L’applauso dai banchi del centrodestra che accoglie l’ingresso in Aula, alla Camera, del presidente del consiglio, Giorgia Meloni. I deputati si sono alzati in piedi. Alle ore 12,30 si reca al Senato per la consegna del testo delle dichiarazioni. Al termine del dibattito generale, l’intervento di replica. Alle 20,36 ottiene la fiducia alla Camera: i sì sono 235, 154 i contrari.
Un giorno importante, per la leader di Fratelli d’Italia. Un giorno di grande responsabilità, per chi la fiducia deve concederla, negarla, meritarla. Meloni spiega che non saranno pochi i pesi che graveranno sulle sue spalle. Come quello di essere la prima donna, nella storia della nostra Repubblica, a essere capo di un Esecutivo. Da qui la responsabilità nei confronti “di tutte quelle donne che attraversano difficoltà per affermare il loro talento”. A seguire, i ringraziamenti a tutte quelle donne che “hanno osato”, per impeto, per ragione, per amore, “come Cristina, Rosalie dei Mille, come Alfonsina che pedalò contro il vento del pregiudizio. Come Grazia, Tina, Nilde, Oriana, Samantha, Chiara”. Donne che “hanno costruito quella scala che oggi permette a me di rompere il tetto di cristallo”.
Il presidente del Consiglio prosegue, ricordando che siamo davanti a uno dei momenti fondamentali della nostra democrazia “a cui non dobbiamo assuefarci. Grazie a chi vorrà esprimersi, qualunque sia la scelta che farà”. Meloni, emozionata per la solennità del momento, non manca di menzionare “i partiti della coalizione di governo, ai miei Fratelli d’Italia, alla Lega a Forza Italia, a Noi moderati, ai loro leader”, Insomma, quel centrodestra che – dopo il successo elettorale – “ha dato vita a Governo in uno dei lassi di tempo più brevi della storia”. Un grazie, poi, viene rivolto al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, al premier uscente, Mario Draghi e al popolo italiano, “a chi ha deciso di non mancare l’appuntamento elettorale e ha espresso il proprio voto” nel “processo democratico che vuole nel popolo e solo nel popolo la sovranità”.
Giorgia Meloni sa che ci troviamo nel mezzo di una tempesta, ma allo stesso tempo è consapevole che l’imbarcazione, l’Italia, pur avendo subito dei danni, resta la più bella del mondo. Ma c’è una promessa, quella di mantenere gli impegni elencati in campagna elettorale e di condurre, così, la nave in porto. Certo, è consapevole che ad alcuni osservatori e all’opposizione non piaceranno molte proposte, “ma non assecondo quella deriva” per cui la democrazia è più per qualcuno e meno per qualcun altro. L’obiettivo del Governo, perciò, è “non è frenare o sabotare l’integrazione europea ma contribuire a indirizzarla verso una maggiore efficacia in risposta alle crisi”. Con una certezza: il nostro Paese, negli anni, dimostra “affidabilità”. A cominciare dalle tante missioni internazionali “delle quali siamo stati protagonisti. E voglio per questo ringraziare le donne e gli uomini delle nostre Forze Armate per aver tenuto alto il prestigio dell'Italia nei contesti più difficili, anche a costo della propria vita: la Patria vi sarà sempre riconoscente”.
Ovviamente, la sfida è complessa. Negli ultimi dieci anni “l’Italia si è collocata negli ultimi posti in Europa per crescita economica e occupazionale, con la sola eccezione del rimbalzo registrato dopo il crollo del Pil nel 2020. Non a caso dieci anni durante i quali si sono succeduti governi deboli, eterogenei, senza un chiaro mandato popolare, incapaci di risolvere le carenze strutturali di cui soffrono l’Italia e la sua economia e di porre le basi per una crescita sostenuta e duratura”.
