
Tentando di essere sarcastica e pungente al punto giusto, la premier Giorgia Meloni ha finito per dire una grande verità. Nel rispondere ai soliti improperi del Movimento cinque stelle, critici nei riguardi della decisione del Governo di continuare a sostenere la resistenza ucraina con l’invio di armi – in nome di un atlantismo che farebbe impallidire molti altri governi europei – e favorevoli a tentare la via della “soluzione pacifica”, Meloni ha risposto sottolineando che non c’è alternativa al sostegno militare alle truppe di Kiev e chiedendo ai pentastellati di indicare concretamente quale dovrebbe essere questa soluzione pacifica e quali dovrebbero essere le sue implicazioni, dato che non è da ritenere accettabile né l’annessione di una parte del territorio ucraino alla Russia né la rinuncia di Kiev alla sua sovranità: forse – ha detto ironicamente la premier – volete dare il reddito di cittadinanza ai russi per convincerli a desistere dall’offensiva?
In questa frase è contenuta la grande verità: assistenzialismo e putinismo hanno una medesima radice culturale e morale. Chi crede nell’assistenzialismo più che nel lavoro, crede nel diritto di alcuni di prendere a prescindere dalla libera scelta e dalla volontà altrui; crede che ad alcuni tutto sia dovuto e che ad altri spetti il dovere di procacciarglielo; crede che la sicurezza morale e materiale possano essere estorti con la forza, invece che conquistati col lavoro e con l’impegno; crede che alcuni debbano sobbarcarsi il costo del l’inefficienza, della svogliatezza e della scarsa intraprendenza di altri. Da questo punto di vista, l’assistenzialismo è incredibilmente simile – nei principi e, in parte, anche nelle implicazioni pratiche – al putinismo applicato alle relazioni internazionali. Quante volte il dittatore russo ha detto che la guerra in Ucraina è necessaria per assicurare il rispetto dei diritti dei russi e la sicurezza della Federazione?
A prescindere dalle menzogne del leader russo e dalla propaganda del Cremlino, dalla narrazione surreale portata avanti da Mosca per giustificare l’ingiustificabile, bisogna ammettere che esiste una certa somiglianza tra questo modo di pensare e quello dei tifosi dell’assistenzialismo selvaggio: anche la “Putin doctrine” si basa sull’idea che alcuni abbiano diritto di prendere contro la volontà di altri – gli ucraini, in questo caso – e che questi ultimi debbano farne le spese, che questi debbano sobbarcarsi i costi della loro sicurezza e che la loro libertà, la loro vita, la loro proprietà – o sovranità, in questo caso – siano irrilevanti di fronte all’interesse della più vasta collettività – o della nazione più forte ed equipaggiata.
Non c’è da stupirsi, dunque, che alle sinistre radicali proprio non vada giù l’idea che le potenze occidentali continuino ad armare gli ucraini e che la loro idea di pace consista in una sostanziale resa alla prepotenza dei russi: ai loro occhi i russi stanno solo facendo valere il loro diritto alla sicurezza morale e materiale e poco importa se questo significa calpestare la libertà o il possesso di altri. Dal loro punto di vista i russi sono i “proletari” in lotta contro quelle potenze capitalistiche, che sono gli “sfruttatori”.
Nel caso dei grillini, come nella loro visione i lavoratori e tutti coloro che si guadagnano da vivere col sudore e l’impegno dovrebbero pagare più tasse e rinunciare a quello che è loro per assistere quelli che nella maggior parte dei casi – come le cronache hanno messo in evidenza – sono solo individui con scarsa voglia di lavorare, così gli ucraini dovrebbero rinunciare a una parte del loro territorio e sacrificare la loro libertà di scegliere a quale parte di mondo appartenere per un riguardo verso un dittatore paranoico e per la sicurezza di una nazione che, addirittura, nega la loro esistenza come popolo, la loro identità.
L’implicazione logica di questo discorso è la seguente: mandare armi a Kiev è un’operazione di polizia volta a far rispettare il diritto, la libertà degli ucraini e la loro sovranità (che è il diritto di un popolo di disporre del proprio Paese come un proprietario farebbe con una casa o un terreno).
Stiamo aiutando dei proprietari a difendersi da un gruppo di ladroni che hanno assaltato la loro casa comune. Stiamo aiutando un popolo libero a non lasciarsi sopraffare. Poi, vi sono coloro per i quali la libertà è solo quella collettiva (qualsiasi cosa voglia dire) e la proprietà un furto: ma è la loro visione del mondo a essere distorta, non quella di chi difende l’ordine e la legalità fondata sul diritto, sulla legittimità, e non sull’estorsione e sull’abuso.
Aggiornato il 15 dicembre 2022 alle ore 10:39