
Il soldato Daniele Sinibaldi merita un po’ di riposo, deve essere lasciato in pace a riflettere sulla sua non facile posizione di primo cittadino di Rieti (in quota FdI), di compagno di un avvocato e di padre.
Il famoso messaggio postato su Facebook, con il quale la madre di suo figlio lo richiamava all’ordine ricordandogli i suoi doveri di marito e di padre, ha creato una bufera (soprattutto mediatica) non prevista né prevedibile.
Noi siamo dalla parte del soldato Sinibaldi che è ora costretto a guardarsi le spalle anche dal “fuoco amico”.
Sicuramente l’avvocata-social sarà stata a suo tempo consapevole che il suo uomo era impegnato politicamente (nella scorsa legislatura è stato anche vicesindaco del capoluogo sabino), una condizione che assai spesso costringe ad essere lontano da casa per impegni istituzionali e/o di partito.
Non sappiamo se la moglie di Sinibaldi, la sera del misfatto, si sia resa conto delle possibili conseguenze di quel post pubblico. Né se la stessa avesse fuori uso contemporaneamente messenger, WhatsApp e servizio sms del proprio device: metodi comunicativi sicuramente più protettivi della privacy familiare di quanto non lo sia un social network come Facebook.
Il messaggio galeotto ha fatto ritrovare il soldato Sinibaldi sulle prime pagine nazionali, Dagospia compreso. L’altro giorno, del caso reatino, si è occupato anche Massimo Gramellini sulla prima pagina del Corriere della Sera.
Ora però basta; lasciamo che il Nostro riordini le idee e, nel frattempo, le testate giornalistiche si occupino di vicende più serie.
Aggiornato il 02 dicembre 2022 alle ore 09:22