
Il nuovo Governo presieduto da Giorgia Meloni si è recato alla Camera per chiedere la fiducia. Nel corso del suo lungo intervento, la neo-premier ha esposto i punti programmatici dell’Esecutivo. Prima di entrare nel merito, ha ringraziato il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, il suo predecessore a Palazzo Chigi, Mario Draghi, le forze politiche, sia quelle che sostengono il Governo sia quelle d’opposizione, e tutte le donne italiane che, a vario titolo, hanno offerto il loro contributo all’emancipazione femminile, permettendo così a lei di essere la prima donna a presiedere il Governo in Italia.
Il discorso della Meloni si apre col passaggio sulla politica estera. L’Italia – dice Meloni – è e resterà membro a pieno titolo dell’Unione europea, della Nato e del G7. Si tratta della sua collocazione naturale. L’Europa è il luogo dove il nuovo Governo farà sentire la sua voce e dove offrirà il suo contributo per dare maggior incisività all’azione delle istituzioni comunitarie per rispondere ai problemi dei cittadini europei. L’Europa che abbiamo in mente noi – sottolinea la premier – non è una semplice Unione economico-finanziaria gestita da un Consiglio d’amministrazione, ma una casa comune di tutti i popoli europei capace di rispondere alle grandi sfide del nostro tempo, che i singoli Stati, da soli, non hanno la capacità di fronteggiare. L’intenzione del Governo non è quello di frenare o sabotare il percorso verso l’integrazione europea, ma di incoraggiarlo nella direzione più congeniale. Uniti nella diversità: questa la sintesi meloniana rispetto alla politica europea. È necessario il rispetto delle regole, ma questo non vuol dire che quelle regole che si sono rivelate disfunzionali non possano essere cambiate. L’Italia, insomma, continuerà a essere pienamente inserita nell’Unione europea, ma ne farà parte a testa alta e senza subalternità di nessun tipo.
Discorso simile anche sulla Nato, della quale l’Italia resterà alleato affidabile e leale, dice Meloni. Per questa ragione, tutti gli impegni presi verranno mantenuti, a cominciare dall’aumento della spesa per la difesa: perché – sottolinea la premier – la libertà ha un costo e la capacità di difendersi è un pre-requisito essenziale dalla libertà. Roma continuerà anche a sostenere attivamente il valoroso popolo ucraino nella lotta contro l’invasione russa, perché difendere l’interesse nazionale significa anche questo: solo attraverso la credibilità e l’affidabilità l’Italia può sperare di far valere i propri interessi in sede internazionale, per esempio su temi come la ripartizione dei costi del conflitto in corso. Lancia anche una stoccata ai pacifisti la neo-premier: chi crede sia possibile barattare la libertà dell’Ucraina in cambio della sicurezza energetica ha sbagliato completamente i suoi calcoli, perché cedere al ricatto russo non farebbe altro che esporci al rischio di ulteriori e sempre più inaccettabili rivendicazioni da parte di Mosca, che in questo modo finirebbe per assoggettarci e tenerci in scacco.
L’economia è la parte programmatica su cui si concentrano la maggior parte delle proposte. Sul piano energetico – sottolinea Meloni – le risoluzioni europee vanno nella giusta direzione, ma è necessario anche sostenere attivamente imprese e le famiglie, arginare il rincaro dei prezzi e diversificare le fonti energetiche. Questa crisi potrebbe – va avanti il presidente del Consiglio – essere un’occasione per l’Italia, che deve ricominciare a sfruttare i suoi giacimenti di gas e il patrimonio di energia verde del quale dispone, bloccato da burocrazia e veti incomprensibili. Quanto agli aumenti bisogna intervenire con delle misure volte a incrementare il potere d’acquisto, come il potenziamento del welfare aziendale e l’allargamento della platea delle agevolazioni fiscali. Le principali istituzioni finanziarie – dalla Banca centrale europea al Fondo monetario internazionale – hanno rivisto le stime di crescita al ribasso: guerra e crisi energetica hanno frenato le speranze di ripresa post-pandemica. Tale prospettiva negativa in Italia è acuita dall’elevatissimo debito pubblico. La risposta – rimarca Giorgia Meloni – non sono né l’austerità né l’avventurismo finanziario, ma la crescita economica. Crescita che si ottiene spalancando le porte agli investimenti dall’estero – senza logiche predatorie, nel rispetto del principio di beneficio reciproco – e liberando le potenzialità del ceto imprenditoriale italiano. Gli imprenditori vanno sostenuti e messi nelle condizioni di poter lavorare, perché sono loro che creano ricchezza, non lo Stato con i decreti. Non disturbare chi vuole fare, ammonisce Meloni, che dice che questo sarà il motto del nuovo Esecutivo. Questo si traduce, logicamente, nella semplificazione normativa e burocratica, che più di tutto il resto frenano lo sviluppo dell’Italia e forniscono l’alibi alla corruzione. Servono meno regole e più chiarezza. Le imprese chiedono anche un alleggerimento della pressione fiscale: a questa richiesta il Governo intende rispondere con un nuovo patto fiscale basato su tre pilastri. Primo, la detassazione su famiglie e imprese attraverso l’introduzione del quoziente familiare, la riduzione del cuneo fiscale del 5 per cento e l’estensione della tassa piatta alle partite Iva fino a centomila euro di fatturato. Secondo, la “tregua fiscale” per consentire agli insolventi di regolarizzare la loro posizione. Terzo, una lotta serrata all’evasione a partire dai grandi evasori.
