
Recatasi al G20 di Bali, in Indonesia, l’agenda della premier Giorgia Meloni è stata densa di incontri con gli altri potenti della Terra, coi quali ha avuto modo di discutere di tutta una serie di questioni dirimenti per il futuro e la stabilità dell’Italia. Unica donna in mezzo a tanti uomini, è riuscita a mandare un segnale di grande importanza ai big del mondo: l’Italia non intende restare in disparte rispetto alle grandi sfide geopolitiche ed economiche del presente ed è pronta a impegnarsi, a fare la sua parte e a farla al meglio. L’incontro più importante è stato senz’altro quello col presidente americano Joe Biden che, fresco del doppio successo alle elezioni di Midterm e all’incontro col leader cinese Xi Jinping, si è congratulato con Meloni per la sua vittoria in Italia, sottolineando l’importanza di avere una donna seduta a un tavolo di soli uomini. I due hanno poi parlato a lungo della solidità delle relazioni tra Stati Uniti e Italia, della necessità di rendere sempre più stretto il rapporto tra i due Paesi, come pure dell’importanza di continuare a tenere il punto sul contrasto all’aggressione russa contro l’Ucraina e a fornire assistenza finanziaria e militare a Kiev.
Centrali nel dialogo tra i due leader sono stati però il tema dell’energia e la questione cinese. Meloni ha infatti chiesto a Biden un aiuto sulle forniture di gas liquido proveniente dagli Usa, nella speranza che la moral suasion dell’inquilino della Casa Bianca possa convincere le aziende americane del settore a rivedere al ribasso i prezzi delle loro esportazioni verso l’Italia: il presidente Usa si è detto disposto a impegnarsi in tal senso e a fare tutto il possibile per venire incontro alle esigenze dell’Italia. Il capo della Casa Bianca ha inoltre assicurato che aumenterà le forniture di gas al nostro Paese.
Pare, tuttavia, che anche Biden abbia presentato delle richieste alla premier italiana: gli Usa vogliono essere rassicurati – concretamente e non solo a parole – circa il fatto che Roma non terrà più posizioni ondivaghe nei suoi rapporti con la Russia e soprattutto con la Cina, come avvenuto in passato durante l’era degli azzeccagarbugli del popolo e dei memorandum della Via della Seta – cose che incrinarono non poco le relazioni con Washington, oltre che la credibilità internazionale dell’Italia. Musica per le orecchie di Meloni: se Biden sta cercando di ricostruire alcuni settori dell’economia americana impoveriti dalla concorrenza sleale e dall’invasione di prodotti sottocosto made in China, Meloni ha fatto della difesa della filiera produttiva italiana da questo fenomeno uno dei suoi cavalli di battaglia economici.
I due leader si trovano così a convergere sulla postura da tenere nei riguardi di Pechino: la Cina è sì un attore economico di primissimo piano col quale bisogna giocoforza rapportarsi, ma al tempo stesso rappresenta una minaccia sistemica. Sicché bisogna trovare un modo per competere con Pechino e per contenere la sua espansione, pur senza acuire le tensioni. Alla fine dell’incontro, Meloni incassa da Biden il titolo di “eccellente alleata”: un complimento che sembra voler archiviare definitivamente le incomprensioni dei primissimi giorni, subito dopo le elezioni italiane, e aprire la strada a una nuova era di collaborazione.
Incontro proficuo anche quello tra Meloni e il leader turco Recep Tayyip Erdoğan, i quali si sono confrontati principalmente sul tema dell’immigrazione e della crisi libica. Sebbene il rapporto tra i due Paesi rimanga all’insegna della circospezione – anche per la diversità di interessi nell’area del Mediterraneo – i due capi di Governo hanno convenuto sulla necessità di lavorare assieme per combattere il terrorismo, per contrastare l’immigrazione irregolare e per stabilizzare la Libia, Paese in cui la Turchia, in seguito alla caduta di Gheddafi, ha iniziato a ricoprire un ruolo sempre più preponderante e sul quale l’Italia ha dei precisi interessi: la stabilità del Paese nordafricano, infatti, è di cruciale importanza per la chiusura delle rotte migratorie e per la questione energetica.
Importante faccia a faccia anche col premier indiano Narendra Modi. Al centro del colloquio il rafforzamento dei rapporti tra le due nazioni al fine di sfruttare al meglio il potenziale di entrambi. I due hanno inoltre avuto uno scambio di opinioni sul tema della sicurezza e della stabilità nell’area dell’Indo-pacifico e sulla guerra in Ucraina, particolarmente sulle sue ripercussioni sul piano energetico e alimentare. Meloni ha assicurato a Modi la piena collaborazione dell’Italia in vista dell’imminente presidenza di turno indiana del G20, e Modi, dal canto suo, ha espresso profonda soddisfazione per l’ottimo confronto avuto con la premier italiana.
Per Giorgia Meloni il vertice di Bali si chiude proprio col faccia a faccia con Xi Jinping: sembra che i due leader si sarebbero detti d’accordo nel promuovere gli interessi economici comuni e nel cercare soluzioni per porre fine alla guerra. Nello specifico, Meloni avrebbe manifestato al leader cinese l’interesse dell’Italia nell’aumentare il volume di export verso la Cina, auspicando al tempo stesso la riapertura dei canali di dialogo tra i due Paesi, anzitutto in materia di rispetto dei diritti umani. Non c’è stato invece alcun incontro di chiarimento col presidente francese Emmanuel Macron in seguito alle aspre polemiche degli ultimi giorni tra l’Eliseo e Palazzo Chigi sul tema dei migranti.
La premier italiana ha definito il summit “un grande successo per l’Italia”.
C’è poco da dire in proposito: lo è stato. Perché una Giorgia Meloni matura, sempre più istituzionale e composta, che demolisce coi fatti la narrazione per la quale un’Italia che con lei alla presidenza si sarebbe trovata improvvisamente isolata e senza alleati, ha rappresentato invece un’Italia che vuole stare al centro delle vicende internazionali e giocare un ruolo importante nello scacchiere globale – così come si addice a un grande Paese – avendo tutte le carte in regola per farlo. Un’Italia che difende i suoi interessi, anzitutto collocandosi, senza se e senza ma, nella parte giusta di mondo, pur senza disdegnare il dialogo con chi è disposto a collaborare lealmente.
Non si può dire che non si sia dimostrata all’altezza del compito: al punto che, non avendo argomenti per attaccarla, qualcuno dei suoi detrattori a tutti i costi, ha pensato bene di stigmatizzare la sua scelta di portare con lei la sua bambina. Bisognerebbe invece concentrarsi su come dare a tutte le donne la possibilità di imitarla, ossia di mettere ognuna di loro nelle condizioni di non dover scegliere tra lavoro e famiglia, tra carriera e figli, di poter conciliare le due cose, di poter essere buone lavoratrici e buone madri allo stesso tempo.
Aggiornato il 17 novembre 2022 alle ore 09:23