
Giorgia Meloni “non ha bisogno di essere ispirata”. Lo dice Gianfranco Fini, che torna a parlare in televisione dopo un lungo letargo. Ospite di Lucia Annunziata a Mezz’ora in più, su Rai Tre, conferma di aver votato l’attuale presidente del Consiglio. Poi sostiene che “c’è stato chi ha aperto una rotta” (come la svolta di Fiuggi) “e poi è toccato ad altri, ai più giovani, percorrerla”. Una strada che vede Fratelli d’Italia dall’1,9 per cento del 2013 fino a intravedere il 30 per cento di questi giorni. Così, Meloni e Ignazio La Russa “avevano ragione loro e avevo torto io”. Puntualizzazione che Fini rimarca, spiegando che i due “non mi seguirono quando venni estromesso dal Pdl, dando vita alla casa della destra: io non ci credevo. Dicevo: ma dove vanno?”. E ancora: “Ho detto (alla stampa estera, ndr)che la realtà italiana della destra era un po’ diversa da come veniva loro raccontata, dissi di avere votato Meloni e lo confermo”.
“La fiamma? Il simbolo di FdI non è quello de Msi ma è quello di An – continua – perché, quando è nata An, non mi avete detto che c’era ancora la fiamma? Il simbolo dell’Msi aveva un suo richiamo storico, il simbolo dell’Msi era la continuità e non c’è più, è una semplice fiamma tricolore. Il simbolo di Msi è stato archiviato con Fiuggi”.
Poi un passaggio sulla scelta di entrare nel Popolo della Libertà: “Un errore imperdonabile. Un errore enorme che non perdono a me stesso”. A seguire, sul tema fascismo-antifascismo e le parole del presidente del Senato, spiega: “La Russa non ha detto non festeggio questo 25 aprile ma risponde dipende, certo non andrò ai cortei perché, l’ho sentito anche stamattina (ieri, ndr), rischierebbe di trovarsi in compagnia di quei giovanotti che in nome dell’antifascismo lo hanno minacciato di morte”. E aggiunge: “La sinistra italiana non può accendere l’interruttore dell’antifascismo in modo strumentale”. O meglio: se viene chiesto “il riconoscimento dell’antifascismo come un valore, la risposta non può essere che sì, l’abbiamo fatto, a Fiuggi... Fiuggi è l’espressione di un passaggio: usciamo dalla casa del padre con la certezza di non fare ritorno. Non so se c’era Meloni, ma c’era il segretario della sua sezione, Rampelli, che mi ha detto che si riconobbero in quella svolta: scrivemmo che l’antifascismo era stato essenziale per il ritorno dei valori democratici che il Fascismo aveva oppresso”.
Sempre Fini: “Negli anni ’90 la vigilanza antifascista era finita”. Non solo: nel “1995 Massimo D’Alema diventò presidente della commissione bicamerale e si parlò dell’asse Fini-D’Alema, l’ultimo segretario post-comunista e l’ultimo post-fascista… nel 1996 Violante viene eletto presidente della Camera, Alleanza Nazionale lo applaude in modo sincero quando dice che per fare della liberazione un momento unitario, condiviso, bisognava guardare ai vinti di ieri, e bisogna fare attenzione ai verbi, non dice capire”.
Sulla sinistra, Gianfranco Fini nota: “È sempre tendenzialmente grigia, spero Enrico Letta non si offenda. Gli servirebbe un po’ di verve, un po’ di anima, una bandiera da alzare che non sia la democrazia che è bandiera di tutti. Torni ad infiammare i cuori”. E su Silvio Berlusconi dice che “non è più il dominus” ma che lo ha fatto a vantaggio di “una donna che da quando era ragazzina ha masticato pane e politica”.
In un ultimo, un messaggio a Giorgia Meloni: “I diritti civili sono una materia importante e delicata. Lasci che sia il Parlamento ad occuparsene”. Con una postilla sulle mascherine anti-Covid: il presidente del Consiglio segua la scienza “e le lasci obbligatorie negli ospedali... Meloni, mi viene più spontaneo dire la presidente, è evidente che avendo FdI più voti che la Lega e Fi è in una posizione di centralità, questo non è un Governo di centrodestra ma di destra-centro – spiega – e questo mette in agitazione gli alleati. Meloni dovrà essere paziente e abile nel tentativo di tenere insieme… Non ho alcuna intenzione di tornare in politica, di chiedere tessere. Si può lavorare senza chiedere incarichi”.
E su Matteo Salvini asserisce: “È un uomo molto pragmatico, come si fa a non essere inquieto quando si perdono tanti voti? La Lega gli ha confermato la fiducia, Salvini avverte questa responsabilità. Il voto è stato uno choc e l’inquietudine lo porta ad alzare delle bandiere identitarie”.
Aggiornato il 31 ottobre 2022 alle ore 12:17