
“Democratica risulta la parola più comprensiva per descrivere la nostra identità, nessun’altra sostitutiva o aggiuntiva potrebbe descriverla meglio”. È la tesi promossa dal costituzionalista Stefano Ceccanti, già parlamentare del Partito democratico. Stamattina, al Nazareno, nella Sala Sassoli di Via Sant’Andrea delle Fratte, a Roma, si è tenuto il primo confronto fra i tre candidati alla segreteria del Pd: Elly Schlein, Paola De Micheli e Stefano Bonaccini (collegato da Bologna). L’incontro è stato organizzato da un gruppo di democratici che ha proposto di ricercare tra i principi fondamentali dell’Ulivo 1996 e del Lingotto 2007, gli assi fondamentali su cui ricostruire il futuro Pd. A introdurre i lavori è stato uno dei promotori del confronto, Walter Verini. Accanto al senatore, oltre a Stefano Ceccanti, ecco altri dirigenti dem: Marianna Madia, Roberto Morassut, Stefano Graziano, Debora Serracchiani, Pina Picierno. Graziano Delrio e Giorgio Tonini ha partecipato in videocollegamento. Verini ha sottolineato che i dem hanno “perso 7,5 milioni e mezzo di elettori dal 2008”. Madia ha esortato a “ricostruire una proposta politica convincente da qui a un anno e mezzo”, per “tornare stabilmente sopra al 25 per cento”.
Secondo il segretario dimissionario Enrico Letta, “il lavoro costituente in corso è stato caricaturizzato ed è un errore. Ritengo urgente avere uno statuto rinnovato per il nostro partito, perché quello attuale ha molti limiti”. Per il leader dem non è necessario “riscrivere un programma, ma sapere che quanto accaduto in questi 15 anni, l’impatto della tecnologia, la vicenda climatica e il tema delle disuguaglianze, oggettivamente ci portano ad aggiornare la riflessione”. Letta, a fronte di questo percorso in cui il Pd ha voluto “approfondire le ragioni della sconfitta”, si è detto convinto che “la nuova classe dirigente farà meglio di me, di noi”. Poi ha sottolineato la necessità, in linea con il dibattito precedente, di “valorizzare le radici” del partito. “I tre candidati” alla segreteria – ha sottolineato Letta – hanno dato un giudizio positivo sulla proposta di dare alla fase costituente un respiro più lungo, oltre il congresso. Se c’è un consenso largo io sono solo contento di accompagnarlo”.
Stefano Bonaccini non rinuncia alla polemica. “Sento, ogni tanto nel dibattito interno al Pd, la contrapposizione tra capitale e lavoro, come se fossimo all’inizio del secolo scorso, è surreale. Avverto anche io pulsioni al cambiamento con connotati regressivi, io contrasterò questa tendenza che segnerebbe la fine del Pd, che ci porterebbe su binari minoritari. È già successo in altri paesi vicini, il rischio è che avvenga anche qui”. Secondo il presidente dell’Emilia-Romagna, “bisogna lottare contro le disuguaglianze economiche, sociali e territoriali e per l’avanzamento dei diritti civili e sociali. Se la sinistra non sa dire questo non è sinistra in natura”. Bonaccini ha rimarcato: “Siamo riformisti con cultura di governo, ma con il governo che è mezzo, non fine. Guai a fare la fotocopia di 5s e Terzo polo. Noi siamo una forza laburista”. A suo avviso bisogna “tornare a fare il Pd, riprenderci lo spazio di un partito a vocazione maggioritaria”.
Per Elly Schlein, la “sfida è ricostruire un ponte” con la società civile. “Io credo che, anche nel momento di difficoltà, con l’atroce sconfitta” elettorale alle spalle, “non dobbiamo perdere l’ambizione di fare sintesi tra culture diverse”. Ma oggi “tutte le culture di provenienza devono interrogarsi su come reinterpretare” l’azione politica. Bisogna avere il “coraggio di cambiare modello di sviluppo” che “non funziona più. Facciamo fino in fondo questa discussione” costituente, ha aggiunto Schlein proponendo di “far proseguire questa fase di allargamento anche oltre il congresso”. “Non serve né un partito di eletti, né di correnti, ma che ridia voce alla comunità”, ha detto la parlamentare. “Non siamo qui per fare una resa dei conti ma per costruire il nuovo Pd e farlo insieme, salvaguardare il suo prezioso pluralismo ma senza rinunciare a un’identità chiara, un profilo netto. Senza fare la fotocopia, condivido, ma facendo” al contempo “i conti con il fatto che coloro che volevamo rappresentare forse non ci hanno più ascoltato se abbiamo perso quei milioni di elettori”. Paola De Micheli parla di identità del partito. “Il rischio di liquidazione del Pd? Se sarà autentico” questo percorso costituente “avrà bisogno di molto più tempo, mentre la scelta del gruppo dirigente va accelerata. Per questo ho fatto la proposta di anticipare il congresso a fine gennaio o inizio febbraio”.
Intanto, Arturo Parisi, tra i fondatori del partito, in una intervista a Repubblica, attacca la costituente. “Stanno riportando il Pd nella casa le cui fondamenta sono state messe a Livorno nel 1921. Questa costituente è un gran pasticcio. Già parlare di costituente per un partito che risulterebbe costituito oramai da quindici anni definisce il problema che l’iniziativa perseguita da Letta ha aperto al Pd. Valori di fondo, manifesto, sono infatti parole che trovano il loro senso, o invece non ne hanno alcuno, se si ricorda che il cosiddetto congresso in corso non è il congresso del Pd ma occasione per la fondazione di un nuovo partito. Un partito figlio dell’unione del vecchio Pd e di Articolo 1. L’iniziativa di Letta è stata non solo approvata con atti formali dagli organi del Pd, ma acclamata all’unanimità. Purtroppo. Fondato com’è sul ritrovarsi della comunità di quella sinistra che si sente originata a Livorno dalla secessione comunista dal Partito socialista, il nuovo partito è l’antico partito che certo si apre a nuovi apporti come è capitato altre volte nella storia del comunismo italiano. Ma sulla porta della casa, al di là della targhetta, torna a leggersi un nome figlio di una storia con non poche pagine gloriose, ma una storia che la fondazione del Pd intendeva superare per aprire una storia nuova. Chi avrebbe mai scommesso un centesimo – conclude Parisi – sul fatto che a promuovere un nuovo partito nel quale potesse ritrovarsi la comunità dell’antica sinistra sarebbero stati due democristiani come Enrico Letta e Dario Franceschini, con l’apporto di un democristiano orgoglioso come Pier Ferdinando Casini?”.
Aggiornato il 22 dicembre 2022 alle ore 17:43