“Il rispetto delle scadenze future richiederà ancora più attenzione considerato che finora si sono per lo più rendicontate opere già avviate in passato, cosa che non si potrà continuare a fare nei prossimi anni – sottolinea il presidente del Consiglio – spenderemo al meglio i 68,9 miliardi a fondo perduto e i 122,6 miliardi concessi a prestito all’Italia dal Next generation Eu. Senza ritardi e senza sprechi, e concordando con la Commissione europea gli aggiustamenti necessari per ottimizzare la spesa, alla luce soprattutto del rincaro dei prezzi delle materie prime e della crisi energetica. Perché queste materie si affrontano con un approccio pragmatico, non ideologico”. Giorgia Meloni, lo giura, è pronta a fare “quello che va fatto, a costo di non essere compresa, perfino non essere rieletta, per rendere il destino di questa nazione più agevole”.
Giorgia Meloni scommette sull’Italia. E questo potrebbe essere non solo un investimento sicuro, ma “forse perfino un affare”. L’orizzonte a cui guardare, infatti, è come sarà l’Italia “tra dieci anni”. Pertanto, il rispetto delle scadenze future “richiederà ancora più attenzione, considerato che finora si sono per lo più rendicontate opere già avviate in passato, cosa che non si potrà continuare a fare nei prossimi anni”. In più un chiarimento, che non ammette interpretazioni: “Sbaglia chi crede che sia possibile barattare la libertà dell’Ucraina con la nostra libertà. Cedere al ricatto di Putin non risolverebbe il problema”.
Il presidente del Consiglio continua. E apre una riflessione sull’Italia, con un Paese che non è per giovani. E con una società che si è sempre più disinteressata “del loro futuro, persino del diffuso fenomeno di quei giovani che si auto-escludono dal circuito formativo e lavorativo, così come della crescente emergenza delle devianze, fatte di droga, alcolismo, criminalità”. Con una pandemia che “ha decisamente peggiorato questa condizione, ma la risposta di una certa politica è stata promettere a tutti la cannabis libera. Perché era la risposta più facile. Ma noi non siamo qui per fare le cose facili. Noi intendiamo lavorare sulla crescita dei giovani a 360 gradi”. La ricetta? “Promuovere le attività artistiche e culturali, e accanto a queste lo sport, straordinario strumento di socialità, di formazione umana e benessere. Lavorare sulla formazione scolastica, per lo più affidata all’abnegazione e al talento dei nostri insegnanti, spesso lasciati soli a nuotare in un mare di carenze strutturali, tecnologiche, motivazionali. Garantire salari e tutele decenti, borse di studio per i meritevoli, favorire la cultura di impresa e il prestito d’onore”. Lo sguardo è anche rivolto alle imprese e ai cittadini, che devono essere accompagnato “verso la transizione verde senza consegnarci a nuove dipendenze strategiche e rispettando il principio di neutralità tecnologica. Sarà questo il nostro approccio”.
E sulla riforma del presidenzialismo “vogliamo confrontarci su questo con tutte le forze politiche presenti in Parlamento, per giungere alla riforma migliore e più condivisa possibile. Ma sia chiaro – precisa – che non rinunceremo a riformare l’Italia di fronte a opposizioni pregiudiziali. In quel caso, ci muoveremo secondo il mandato che ci è stato conferito su questo tema dagli italiani: dare all’Italia un sistema istituzionale nel quale chi vince governa per cinque anni e alla fine viene giudicato dagli elettori per quello che è riuscito a fare”.
Nel suo discorso, Meloni parla pure di libertà e democrazia, “elementi distintivi della civiltà europea contemporanea nei quali da sempre mi riconosco. E dunque, a dispetto di quello che strumentalmente si è sostenuto, non ho mai provato simpatia o vicinanza nei confronti dei regimi antidemocratici. Per nessun regime, fascismo compreso”. Meloni, inoltre, specifica di aver sempre reputato le leggi razziali del 1938 “il punto più basso della storia italiana, una vergogna che segnerà il nostro popolo per sempre. I totalitarismi del Novecento hanno dilaniato l’intera Europa, non solo l’Italia, per più di mezzo secolo, in una successione di orrori che ha investito gran parte degli Stati europei. L’orrore e i crimini, da chiunque vengano compiuti, non meritano giustificazioni di sorta, e non si compensano con altri orrori e altri crimini. Nell’abisso non si pareggiano mai i conti, si precipita e basta”.
