. Franceschini ha sostenuto che è giunto il tempo di lasciare il passo a una nuova classe dirigente: “La nuova classe dirigente del Pd già esiste. Tra questi ci sono gli amministratori che in questi anni, lontano dai riflettori e dalle indennità sicure da parlamentari, hanno governato, spesso senza soldi, e hanno tenuto in piedi il Pd nei territori. Se c’è un rinnovamento da fare è quello dei gruppi dirigenti nazionali. Bonaccini, come me, non ha mai diretto il Pd nazionale in questi anni”.

Il senatore Antonio Misiani è uno dei rappresentanti del fronte opposto. “Il grosso della sinistra dentro e fuori il Pd – afferma in una intervista a Repubblica – sosterrà Elly Schlein. Dopodiché, il congresso non è un derby tra la sinistra e la destra del partito. Deve avere una natura costituente dopo una sconfitta storica”. Misiani, che sarà coordinatore del programma di Schlein, sostiene che, “pur avendo stima per tutti i nomi, ho condiviso la sua candidatura perché credo che al Pd serva una forte spinta innovativa. Elly è una nativa democratica, la sua storia interpreta meglio di altre la contemporaneità, i valori e le aspirazioni dei giovani, le battaglie della sinistra del XXI secolo per ridare dignità al lavoro, difendere ed estendere i diritti sociali e civili nella transizione ecologica e digitale, per la democrazia e la pace contro ogni autoritarismo”. Non era Gianni Cuperlo l’opzione più naturale per la corrente di Orlando, di cui è esponente? “Ora siamo in una stagione molto diversa. Che richiede una scelta che guarda al futuro”. Ma la sua corsa solitaria non spacca la sinistra e aiuta Bonaccini? “Ho troppo rispetto di Gianni per pensarlo. Credo che la sua presenza arricchirà il dibattito”. Se dovesse vincere Bonaccini tanti diranno addio al Pd? “Assolutamente no. Dal mattino dopo, comunque vada, ci metteremo tutti a lavorare per rafforzare il Pd e tenerlo unito”.

Per Francesco Boccia, “Elly Schlein rappresenta il futuro con un’idea di Partito democratico moderno”. Il senatore dem, coordinatore della mozione Schlein al congresso, parla in diretta a Omnibus, su La7. “Elly – dice – è una donna che ha portato avanti battaglie importanti in questi anni, anche fuori dal Pd, ma sempre in alleanza con il Pd, aiutandolo, quando serviva l’impegno collettivo a sconfiggere la destra, così come avvenne alle Regionali del 2020. È sempre stata ancorata alle battaglie del centrosinistra unito, ma spostando in alto l’asticella degli obiettivi, chiedendo radicalità su lavoro, ambiente e povertà con battaglie e mobilitazioni. Elly rappresenta più di chiunque altro l’idea di una moderna sinistra occidentale”. Secondo Boccia, “con lei ci sarà una nuova osmosi tra militanti ed elettori che sanno di trovare un partito aperto e contendibile. Nascono ogni giorno comitati spontanei e reti di militanti, amministratori e simpatizzanti che vedono in lei la speranza della sinistra alternativa alla destra guidata da Giorgia Meloni. Alle tante energie nuove che sono dentro la grande comunità dem chiediamo, con la candidatura Schlein, di assumere la guida di questo processo politico decisivo nel Paese. Sono sicuro che il Pd che uscirà da questo congresso sarà ancora più forte, unito, coeso, rispettoso di tutte le sensibilità interne; le ipotesi di scissioni vanno respinte e chi ne parla è irresponsabile. Il nostro compito oggi è costruire un partito dalle fondamenta valoriali solide, aperto, moderno e in grado di contrastare e battere la destra al governo”.

Intanto, i sondaggi segnalano la disastrosa discesa del Partito democratico. La distanza tra M5s e Pd diventa dell’1,5 per cento, risale la Lega. È quanto emerge dall’ultima media sondaggi elaborata da Termometro Politico, che per la settimana dal 18 al 24 dicembre mette a confronto le rilevazioni di 7 istituti: TP, Swg, Emg, Tecné, Euromedia, Studibidimedia, Noto. Fratelli d’Italia si attesta al 29,6 per cento. Il M5s continua a crescere e con il 17,5 per cento supera il Pd di un punto e mezzo. Il partito di Enrico Letta, infatti, prosegue la propria discesa e va al 16 per cento, ma per alcuni istituti è in realtà molto sotto. Con l’8,9 per cento la Lega conferma e supera di poco il livello del 25 settembre, quando, però, il Carroccio era andato molto peggio delle previsioni. Rimane debole, ma comunque in ripresa, Forza Italia, al 7,1 per cento. Nel centrosinistra migliora di poco l’Alleanza Verdi-Sinistra italiana, ora al 3,5 per cento, mentre arretra +Europa, al 2,5 per cento. Il Terzo polo, infine, scende sotto la soglia dell’8 per cento, è al 7,9 per cento, all’incirca come in settembre.

Aggiornato il 28 dicembre 2022 alle ore 17:46