Sul Pnrr, Meloni afferma che si tratta di una straordinaria opportunità per modernizzare l’Italia che deve essere sfruttata al meglio, senza ritardi e senza sprechi. Esso non è solo un grande piano di spesa pubblica, ma un’occasione per superare la logica dei bonus in favore di quella degli investimenti di lungo periodo. Tra questi, prioritari sono la messa a punto di nuove e più efficienti infrastrutture e il potenziamento di quelle già esistenti; la sovranità tecnologica e alimentare per non dipendere più da nazioni potenzialmente ostili su settori di vitale importanza; la scommessa sulle eccellenze italiane, anzitutto agro-alimentare, manifattura e beni culturali. In questo modo – va avanti Meloni – l’italianità può diventare una risorsa anche economica e strategica. La povertà – conclude – si combatte con il lavoro, non con l’assistenzialismo. Se è giusto aiutare chi non può lavorare, è anche giusto incentivare chi può a farlo: vivere di sussidio rappresenta una sconfitta e va a detrimento della dignità personale e dell'interesse nazionale.
Capitolo centrale nel discorso è quello dedicato ai giovani. Si tratta – continua Meloni – di una categoria che per troppo tempo, in questo Paese, è stata abbandonata a se stessa e i risultati si vedono: disoccupazione, rassegnazione, abbandono scolastico, devianza. A ciò si rimedia potenziando il sistema scolastico e universitario, migliorandone le prestazioni, stipendiando adeguatamente il personale, mettendo in comunicazione la scuola e l’università con il mondo del lavoro, puntare sulle competenze richieste dal mercato occupazionale e promuovendo l’attività sportiva, artistica e culturale. A questo proposito, Meloni evidenzia come uno dei temi che stanno maggiormente a cuore alle nuove generazioni sia quello della difesa dell’ambiente: l’ecologia è forse il simbolo più grande del legame tra le generazioni e giustamente il patrimonio naturale deve essere preservato per coloro che verranno dopo, pur senza scadere in quell’ecologismo di maniera e ideologico utile solo a bloccare lo sviluppo.
Altro punto centrale – uno dei più dolenti, forse, assieme all'Europa – è quello della famiglia e dei diritti. La famiglia, nucleo centrale della società, così la definisce Meloni nel suo discorso, deve essere sostenuta e tutelata, proprio come la natalità, e rimessa al centro della vita civile. Ciò può essere fatto aumentando gli importi dell’assegno unico universale, introducendo il quoziente familiare in ambito fiscale, aiutando le giovani coppie ad acquistare la prima casa, premiando le aziende che permettono alle donne di conciliare la vita lavorativa con quella familiare e i Comuni che tengono aperti gli asili nido anche nel pomeriggio. Questo non vuol dire inficiare i diritti e la libertà degli altri, che rimangono intangibili – specifica Meloni – e che non verranno mai limitati. Sulle intenzioni del Governo su temi come l’aborto o le unioni fra persone dello stesso sesso si è detto molto: vedremo – e qui il tono di Meloni si fa di sfida – chi ha mentito e chi ha detto la verità, assicurando che non ci saranno “passi indietro” su determinate tematiche. A tal proposito, il presidente del Consiglio sottolinea di aver provato sulla sua pelle la discriminazione e di aver sempre avuto nei suoi riguardi un sentimento di rigetto: per questo il nuovo Governo combatterà contro ogni forma di odio e pregiudizio. Né ci sarà spazio – nell’azione del nuovo Esecutivo – per chiunque non condivida i valori liberali, democratici e repubblicani sanciti dalla Costituzione e che sono il tratto distintivo della nostra civiltà.
Sulle riforme la posizione di Meloni e del Governo è chiara: la via da intraprendere è quella del presidenzialismo. Porte aperte al contributo dell’opposizione, ma non si desisterà rispetto all’obiettivo di dare all’Italia una forma di Stato più adeguata ai tempi, in cui chi vince le elezioni governa e decide. Al presidenzialismo andrà ad aggiungersi anche l’autonomia differenziata dei territori, che responsabilizzerà i governi locali e darà a essi quei poteri dei quali sono oggi sprovvisti per rispondere ai bisogni più diretti e concreti della popolazione.