Una Meloni che ribadisce di aver conosciuto giovanissima “il profumo della libertà, l’ansia per la verità storica e il rigetto per qualsiasi forma di sopruso o discriminazione proprio militando nella destra democratica italiana. Una comunità di uomini e donne che ha sempre agito alla luce del sole e a pieno titolo nelle nostre istituzioni repubblicane, anche negli anni più bui della criminalizzazione e della violenza politica, quando nel nome dell’antifascismo militante ragazzi innocenti venivano uccisi a colpi di chiave inglese. Quella lunga stagione di lutti ha perpetuato l’odio della guerra civile e allontanato una pacificazione nazionale che proprio la destra democratica italiana, più di ogni altro, da sempre auspica”. Non solo: “La comunità politica da cui provengo ha compiuto sempre passi in avanti verso una piena e consapevole storicizzazione del Novecento, ha assunto importanti responsabilità di Governo giurando sulla Costituzione repubblicana, come abbiamo avuto l’onore di fare ancora poche ore fa. Ha affermato e incarnato senza alcuna ambiguità i valori della democrazia liberale, che sono alla base dell’identità comune del centrodestra italiano. E da cui non defletteremo di un solo centimetro: combatteremo qualsiasi forma di razzismo, antisemitismo, violenza politica, discriminazione”.
Non sono mancati i progetti per la famiglia, che vanno di pari passo con il lavoro: “Vogliamo incentivare in ogni modo l’occupazione femminile, premiando quelle aziende che adottano politiche che offrono soluzioni efficaci per conciliare i tempi casa-lavoro e sostenendo i Comuni per garantire asili nido gratuiti e aperti fino all'orario di chiusura di negozi e uffici. L’Italia ha bisogno di una nuova alleanza intergenerazionale”. “C’è un’altra istituzione formativa importante, forse la più importante. Ed è la famiglia. Intendiamo sostenerla e tutelarla; e con questa sostenere la natalità… serve un piano imponente, economico ma anche culturale, per riscoprire la bellezza della genitorialità e rimettere la famiglia al centro della società”. Un impegno è aumentare gli importi dell’assegno unico e universale e di aiutare le giovani coppie a ottenere un mutuo per la prima casa, lavorando progressivamente per l'introduzione del quoziente famigliare”.
“Purtroppo, non possiamo escludere una nuova ondata di Covid o l’insorgere in futuro di una nuova pandemia – va avanti – possiamo imparare dal passato per farci trovare pronti. Di libertà molto si è discusso in epoca di pandemia. Il Covid è entrato nelle nostre vite quasi tre anni fa, e ha portato alla morte di oltre 177mila persone in Italia. Se siamo usciti al momento dall’emergenza, è soprattutto merito del personale sanitario, della professionalità e dell’abnegazione con le quali ha salvato migliaia di vite umane. A loro, ancora una volta, va la nostra gratitudine. E con loro il mio ringraziamento va ai lavoratori dei servizi essenziali, che non si sono mai fermati, e alla straordinaria realtà del nostro Terzo settore, rappresentante virtuoso di quei corpi intermedi che consideriamo vitali per la nostra società”.
C’è poi il tema della sicurezza, ritenuto un tratto distintivo del Governo. Meloni specifica che i cittadini “avvertono il peso insopportabile di città insicure, in cui non c’è tutela immediata, in cui si percepisce l’assenza dello Stato”. Per questo, non mancherà l’impegno di riavvicinare i cittadini alle istituzioni e di riportare in ogni città “la presenza fisica dello Stato. Vogliamo fare della sicurezza un dato distintivo di questo Esecutivo, al fianco delle nostre forze dell’ordine, che voglio ringraziare qui oggi per l'abnegazione con la quale svolgono il proprio lavoro in condizioni spesso impossibili, e con uno Stato che a volte ha dato l’impressione di essere più solidale con chi minava la nostra sicurezza di quanto lo fosse con chi, invece, quella sicurezza rischiava la vita per garantirla”. Sicurezza e legalità che, allo stesso tempo, riguardano pure “una corretta gestione dei flussi migratori – spiega Giorgia Meloni – secondo un principio semplice: in Italia, come in qualsiasi altro Stato serio, non si entra illegalmente, si entra legalmente attraverso i decreti-flussi”. Con una cosa importante, forse, la più importante da fare: “Rimuovere le cause che portano i migranti, soprattutto i più giovani, ad abbandonare la propria terra, le proprie radici culturali, la propria famiglia per cercare una vita migliore in Europa”. Successivamente, un appunto: “Il prossimo 27 ottobre ricorrerà il sessantesimo anniversario della morte di Enrico Mattei, un grande italiano. Ecco, credo che l’Italia debba farsi promotrice di un “piano Mattei” per l’Africa, un modello virtuoso di collaborazione e di crescita tra Unione europea e nazioni africane”.
Un passaggio chiave è anche quello sulla giustizia. Una giustizia che funzioni, con una effettiva parità tra accusa e difesa, con una durata ragionevole dei processi, “che non è solo una questione di civiltà giuridica e di rispetto dei diritti fondamentali dei cittadini – nota Meloni – ma anche di crescita economica: la lentezza della giustizia ci costa almeno un punto di Pil l’anno secondo le stime di Bankitalia. Lavoreremo per restituire ai cittadini la garanzia di vivere in una Nazione sicura, rimettendo al centro il principio fondamentale della certezza della pena, grazie anche a un nuovo piano carceri”. Anche perché i dati non sono lusinghieri: dall’inizio di quest’anno sono stati 71 i suicidi in carcere. Tutto ciò, per il presidente del Consiglio, “è indegno di una nazione civile, come indegne sono spesso le condizioni di lavoro degli agenti di polizia penitenziaria”. A corredo, con la stessa determinazione Giorgia Meloni annuncia che sarà rivista anche la riforma dell’ordinamento giudiziario, “per mettere fine alle logiche correntizie che minano la credibilità della magistratura italiana. E permettetemi una chiosa finale: abbiamo assunto l’impegno di limitare l’eccesso di discrezionalità nella giustizia minorile, con procedure di affidamento e di adozione garantite e oggettive, perché non ci siano mai più casi Bibbiano. E intendiamo portarlo a termine”.
“La legalità sarà la stella polare dell’azione di Governo – dichiara Meloni – ho iniziato a fare politica a 15 anni, il giorno dopo la strage di via D’Amelio, nella quale la mafia uccise Paolo Borsellino, spinta dall’idea che non si potesse rimanere a guardare, che la rabbia e l’indignazione andassero tradotte in impegno civico. Il percorso che mi ha portato oggi a essere presidente del Consiglio nasce dall’esempio di quell’eroe. Affronteremo il cancro mafioso a testa alta, come ci hanno insegnato i tanti eroi che con il loro coraggio hanno dato l’esempio a tutti gli italiani, rifiutandosi di girare lo sguardo o di scappare, anche quando sapevano che quella tenacia li avrebbe probabilmente condotti alla morte”.
È tempo, quindi, delle conclusioni. Giorgia Meloni, a questo punto, insiste nel non dimenticare una cosa: “Sono la prima donna incaricata come premier, provengo da un’area culturale che è stata spesso confinata ai margini della Repubblica, e non sono certo arrivata fin qui fra le braccia di un contesto familiare e di amicizie influenti”. Rappresenta, confessa, ciò che gli inglesi chiamerebbero l’underdog, “lo sfavorito, che per affermarsi deve stravolgere tutti i pronostici. Intendo farlo ancora, stravolgere i pronostici, con l’aiuto di una valida squadra di ministri, con la fiducia e il lavoro di chi voterà favorevolmente, e con gli spunti che arriveranno dalle critiche di coloro che voteranno contro”.
Con la chiosa: “Nel giorno in cui il nostro Governo ha giurato nelle mani del Capo dello Stato, ricorreva la memoria liturgica di Giovanni Paolo II. Un Pontefice, uno statista, un santo, che ho avuto l’onore di conoscere personalmente. Mi ha insegnato una cosa fondamentale, della quale ho sempre fatto tesoro. La libertà, diceva, non consiste nel fare ciò che ci piace, ma nell'avere il diritto di fare ciò che si deve. Io sono sempre stata una persona libera – termina – lo sarò sempre e per questo intendo fare ciò che devo. Grazie”.
Aggiornato il 26 ottobre 2022 alle ore 09:43