Sulla situazione sanitaria, Meloni precisa che in futuro, laddove ce ne fosse la necessità, non ci saranno più misure restrittive rigide come quelle adottate in passato: l’informazione, la prevenzione e la responsabilizzazione dei singoli sono più efficaci della coercizione, in ogni contesto, e a tali principi il nuovo Governo ispirerà la sua azione in caso di nuove ondate di Covid o di nuove pandemie.
Ultimo capitolo è quello sulla legalità, la giustizia e la sicurezza. Il nuovo Governo Meloni intende affrontare la mafia a testa alta – sull’esempio dei tanti magistrati, poliziotti, sindacalisti, politici e sacerdoti che hanno sacrificato la loro vita per questa causa – e contro ogni forma di criminalità. L’Esecutivo presterà la massima attenzione alla sicurezza e alla vivibilità delle aree urbane. Una vera politica sulla legalità e sulla sicurezza non può prescindere da una seria politica sulla giustizia e sull’immigrazione, sintetizza Meloni. Sono necessari un nuovo piano carceri, certezza della pena, riforma dell’ordinamento giudiziario, limitazione della discrezionalità dei giudici e una politica sulla corretta gestione dei flussi migratori. Il modello cui ispirarsi – specifica Meloni – è quello della missione Sofia, che prevedeva il blocco delle partenze dalle coste africane: piano che l’Italia presenterà all’Europa e che contemplerà l’istituzione di centri appositi in loco, dove i migranti potranno essere identificati e, se aventi diritto, portati in Europa in sicurezza. Necessario sarà anche intervenire sulle cause che spingono tanti africani a lasciare la loro terra d’origine, potenziando la cooperazione internazionale.
L’intervento di Giorgia Meloni si chiude con una riflessione: le scelte cui sarà chiamato il Governo saranno gravose, a tratti impopolari, ma necessarie. Preferisco rischiare di non essere rieletta – ammette – nella consapevolezza di aver fatto tutto il possibile per ridare speranza all’Italia e per dare agli italiani un Paese migliore in cui vivere. A volte ci riusciremo, a volte falliremo: ma non indietreggeremo. Poi la promessa: ho stravolto i pronostici in quanto donna, di destra e che si è fatta da sola. Posso stravolgerli ancora e intendo farlo.
Un discorso significativo, non c’è dubbio. Vengono sciolti una volta per tutti – com’era giusto e doveroso che fosse – tutti i dubbi circa la collocazione internazionale dell’Italia, che rimane saldamente europea e atlantica. Bene anche il programma economico, basato sulla responsabilità finanziaria, sulla detassazione, sul superamento della logica assistenzialista, sulla maggior attenzione a quel mondo produttivo che crea lavoro e benessere e sulla semplificazione, vera chiave di volta per far ripartire lo sviluppo. Di buonsenso anche l’obiettivo della sovranità (che più verosimilmente diventerà “friend-shoring”) dal punto di vista energetico, alimentare e tecnologico e di una politica ambientale capace di conciliare ecologia e crescita economica: in linea anche coi piani di Bruxelles. Ambizioso il programma sui giovani: a tanti anni di lassismo, di irresponsabilità e di “tutto mi è dovuto” non si rimedia così facilmente. Sensato anche il capitolo sulla famiglia: sebbene la presenza di Eugenia Maria Roccella nel Governo non sia beneaugurante, bene ha fatto Meloni a sottolineare che il sostegno alla famiglia e alla natalità può benissimo coesistere coi diritti delle coppie gay o con la libertà riproduttiva delle donne e che nessuna forma di discriminazione o di “tentazione reazionaria” sarà tollerata. Se anche non si andrà avanti, perlomeno non si tornerà indietro sul piano normativo e socio-culturale: e questo è quello che conta. D’accordo anche sulla strategia per contrastare il crimine e l’immigrazione clandestina: quest’ultima sarà una sfida che a Bruxelles sarà ardua tanto quanto quella che si sta disputando ora sulla questione energetica. Starà all’Italia e agli altri Paese maggiormente esposti a questo fenomeno riuscire a strappare le condizioni migliori.
Nel complesso, dunque, il programma del Governo Meloni è basato sul buonsenso: lo si può condividere o meno, ma di certo non si può dire che si tratta di un programma estremista, radicale e pericoloso per le finanze pubbliche, piuttosto che per le libertà dei cittadini o delle minoranze. Di sicuro, questa Giorgia è di gran lunga migliore e più rassicurante di quella dei comizi in Spagna. Speriamo che sappia tenere questa linea. Lo auguriamo di cuore, in quanto il realismo e la prudenza sono ciò che distingue i buoni governanti dagli avventurieri della politica e dai demagoghi, che sono l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno.
Aggiornato il 26 ottobre 2022 alle ore 11:05